Così ho intitolato un intervento, nel dicembre del 2000, su “Pollicino”, un foglio locale su temi ambientali. Me l’ha ricordato un’amica. L’ho riletto e lo ripropongo in due puntate. La situazione non mi appare migliorata dagli strumenti che la tecnica mette sempre più presto nelle mani di bimbe e bimbi. Non saprei scrivere di meglio oggi. Questo è un anno speciale: è il trentennale della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, comprensiva della Dichiarazione dei Diritti del bambino, ancora di trenta anni precedente, sempre approvata dall’Assemblea dell’Onu. È anche un omaggio a Gianfranco Zavalloni, che ci ha lasciato da sette anni, ispiratore del mio intervento. Io non sono stato capace di avvalermi dell’insegnamento dei piccoli: “il fanciullo nella liberazione dell’uomo” diceva Capitini, Auguro miglior esito a lettrici e lettori.
È vero: anch’io lo fò, ma per tutt’altre ragioni.
Erode
I diritti dei bambini sono, in ogni campo, solennemente proclamati e palesemente disattesi. Lo dice bene Edoardo Galeano:
“Giorno dopo giorno, si nega ai bambini il diritto di essere tali. I fatti, che si burlano di questi diritti, impartiscono i loro insegnamenti nella vita quotidiana. Il mondo tratta i bambini ricchi come se fossero denaro, affinché si abituino ad agire come agisce il denaro. Il mondo tratta i bambini poveri come se fossero rifiuti, affinché diventino dei rifiuti. E quelli che stanno in mezzo, i bambini che non sono né ricchi né poveri, li tiene legati alla gamba del televisore, perché fin da molto piccoli accettino, come destino, una vita prigioniera. I bambini che riescono a essere bambini hanno molta magia e molta fortuna”.
I bimbi che conosco meglio stanno in mezzo: fin da piccoli sono legati alla gamba del televisore, che guardano intensamente, mentre la mano attende la playstation e l’orecchio il telefonino, che non tarderanno ad arrivare. “Vai dalla donna, non dimenticare la frusta” raccomandava a Zarathustra la solerte vecchia. Così da millenni la donna è il prodotto della frusta, il calco del dominio, per dirlo con Adorno. Una condizione dalla quale è uscita non da molto, non ovunque. “Vai dal bimbo – diciamo noi – non dimenticare la videocassetta”. Gli effetti cominciano a vedersi.
Un direttore didattico, amico dei bimbi e della natura, Gianfranco Zavalloni, di Cesena, ha scritto una Carta dei diritti negati delle bambine e dei bambini. Sleghiamo i nostri bambini dalla gamba del televisore (sleghiamoci anche noi) e proviamo ad attuarla.
1. Il diritto all’ozio o meglio all’esperienza non programmata: è un diritto radicalmente negato dal lavoro minorile, per eliminare il quale è necessario, appena, appena, cambiare il modello di sviluppo del mondo. Finora non ci si è riusciti e, visti alcuni cattivi risultati, anche l’impegno generale sembra calato. Al tema del necessario mutamento erano dedicati gli incontri della rete Lilliput, della quale Pollicino ha dato un ampio resoconto nell’ultimo numero. Ma anche ai bimbi che non lavorano non è riconosciuto il diritto all’ozio, a perdere tempo. Tutta la loro giornata è super organizzata, poco o nullo è lo spazio per accogliere il nuovo, per esplorare senza una meta, in compagnia di coetanei ed adulti. Quando mia figlia era piccola ne ho accolto talvolta l’invito: “Ci perdiamo?”. Dovunque fossimo abbandonavamo la strada consueta e via per stradine o viottoli verso l’ignoto, verso l’avventura. Il tempo che ho perso con lei è quasi il solo tempo che mi ritrovo ora. Mi fossi più “perso” con lei mi sarei “perso” di meno.
2. Il diritto di sporcarsi: anche ai bambini (sempre più ai bambini) si chiede di apparire: capi firmati dai piedi ai capelli, per non parlare degli accessori. I giochi sono fatti di materiali artificiali, appositamente studiati, fatti apposta per i bambini: morbidi e tenaci, resistenti e confortevoli, igienici e terapeutici, che si rivelano, nel tempo, inadatti, pericolosi, tossici. Ed è un bene perché ciò apre la strada a nuove ricerche, a nuovi prodotti. Erba, fango, foglie, terra non vanno toccate: è cacca. Credevo che le giornate di pioggia fossero uggiose per grandi e piccini, finché mia nipote non mi ha fatto riscoprire lo straordinario mondo delle pozzanghere.
