Pace e guerra, relazioni tra generi, omosessualità e omofobia, migrazioni e migranti: cosa ne pensano i nostri ragazzi? Per cercare di rispondere a questa domanda il Forum trentino per la pace e i diritti umani ha realizzato con il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento una ricerca che ha esplorato opinioni, percezioni e atteggiamenti di un campione di 1.026 studenti trentini del quarto anno di scuola secondaria di secondo grado e formazione professionale.
L’indagine – coordinata dalla D.ssa Francesca Sartori – ha previsto un modulo quantitativo con la somministrazione a scuola di questionari strutturati e un approfondimento qualitativo attraverso alcuni focus group.
Premio uomo/donna di pace – Innanzitutto: a chi assegnerebbero il Premio uomo/donna di pace? Chiamati a indicare il nome di un personaggio noto, molti intervistati si smarriscono, non sanno dare una risposta o indicano persone ordinarie che ‘fanno del bene quotidiano’: medici, missionari, associazioni. Meno di sette studenti su dieci si sono sbilanciati a indicare un nome preciso: tra coloro che indicano la preferenza, però, è Papa Francesco a conquistare il podio, con quasi un quarto delle indicazioni (24,4%). Altri due nomi lo seguono, riscuotendo un discreto successo: si tratta di Gandhi (12%) e Mandela (10%) entrambi, però, non più viventi. Coerentemente, invitati a dare un voto da 1 a 10 all’impegno per la pace di alcune organizzazioni e istituzioni, gli intervistati premiano le associazioni umanitarie: Medici senza frontiere ed Emergency, infatti, sono i vincitori di questa classifica virtuale (prendendo un voto pari o superiore a 8 rispettivamente nel 68% e 66% dei casi), seguiti da UNICEF e Amnesty International (54%), ONU (50%), Organizzazioni per i diritti delle donne (40%), WWF (38%), Caritas (36%), Unione Europea (34%), Chiesa (33%), NATO e Greenpeace (30%), UNHCR (27%).
Gli Stati non fanno gran che, sembrano dirci i ragazzi: sono quote residuali di intervistati che attribuiscono un voto alto a Israele (1%), Cina (2%), Russia (2%), Palestina (2%); la stessa Italia arriva al 14% e gli USA al 23%. Se si tratta di costruire pace, i Governi sono il fanalino di coda. La pace – sembrano suggerire gli studenti – si costruisce giorno per giorno, grazie a uomini e donne di buona volontà che mettono la loro vita e la loro conoscenza al servizio di chi è in sofferenza. E il diritto alla salute sembra essere un elemento particolarmente rilevante per la tutela della pace nel mondo.
No alla guerra (ma a volte forse serve) – No war affermano in generale gli intervistati, ma i pacifisti, cioè coloro che considerano la guerra sempre sbagliata, sono appena il 6% del campione: il 3% dei maschi e il 9% delle femmine. In generale, sono delle minoranze ad affermare che la guerra è giustificata come risposta in caso si sospetti la produzione di armi atomiche o chimiche (32%), se si teme la minaccia ai valori e agli interessi nazionali (24%) o se si vuole aiutare uno Stato amico contro un suo nemico (16%). E non basta che siano tutelati i civili per appoggiare il conflitto armato (27%). D’altra parte, la guerra è al contempo ammissibile per gran parte dei ragazzi se serve per rispondere agli stermini di una dittatura (84%) o quando si sostiene un Paese aggredito da uno più potente da cui deve difendersi (71%) o se si difende da sé (63%) o se subisce attentati (60%): la guerra, insomma, come soluzione estrema a problemi estremi.
Ma perché la guerra? – Ai ragazzi è stato proposto un elenco di sette possibili minacce alla pace internazionale ed è stato chiesto loro di indicare le tre ritenute più pericolose: tre intervistati su quattro condividono che la presenza di gruppi politici o religiosi estremisti che usano metodi di lotta violenta sia una delle minacce peggiori (il 75% dei giovani la indica come una delle tre più pericolose). Interessante, però, che il 56% indichi gli interessi economici relativi alle materie prime e all’energia e il 32% le forti disuguaglianze economiche tra nazioni sviluppate e terzo mondo. La convivenza tra popoli con culture differenti, invece, è percepita come minacciosa da un’esigua quota di intervistati (18%) a meno che non ci siano nazioni che vogliono imporre i propri interessi a scapito degli altri (49%): la guerra, quindi, non tanto come scontro di civiltà ma come esito della disuguaglianza globale.
