Già dal 2013 non eravamo in molti a denunciare quanto avveniva all’indomani del colpo di Stato del generale Al-Sisi, uomo considerato affidabile dalle cancellerie occidentali, perché aveva cacciato il presidente Morsi sostenuto dalla Fratellanza musulmana e si presentava come un fidato garante degli investimenti occidentali in Egitto. Al-Sisi era considerato un “moderato” per i suoi discorsi contrari al fondamentalismo religioso. Non ha esitato a mettere fuori legge il Movimento laico “6 aprile” che da anni in Egitto animava importantissime lotte operaie, a partire dai lavoratori tessili del delta del Nilo. Quel movimento è stato un protagonista determinate della primavera araba in Egitto culminata con la mobilitazione di Piazza Tahrir, che portò alla caduta del regime di Mubarak nel 2011.
In questo movimento ci sono giovani, ora un po’ meno giovani e carichi di anni di carcere, molti dei quali ancora detenuti in condizioni terribili. Per i dati aggiornati sulle condizioni carcerarie vedi il report dell’Associazione “Commettee for Justice” di Ginevra, intitolato eloquentemente “I Giulio Regeni d’Egitto!”
Le carceri egiziane sono state la camera di tortura per molti oppositori in questi anni del regime Al-Sisi, un nome che si pronuncia soavemente, senza gutturali aspirate, che lasciava incantati molti statisti europei all’epoca. ( in lingua italiana “Avvenire” ed anche la rivista online “Diritti Globali” riprendono in questi giorni alcuni dati dal report sopra citato).
Essi sono i tanti Giulio Regeni d’Egitto che hanno preceduto il tragico evento del sequestro e dell’uccisione del giovane ricercatore italiano. Che si trattasse di un delitto di Stato era molto chiaro fin dall’inizio. Ora emergono le prove dei magistrati italiani dopo anni di depistamento delle istituzioni egiziane. Ma il “Committe for Justice” dice anche che altri cittadini stranieri sono stati uccisi: il cittadino francese Eric Lange, il cittadino americano James Henry Lawne.
La verità su Giulio Regeni, la liberazione del giovane Zaki sono la punta di un gigantesco iceberg, come quello che vaga pericolosamente da almeno un anno in Antartide, questo però potrebbe avere un effetto virtuoso nel fare tremare l’apparato del regime di Al-Sisi.
Ci sono tutte le condizioni per le azioni di pressione in atto in questi giorni per chiedere al regime che emerga la verità, tutta la verità e per la chiamata di Rete Pace e Disarmo all’azione con la sospensione delle commesse belliche all’Egitto e il ritiro degli ambasciatori.
Ma i risultati concreti ci saranno se le istituzioni Europee, sospinte dalle mobilitazioni dei loro cittadini, e le istanze internazionali per i diritti umani accoglieranno coralmente questi obiettivi per costringere il regime egiziano a rispettare questi diritti. Già la risoluzione del Parlamento europeo, approvata a larga maggioranza il 18 dicembre, di condanna della condotta delle istituzioni egiziane sulle indagini per la la verità su Giulio, su Zaki e sui diritti umani violati nei confronti degli oppositori assume un valore politico, anche se non è vincolante sulle sanzioni annunciate. Meno di una settimana prima, proprio quando la magistratura italiana scopriva le implicazioni delle istituzioni egiziane nell’assassinio di Giulio, Macron conferiva l’alta onorificenza della Legion d’Honneur al generale Al-Sisi a Parigi. Anche la Francia fornisce sistemi di arma importanti all’Egitto e partecipa nell’operazione “Medusa” con questo paese, la Grecia e Cipro alle operazioni delle rispettive Marine militari nel Mediterraneo in contrasto con la Turchia, Qatar e Tripoli. Sarà possibile recidere questi legami per aprire la strada della democrazia e dei diritti umani ?
Lorenzo Porta – docente di filosofia – Firenze