Non si trova da mangiare e acqua pulita da bere. Lo sa l’avvoltoio Nelson, per nulla schifiltoso, che non ha trovato niente attaccato alle ossa, accuratamente spolpate, di animali morti. Ha fatto tappa a Taiz nel suo lungo viaggio, cominciato nel settembre scorso. Pessima scelta.
Partito dalla Bulgaria è passato per la Turchia, la Giordania, l’Arabia saudita e infine atterrato nella terza città dello Yemen, disputata tra “lealisti” e “ribelli”. Sappiamo del suo viaggio perché ha applicato un localizzatore GPS del Fondo per la Fauna selvatica e Flora (FWFF). Il dispositivo ha insospettito le forze governative che lo hanno arrestato: sospetto di spionaggio a favore degli astuti Houthi, musulmani anche loro, ma sciti e non sunniti. La sua posizione è stata chiarita. Ora è in cura. È sottopeso e ha un’ala ferita. Curato e ben alimentato si sta riprendendo. Tra qualche mese potrà riprendere il suo volo. Sta meglio – e ha prospettive migliori – dei molti bimbi che lo guardano curiosi.
Già in Yemen è un problema nascere. Lo dice un rapporto di Medici senza frontiere che attesta più di mille neonati morti, fra 2016 e 2018, in soli due ospedali dello Yemen. Uno è quello di Taiz, nel quale un terzo dei piccoli arriva già deceduto. Prima della guerra ci volevano dieci minuti per accedere dalla periferia all’ospedale, oggi il viaggio si conta in ore: fino a sei. “Parti complicati, madri e bambini yemeniti muoiono senza cure” è scritto nel rapporto. Quelli che nascono non hanno vita facile. Uno su due soffre di malnutrizione cronica. Se è abbastanza in forze potrebbe essere arruolato come bambino soldato. Sono migliaia secondo Save the children. A milioni non vanno più a scuola. Come il sistema sanitario anche quello scolastico è collassato. Né chi fugge dallo Yemen trova facile accoglienza.
Secondo le Nazioni Unite in Yemen è in corso la peggior crisi umanitaria del mondo, che nel complesso non appare affatto interessato a risolverla. Piuttosto ad aggravarla con l’intervento delle potenze locali e dei loro alleati internazionali. È più facile che un contributo lo dia l’avvoltoio Nelson, completamente ristabilito e consapevole del disastro che è la guerra. Potrebbe ritrovare i suoi compagni (nome scientifico Gyps fulvus, non so come ciascuno di loro sia stato denominato dagli operatori del FWFF) con lui inanellati e dotati di GPS alla partenza dalla Bulgaria. Sarebbero un bello stormo, 14 in tutto, in missione di pace.
Sorvolerebbero i paesi in conflitto a partire dallo Yemen. Se la vista ammonitrice non bastasse a convertire chi le guerre le prepara e attua potrebbe esserci un intervento più diretto. Lo so, così siamo fuori dal campo della nonviolenza, ma il canto di Dove vola l’avvoltoio? (parole di Italo Calvino, musica di Sergio Liberovici) ha pure accompagnato la prima Perugia Assisi del 1961, con la chitarra e la voce di Fausto Amodei a dirigere il coro dei marciatori. E dunque…
.