E l’Italia? In pace (ma non troppo) – La maggioranza degli studenti intervistati (56%) ci ritiene prevalentemente in pace, ma è appena il 2% a ritenerci sicuramente tali. E come mai? Non sono i migranti o i partiti politici sfiduciati a minare la nostra tranquillità, quanto piuttosto corruzione e illegalità, l’incapacità di rispettare e far rispettare le leggi. Inoltre, i nostri ragazzi ritengono diffusi (molto o abbastanza) il razzismo verso gli immigrati (94%), la violenza contro le donne (91%), l’omofobia (83%) e – anche se in misura più contenuta – l’intolleranza verso altre religioni (59%). Un Paese in cui la cultura dell’accoglienza sembra così poco diffusa, non può certo dirsi “in pace”.
Omofobia: esiste? – Per l’85% degli studenti intervistati gli omosessuali nella nostra società sono discriminati; l’avversione verso le persone omosessuali è ritenuta abbastanza o molto diffusa da oltre quattro intervistati su cinque (l’84%). Quindi: la discriminazione è un fatto percepito come reale e di ampia portata. E anche se la vita affettiva delle coppie omosessuali rimane un fatto che riguarda la vita privata (per l’84%), la politica non può ignorare i diritti negati: ampie maggioranze di intervistati ritengono giusto fare una legge che tuteli gli omosessuali da violenze verbali e fisiche (80%) e riconoscerne il matrimonio civile (68%), anche se questo non deve tradursi automaticamente nella possibilità di adottare figli. Su questo tema il campione si spacca: è il 42% dei ragazzi, infatti, a condividere che “È giusto riconoscere l’adozione di bambini per le coppie omosessuali”.
Uomini e donne: relazioni a cambiamento lento – Nonostante la presenza di disparità di genere evidenti in molti contesti sociali, la condizione delle donne è certamente cambiata. Tuttavia anche i dati di questa ricerca mostrano che sono ancora presenti stereotipi e rigidità che riproducono il ruolo cristallizzato di donna angelo del focolare, madre e moglie, subordinata alla volontà del pater familias: le ragazze manifestano la volontà di affermarsi come professioniste e i coetanei ritengono accettabile che queste si realizzino al di fuori della casa; allo stesso modo, è condivisa la legittimità di suddividere le incombenze di casa: il 95% dei maschi e il 99% delle ragazze ritengono che la carriera sia adatta anche alle donne e l’85% dei maschi e il 98% delle femmine concordano attorno all’idea che le faccende domestiche siano suddivise tra i partner. Queste dichiarazioni generali, però, si affiancano a idee legate alla quotidianità meno paritarie: il 25% dei maschi e il 4% delle femmine ritengono giusto che in casa sia l’uomo a comandare; il 67% dei maschi e quasi la metà delle femmine (49%) ritiene che in presenza di figli piccoli è sempre meglio che il marito lavori e la donna resti a casa; o, ancora, il 38% dei ragazzi e il 22% delle coetanee ritiene che avere successo nel lavoro sia più importante per l’uomo che per la donna. Insomma: libere/i sì, ma dentro dei vincoli non ancora del tutto scardinati. “La ricerca ha coinvolto un campione molto specifico (studenti del quarto anno di scuola secondaria di secondo grado e formazione professionale, ndr), ciò nonostante – afferma il Prof. Carlo Buzzi, consulente scientifico all’indagine – offre dei risultati interessanti e, per certi aspetti, inediti. Gli intervistati mostrano di appartenere a un contesto che si colloca a metà strada tra tradizioni e innovazione sociale; tra stereotipi allarmistici e prese di coscienza responsabili e mature; tra desideri di cambiamento e conservazione di visioni rassicuranti. Tutto ciò impone alla comunità adulta la necessità di fermarsi ad ascoltare e capire ulteriormente i ragazzi per meglio intendere dove e come dirigersi per educarli a una cittadinanza più attiva e inclusiva”. “Crediamo che questo lavoro sia un punto di partenza importante per il Forum e offra alla comunità del materiale di riflessione prezioso – sostiene il Presidente del Forum, Massimiliano Pilati – perché ci suggerisce molte piste di lavoro verso le quali volgere: non mancano le criticità (come sul tema dell’accoglienza dei migranti), ma si intravedono grandi risorse che possiamo e dobbiamo far fruttare in modo che i diritti di tutti siano sempre più diffusi e meno negati.”
Il rapporto di ricerca verrà presentato e diffuso Giovedì 4 giugno a ore 17.00 Sala dell’Aurora di Palazzo Trentini (Trento). Interventi previsti: Saluti istituzionali Bruno Dorigatti, Presidente del Consiglio della Provincia di Trento Sara Ferrari, Assessora all’università e ricerca, politiche giovanili, pari opportunità, cooperazione allo sviluppo Violetta Plotegher, Vicepresidente del Forum trentino per la pace e i diritti umani La ricerca: i risultati Carlo Buzzi, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale Francesca Sartori, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale Riflessioni conclusive Massimiliano Pilati, Presidente del Forum trentino per la pace e i diritti umani Introduce e modera: Arianna Bazzanella, Forum trentino per la pace e i diritti umani
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