Molti avranno visto Don’t look up il bel film di Adam McKay, con Leonardo di Caprio e Jennifer Lawrence nel ruolo di due scienziati statunitensi che scoprono l’imminente impatto di una cometa con la Terra, le cui dimensioni sono tali da comportare la distruzione di qualsiasi forma di vita sul pianeta, ma vengono ignorati e costretti al silenzio dalla presidente degli Stati Uniti, messi alla berlina dal circo mediatico al quale si rivolgono per allertare i popoli e, mentre le cometa si avvicina pericolosamente, la campagna negazionista guidata dalla stessa Presidente conia lo slogan don’t look up, non guardate in alto. Appunto. Si tratta di un film del 2021, straordinaria anticipazione artistica del momento che stiamo attraversando, come si è visto tragicamente e plasticamente a cavallo tra il 24 e il 25 gennaio scorsi, a quasi un anno dall’invasione russa dell’Ucraina.
Il 24 gennaio il Bollettino degli scienziati atomici– rivista scientifica fondata presso l’Università di Chicago nel 1945, dal biofisico Eugene Rabinowich e dal fisico Hyman Goldsmith dopo l’immane tragedia delle bombe statunitensi sganciate su Hiroshima e Nagasaki – ha avvicinato a novanta secondi dalla mezzanotte nucleare le lancette del Doomsday Clock, l’Orologio dell’Apocalisse, che dal 1947 mette in guardia l’umanità sui pericoli della corsa alle armi nucleari.
Il punto più distante – e dunque di maggiore sicurezza – è stato registrato con i diciassette minuti del gennaio 1991, grazie alla sottoscrizione del Trattato di riduzione delle testate nucleari strategiche (START 1), lo scioglimento del Patto di Varsavia, grazie al presidente Gorbaciov, e la fine della “guerra fredda”: momento in cui sembrava aprirsi una nuova era di pace e sicurezza per l’umanità. Ma questa aspettativa venne presto tradita, si aprì una nuova stagione di guerre e di corsa agli armamenti, trainata dagli USA unica superpotenza globale sopravvissuta, e le lancette ricominciarono ad avvicinarsi alla catastrofe, anno dopo anno, minuto dopo minuto, fino ad arrivare al minuto e mezzo di quest’anno. Mai così vicine all’apocalisse.
In occasione della presentazione di questo drammatico avvicinamento alla mezzanotte nucleare, causato principalmente dalla guerra in Ucraina, Rachel Bronson, presidente del Bollettino degli scienziati atomici, ha dichiarato: “Stiamo vivendo in un momento di pericolo senza precedenti e il tempo indicato dall’orologio dell’apocalisse riflette questa realtà. 90 secondi alla mezzanotte è il valore più vicino nel quale l’orologio sia mai stato impostato, ed è una decisione che i nostri esperti non prendono alla leggera. Il governo degli Stati Uniti, i suoi alleati della NATO e l’Ucraina hanno una moltitudine di canali di dialogo; esortiamo i leader a esplorarli tutti al massimo delle loro capacità per riportare indietro le lancette dell’orologio”. Ebbene, il giorno successivo, il 25 gennaio, il governi USA e quello tedesco – ignorando l’appello degli scienziati atomici – hanno deciso di innalzare ancora l’asticella del conflitto armato, anziché esplorare al massimo i canali del dialogo e della mediazione (ormai usciti completamente di scena), decidendo l’invio – rispettivamente – dei carri armati abrams e leopard 2, i più potenti mezzi corazzati al mondo, al governo ucraino. Seguiti a ruota da tutti i governi occidentali nell’invio di ulteriori armamenti finalizzati ad alimentare la guerra, anziché avviare inesistenti sforzi di pace. Italia compresa, naturalmente, il cui ministro della “difesa” Guido Crosetto il 27 gennaio (Giornata della Memoria, ndr) ha evocato – direttamente e incredibilmente – la possibilità della “terza guerra mondiale” tra le opzioni possibili in campo, esattamente come fanno i capi del Cremlino.
Alla voce escalation l’Enciclopedia Treccani fornisce la seguente definizione: “condotta delle operazioni belliche caratterizzata da un aumento progressivo e graduale nell’impiego delle armi e nell’estensione delle misure militari, sotto il controllo dell’autorità politica”. Ma c’è un punto di non ritorno oltre il quale sono le armi a controllare ed anzi dettare l’agenda alla politica, che rinuncia al suo ruolo per lasciare il campo unicamente alla guerra, che chiama altra guerra. Esattamente come sta accadendo dopo un anno di guerra in Ucraina ed a novanta secondi dall’apocalisse nucleare. Nonostante i cittadini italiani – che sono più lungimiranti della maggior parte dei loro rappresentanti al Parlamento i quali hanno votato, a larga maggioranza, l’invio di armi in Ucraina per tutto il 2023 – siano in maggioranza sia per la riduzione delle spese militari, anziché per la loro crescita, che contro l’invio di ulteriori armi in guerra e l’intervento della Nato, come hanno rilevato ancora una volta i recenti sondaggio SWG ed Euromedia Research.
Il film Don’t look up non è a lieto fine e (senza fare spoiler) ricorda per certi versi la profezia di Albert Einstein: “non so con quali armi sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma so come sarà combattuta la quarta: con le pietre e con i bastoni. In ogni caso, se lo avessi saputo, avrei fatto l’orologiaio”. Non a caso Einstein, i cui studi furono utilizzati nella realizzazione della prima bomba atomica statunitense, fu negli anni un attivo collaboratore del Bollettino degli scienziati atomici e tra i promotori dell’Orologio dell’Apocalisse, nonché co-firmatario con Bertand Russell e molti altri scienziati del Manifesto contro il riarmo atomico del 1955, che prende il loro nome: “Questo dunque è il problema che vi poniamo, un problema grave, terrificante, da cui non si può sfuggire: metteremo fine al genere umano, o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?”. Siamo ancora a questo tragica scelta, oggi più stringente di allora, ma i governi e gran parte dell’informazione continuano a chiederci di non guardare in alto. Don’t look up, ma stavolta non è un film.