3. Il diritto agli odori: l’esperienza che la maggior parte dei bimbi compie è povera e triste. L’aria puzza del fumo dei mille scappamenti di macchine, moto, motorini, autobus, camion, scaricato giusto all’altezza del naso del bimbo condotto dall’adulto per mano o in carrozzina. Di quando in quando si aggiungono altre puzze più pungenti, che fanno guardare allarmati verso la zona industriale. Deodoranti di varie fogge ed impianti, che promettono meraviglie, tentano il contrasto nell’abitacolo delle macchine e nelle case. Qualche differenza si può ancora cogliere anche in città se portiamo i nostri bimbi dal fornaio, dal biciclaio, dal calzolaio, dal falegname, se non siamo su una strada troppo trafficata, nel parco o sulle mura dopo la pioggia. È un diritto ad un modo di conoscere ed alla non atrofia di un senso importante e ricco. Quando ho fatto un corso di sommelier (sì, ho fatto anche questo) mi hanno chiesto di riconoscere i sentori più frequenti nei vari vini a parte quelli che ne denunciano i difetti come odore di tappo, muffa, legno, feccia, solfuri, ossidato…):
fiori – acacia, biancospino, iris, ginestra, rosa, violetta, sambuco, fior di pesco, tiglio, frutta fresca – limone, fragola, lampone, marasca, mora, ciliege. ribes, ananas, banana, mele (renetta, golden, delicius, cotogna), pesca, albicocca, frutta secca – nocciole, mandorle, fichi secchi, prugne, vegetali – erba, fieno tagliato, limoncella, menta, tabacco, sottobosco, alloro, finocchio, mallo di noce, spezie – anice stellato, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, legno di liquirizia, animali – ambra, muschio, cuoio, pelliccia, selvaggina, cacciagione, vari – caffè tostato, mandorle toste, vaniglia, resina, catrame, tartufo, creosoto, cacao, caramello, lieviti, crosta di pane, miele, confettura (precisare quale).
Mi sono reso conto, in buona compagnia, della mia ignoranza olfattiva. Il docente apriva una boccettina di acetato di iso-amile ed ecco riconoscevo l’odore di banana. Vorrei che mia nipote conoscesse la rosa selvatica sulla sua siepe e non attraverso una immagine accompagnata da antranilato di metile. Ma allora bisogna impegnarsi per salvare piante e mestieri odorosi.
4. Il diritto al dialogo: il dialogo, che Calogero pone a fondamento della sua proposta filosofica ed il suo amico Capitini alla proposta politica dei Centri di Orientamento Sociale, è sempre più raro. “Chi può parlare ascolta con maggiore attenzione” diceva Capitini, ma ciò va contro la specializzazione. C’è chi è specializzato a parlare e chi è specializzato ad ascoltare ed applaudire. Un tempo i ruoli si giocavano rispettivamente da balconi e in grandi piazze, ora più comodamente, dal televisore, che pensa anche all’applauso, e nelle proprie case. C’è progresso. Ma anche il dialogo ed il dibattito ci sono, tra esperti e presi dalla strada, su tutti i possibili argomenti. Si moltiplicano i talk show che guardiamo ed ascoltiamo, tifando per l’uno o per l’altro o, imparzialmente, aspettando che degeneri, come deve, in urla di sopraffazione e, ahimè più raramente, in rissa. Il rapporto faccia a faccia è molto difficile: quello feccia a feccia è a portata di mano. Il bisogno di dialogo, che si esprime anche nella CHAT (meglio di niente), può trovare un più solido fondamento nell’incontro e nel dialogo tra adulti, tra bimbi, tra bimbi ed adulti. Vanno costruiti, con attenzione e rispetto, spazi ed occasioni.
5. Il diritto all’uso delle mani: ci sono abilità che non vengono stimolate e trasmesse, abilità che scompaiono. I giochi per i bimbi sono perfetti in sé: soffrono per un loro intervento, che può solo guastarli, romperli. A chiedere l’intervento sono solo i viedeogiochi, sempre più e sempre più precocemente diffusi. Sviluppano una abilità monodirezionale, specializzata. Zavalloni suggerisce di andare in ferramenta a comprare i regali per i propri figli, che imparino a piantar chiodi, segare, scartavetrare, incollare. Mia figlia, molto abile nell’uso delle mani, associa sua figlia (per questo una nipote è figlia due volte) nella realizzazione di allestimenti per feste od oggetti. Mi sembra uno dei modi più belli ed intensi (anche per quel che ricordo e pur non essendo io affatto abile) di stare assieme.
(fine I parte)
(immagine di Gianfranco Zavalloni)