Erano atleti neri e protestavano per la condizione degli afroamericani e le sempre più frequenti violenze di polizia. Un gesto semplice quanto dirompente per come riuscì a imporsi all’attenzione generale, mostrando ancora una volta quanto sia forte il messaggio politico del corpo nella società della comunicazione.
Ora la Nfl, National Football League, ha introdotto un nuovo regolamento che proibisce agli atleti ogni gesto durante l’esecuzione dell’inno: inginocchiarsi, ma anche abbracciarsi e perfino tenersi in disparte. E’ una militarizzazione della ritualità sportiva che offre un’unica opportunità alla libertà di protesta degli atleti: rimanere negli spogliatoi fino all’inizio del match. Il regolamento prevede forti sanzioni pecuniarie per le società in caso di violazioni e ha ovviamente messo in agitazione il mondo sportivo statunitense.
Il presidente Trump, in apparenza, l’ha avuta vinta e non dovrà più subire l’affronto di vedere le stelle del football che prendono letteralmente posizione e criticano la prassi politica del paese, ma è facile prevedere che la sua si rivelerà solo una vittoria di Pirro, perché la protesta sotto forma di gesti e di uso del corpo troverà senz’altro nuove forme per esprimersi (anche lasciare deserta di atleti l’esecuzione dell’inno avrebbe un forte effetto comunicativo e non sarebbe passibile di sanzioni).
La via del divieto è un’arma spuntata e anzi ha ottenuto un esito indesiderato (dal presidente): le foto dei giocatori di football inginocchiati sono entrate a pieno titolo nella piccola-grande storia dei movimenti sociali, accanto a immagini celebri come i pugni alzati guantati di nero di Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968.