• 18 Dicembre 2024 16:16

E se poi i bambini parlano?

DiElena Buccoliero

Gen 30, 2020

Era questo il mio intento quando ho scritto “Papà di sole e papà di tempesta”, in una domenica pomeriggio di svariati anni fa, pensando a un ragazzino che pochi giorni prima in udienza mi aveva trasmesso tutto il suo disagio, la sua solitudine.

La favola è nata un po’ per caso. Non pensavo mi avrebbe accompagnata per un buon pezzo di strada negli incontri con i bambini, né avrei mai immaginato i blocchi, le resistenze, le paure che riesce a suscitare… tra gli adulti.

Racconta di un ragazzino, Nico, che ha maturato la convinzione di avere due papà, per l’appunto uno di sole e l’altro di tempesta. Due papà gemelli che si danno il cambio nei momenti più impensati e trasformano una quotidianità serena e giocosa, pur con gli impegni e le sgridate di qualsiasi famiglia, in un’atmosfera di terrore.

Per Nico il papà di tempesta è una malasorte, vorrebbe mandarlo via. Invece può solo stare a guardare. Nota i lividi sulla faccia della mamma nell’impotenza che tocca ai bambini e si sfoga sui compagni di scuola tra cazzotti, rispostacce e momenti di solitudine.

L’intervento della maestra, che intuisce esserci qualcosa di storto e prova a parlargli, è provvidenziale. Finalmente Nico si sente ascoltato e può permettersi di confidare quello che prova. Riceve in cambio uno specchio magico nel quale è bene che il papà si guardi, la prossima volta che diventerà di tempesta. Sarà questo il punto di svolta: il babbo finalmente prende contatto con la propria tormenta interiore e trova la spinta per affrontarla.

Fin qui, in breve, la trama. Poi l’idea bizzarra di inviarla a un’amica illustratrice, Giulia Boari, che mi ha sorpresa mettendosi all’opera e preparando disegni splendidi. Dopo la primissima stesura l’ho raccontata in alcune classi elementari, dalla prima alla quinta. Ho avuto conferma della trama, comprensibile anche per i piccolini, e ho capito quali passaggi era meglio ampliare o chiarire. Quindi l’esperimento un po’ balzano di far conoscere la storia a Elvira Zaccagnino della casa editrice la meridiana, che ha scelto di pubblicarla sebbene per il momento soltanto come libro elettronico. Successivamente lo sguardo attento di operatori sociali che mi hanno stimolata a farne un laboratorio anche per gli adulti, soprattutto insegnanti, che partecipando all’incontro mettono meglio a fuoco il vissuto dei bambini testimoni di violenza familiare, acquisiscono uno strumento nuovo da utilizzare in classe e di solito… lo chiudono nel cassetto, spaventati da quello che potrebbe suscitare. E se poi i bambini parlano?

Eh sì, è proprio così. Gli adulti, davanti alla tempesta che spaventa un bambino, si allarmano per primi. Si emozionano nell’ascolto però poi mi dicono “vieni tu in classe a raccontare, io non me la sento”. Oppure non chiedono neppure, si fermano e basta. La strega che vuole cucinare Hansel e Gretel non è altrettanto cruenta ai loro occhi, e il lupo che si mangia Cappuccetto Rosso in un sol boccone neppure. Anche i polizieschi in prima serata destano pochi cattivi pensieri con i loro morti. Un papà che scatena i fulmini in cielo e spaventa i suoi figli invece sì, eccome.

Non hanno tutti i torti: un conto è la finzione smaccata, un altro è fare il verso all’inquietudine che agita un bambino nella realtà. Perciò quando alcune decine di insegnanti di San Lazzaro di Savena (Bologna), già coinvolti e appassionati nei laboratori, hanno saputo la novità, invece di coglierla al volo si sono tirati indietro… quasi tutti.

La novità è che in questi mesi la favola “Papà di sole e papà di tempesta” è diventata uno spettacolo teatrale. Vederla in scena con la cura, la passione e la sensibilità che il regista Paolo Fronticelli, l’attrice Biljana Hamamdzieva, la scenografa Carmela Delle Curti, il tecnico Francesco e l’organizzatrice Vittoria De Carlo hanno voluto dedicarle è stata davvero un’emozione, per il risultato stupefacente e bellissimo e per il dono di sperimentare insieme a loro quella coesione speciale, che spinge ognuno a dare il meglio di sé sorretto dalla fiducia negli altri.

L’emozione più grande però ce l’hanno regalata i bambini. Aspettavamo parecchie classi ma per le resistenze anzidette ne è venuta una sola. Una quarta della scuola primaria “Pezzani” di San Lazzaro accompagnata da un gruppettino di maestre audaci, mentre le colleghe timorose sono rimaste in aula. C’erano pure alcuni adulti, amici e operatori interessati al tema, ma è soprattutto ai bambini che abbiamo dato la parola quando le luci si sono alzate, con il piacere la curiosità la trepidazione di capire, neanche tanto di nascosto, l’effetto che fa lo spettacolo a coloro cui è principalmente rivolto.

Sono fioccati complimenti, osservazioni, domande. Tutto li ha attratti, da come Bibi dà voce ai pupazzi a come Mela ha rivestito lo specchio magico. “Che cos’è un regista?”, ha domandato a Paolo un bambino, e un altro ha apprezzato gli effetti speciali con cui Francesco ha scatenato il temporale. Nello stesso flusso di interventi e mani alzate c’erano le osservazioni sui contenuti della storia.

I bambini sono intelligenti e profondi. La tempesta non è lontana dalla loro esperienza, sanno che cos’è la rabbia e intuiscono quanto brucia quando non è controllata, o è alimentata da altro che non sai e non vedi. A volte anche le mamme sono di tempesta, a volte anche i bambini. Non è la rabbia ad allarmarci, vivere nella paura invece sì.

Prima di salutarli mi sono confidata con loro.

Sapete, oggi insieme a voi dovevano esserci anche altri bambini ma non sono venuti a vedere lo spettacolo perché le loro maestre hanno pensato che si potessero spaventare. Secondo voi è una storia che fa stare male?

Noooooooooooooooooo.

Che cosa vorreste dire a quelle maestre?

Che io l’ho visto e non ho avuto paura.

Io direi che si sono proprio sbagliate.

È uno spettacolo divertente, e poi ha dei messaggi.

Eh, tipo che le persone possono cambiare.

Che se si sta male è giusto parlare con gli altri.

Che a volte una persona si arrabbia senza motivo perché non è contenta della sua vita.

Che la maestra è una fonte di ispirazione!

E poi, non è giusto fare come quelle maestre. È come se vedo un mio amico preoccupato e non gli dico niente perché tocca a sua mamma e suo papà. Eh no, se un mio amico sta male io lo aiuto!

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

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