• 23 Novembre 2024 12:56

Festival della Migrazione

DiDaniele Lugli

Nov 28, 2022

Sembra che il problema sia quello dei naufraghi salvati dalle navi delle ONG, del loro approdo in porto sicuro, della loro prima accoglienza. Rappresentano tra il 10 e il 15% degli arrivi per mare in Italia, tra tutti quelli giunti con mezzi propri, traghettati da scafisti, salvati da imbarcazioni della Guardia costiera, della Guardia di Finanza, di una missione europea, da mercantili di passaggio, da pescherecci. Quegli sbarchi non sono impediti. Non si è per ora ripetuto il caso della nave della Guardia Costiera italiana tenuta in ostaggio da Salvini, assistito dal capogabinetto Piantedosi, senza che potessero sbarcare né militari né persone soccorse.

Intollerabile sembra essere il fatto che le ONG agiscano per motivi umanitari, che prestino soccorso apposta e non occasionalmente e che, addirittura, non abbiano fini di profitto.

Essere un paese esposto agli sbarchi e dunque, come paese di primo arrivo, tenuto a provvedere all’accoglienza e all’esame delle domande di asilo, comporta certo un carico. È un carico che si aggrava perché il ricollocamento dei migranti, pur previsto negli accordi, non funziona. Lo sbarco a terra e la prima accoglienza, comunque si sia giunti, sono però obblighi. Il diritto alla permanenza sarà invece il risultato della presenza di condizioni per il diritto d’asilo o la protezione umanitaria. Un geniale pensiero – siamo o non siamo la patria del diritto – appare risolutore: salire su una nave equivale ad accedere allo stato del quale batte la bandiera, sarà quindi questo tenuto all’accoglienza e a tutte le operazioni conseguenti. Geniale il ministro Piantedosi. Poiché della pericolosa flotta delle ONG la sola battente bandiera italiana è la Jonio, basterà tenere d’occhio questa. Di bandiera tedesca ce ne sono ben sei, di bandiera norvegese due e pure due di bandiera spagnola. Neppure la dottrina Piantedosi, che pure non sembra ricevere molto credito dagli studiosi, riesce a spiegare perché i francesi avrebbero dovuto accogliere i soccorsi dalla nave Viking, già prossima allo sbarco in Italia e battente bandiera norvegese. Ma è questione di principio e di aria che cambia, ribadisce il Governo. I francesi, per non essere da meno, ne fanno sbarcare la metà. Lo scrive benissimo Luigi Manconi.

Si dice di rivedere il meccanismo di Dublino. Siamo già a Dublino III e si pensa a un Dublino IV. La prima Convenzione è del 1990. Nell’ottobre del 1991 la Commissione europea predispone due distinte comunicazioni in materia di diritto d’asilo e d’immigrazione. I ministri responsabili sono invitati a sottoporre al Vertice di Maastricht precise proposte sull’armonizzazione delle politiche. Il 23 febbraio 1994 la Commissione rivolge una Comunicazione al Consiglio ed al Parlamento europeo per una piena integrazione delle politiche d’immigrazione e di asilo, avvalendosi dei vari strumenti disponibili per affrontare alla radice le cause della pressione migratoria. Ciò richiede un’azione a livelli diversi, nei settori della politica commerciale, dello sviluppo e della cooperazione, nonché dell’assistenza umanitaria e dei diritti dell’uomo.

Dopo trent’anni siamo ancora lì. Eppure sui diritti dell’uomo non ci sono dubbi, La Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 è molto chiara:

Articolo 13: 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14: 1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. 2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

A profughi e migranti certo non si pensa. Al più, per limitare i lamenti dei paesi più esposti, e tra questi l’Italia, ci sono manifestazioni di buona volontà. Nel giugno di quest’anno ventuno stati, tra membri dell’Ue e stati terzi, si accordano per un anno per le ricollocazioni di migranti. L’Italia prevede 3.500 ricollocamenti a giugno del 2023. Finora ne sono ricollocati 120. Prima conseguenza della disputa con la Francia è la sospensione degli impegni presi nei confronti dell’Italia.

Ma gli sbarcati ci pensano loro a ricollocarsi. Nel 2021 – leggo da una ricerca su Domani – sono arrivate via mare in Italia 67.477 persone, ma le richieste di asilo nello stesso anno sono state 43.900; 23.577 persone, 35%, sono dunque sfuggite alle procedure di registrazione e hanno chiesto asilo altrove. Le procedure per attribuire protezione temporanea in forme semplificate sono però previste. C’è una Direttiva apposta, 2001/55/CE del Consiglio, 20 luglio 2001. Le bombe russe la risvegliano da un sonno più che ventennale. La Comunità Europea l’adotta di fronte agli afflussi imponenti, seguiti alle guerre nell’ex Jugoslavia. Non l’attiva rispetto a profughi che non siano ucraini.

Fortune elettorali si costruiscono in Europa sulla pelle di profughi e immigrati. Nel nostro paese questo è particolarmente evidente. Prosegue il racconto dell’invasione della quale saremmo particolarmente investiti. Naturalmente non è così. L’Italia esamina metà delle richieste di asilo rispetto alla Francia e un quarto rispetto alla Germania, I rifugiati, poi, sono un quarto di quelli rifugiati in Germania. Quanto agli immigrati, quelli in Italia sono la metà di quelli presenti in Austria e meno di quelli in Grecia e Spagna. Uno sguardo più ampio ci è offerto dal Festival della Migrazione alla VII Edizione, dal 23 al 26 novembre, Modena, Carpi, Ferrara. E anche qualche indicazione per un approccio meno inadeguato, quando non feroce, nei confronti di profughi e migranti. I lavori sono integralmente visibili.

La tappa ferrarese del Festival ha per tema “Giovani e cittadini”. La provincia di Ferrara non è particolarmente investita dal fenomeno migratorio. Resta infatti il “fanalino di coda”, rispetto agli altri territori regionali, ma una prolungata ed efficace propaganda xenofoba e razzista è una componente importante del successo elettorale delle destre. Notorietà nazionale hanno nel 2016 le barricate nel piccolo comune di Goro che impediscono l’arrivo di temibili dodici ragazze. Il 10,5% della popolazione provinciale è formata da stranieri. Si va dal 18,1% nel comune di Portomaggiore all’1,7%, appunto, nel comune di Goro. C’è la speranza che le nuove generazioni sappiano superare questa vergognosa eredità consegnata da nonni e genitori. Mi incoraggia un dato lo debbo all’amico Franco Mosca, infaticabile ricercatore sul tema – il 68% degli stranieri, nelle elementari e medie di Ferrara, è nato in Italia. Solo una legge criminogena impedisce di considerarli cittadini a pieno titolo.

La speranza è che, compagni di classe, sappiano assieme affrontare la cattiva eredità che lasciamo: devastazioni ambientali fino all’inabitabilità, minaccia nucleare, povertà, morte per fame e malattie non curate dai poveri. Sappiano affrontare anche, con una diversa consapevolezza, le ondate migratorie di persone in fuga dalla miseria, dagli sconvolgimenti climatici, dalle guerre, dalle persecuzioni politiche. Sta a loro trasformare l’Unione europea in Stati Uniti d’Europa, nei quali i diritti umani, compreso quello di circolare liberamente e liberamente fissare la propria residenza, siano non solo proclamati, ma praticati e garantiti.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2023), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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