Fonte dell’articolo: pressenza.com
Anche se mi porti via la testa, io volerò comunque!
Non saprei proprio dire con quante aspettative abbiamo caricato il referendum. E perché non avremmo dovuto farlo? Era la prima vola in 41 anni che un politico ci dava la possibilità di esprimerci riguardo a tutto quello che avevamo passato negli ultimi cinque anni. Abbiamo ignorato le file ai bancomat sotto il sole cocente e il rumore assordante dei media del terrorismo di massa, abbiamo parlato con gli amici, abbiamo deciso e abbiamo votato. Abbiamo sorriso e siamo tornati in piazza, abbiamo affidato il risultato ai leader politici greci e aspettato. Pensavamo che le frasi sconnesse di Schulz, le minacce di Junker, la difficile discussione al Parlamento Europeo, la fuga di notizie sui piani di Schäuble, perfino l’avvio dei negoziati da parte del nuovo Ministro delle Finanze a partire da un punto che non avevamo approvato fossero uno scherzo in confronto all’espressione maggioritaria di una nazione. O pensavamo che ci fosse un piano che non eravamo in grado di vedere.
NO! Quanto forte dobbiamo gridarlo?
Ora dicono che abbiamo 72 ore perché il Parlamento greco approvi il contenuto della dichiarazione uscita dall’Eurosummit. Mi sono letta tutto il documento, ma non ho potuto fare a meno di soffermarmi sulla prima frase: “L’Eurosummit sottolinea il cruciale bisogno di ricostruire la fiducia con la autorità greche come prerequisito per un possibile, futuro accordo su un nuovo programma del Fondo Salva Stati.” Le istituzioni vogliono ricostruire la fiducia con le autorità greche? E la fiducia della gente? Finché la gente non avrà fiducia nelle autorità e nelle istituzioni è ovvio che non riuscirete a implementare (non votare le leggi, ma metterle in pratica) nemmeno una delle misure di austerity! Ormai non è neanche più una questione di fiducia. La gente non ha più niente da darvi. I nostri rubinetti sono a secco. E questo non è un ricatto come il vostro, signori delle istituzioni. E’ la nostra realtà.
Ho passato le 72 ore prima dell’annuncio dell’”accordo” aggrappata alla mia delusione. L’ho riconosciuta e vissuta in pieno, mi sono arrabbiata e rattristata. Poi ho pensato: devo proprio uscirne. Devo seguire la tendenza, rompere le catene e liberarmi. Ho dato il mio segnale. Mi sono assunta una responsabilità. Il 61,38% si è preso questa responsabilità con me. Non è una piccola percentuale. Potrei giudicare il governo e le istituzioni, ma francamente non me ne importa niente. O meglio, me ne importa se mi spingeranno a rifugiarmi di nuovo nella mia vita personale, mi faranno tornare nel mio guscio, o mi costringeranno a insistere. La mia vita non può essere definita da un governo. Può essere o no sostenuta da un governo, ma possiamo realizzare una rivoluzione con una sola mossa? Devo riprendermi. Devo andare a Syntagma e sostenere nel modo migliore il “nuovo” che è nato. Inoltre c’è un’eredità lasciata da queste 72 ore: il “vecchio” ha rivelato la sua vera faccia.
Sotto voce
- Continuo a non capire perché non possiamo fare i bagagli e andarcene e soprattutto non capisco perché non possiamo aprire una discussione seria su un possibile #Grexit.
- La staffetta non è mai partita. Nessun paese europeo per ora è pronto a impegnarsi. Non li biasimo. Verrà il momento in cui diremo e capiremo sul serio che questa è una sfida europea (se non internazionale).
- “Se abbiamo fatto un referendum potevamo anche dare alla nostra gente la possibilità di esprimersi” è stato detto al Parlamento Europeo. Giusto, ma non l’avete fatto.
- Naturalmente le banche sono ancora chiuse. I mezzi pubblici saranno ancora gratis oggi e domani.
- Il Primo Ministro non mi ha ancora guardata negli occhi. Lo ha fatto con la stampa, tra poche ore lo farà con i parlamentari, ma non l’ha ancora fatto con me…
(Foto di Marie-Lan Nguyen)