• 22 Novembre 2024 2:32

I nomi della guerra – II parte

DiDaniele Lugli

Nov 20, 2023

di Daniele Lugli

La scorsa settimana abbiamo pubblicato la prima parte dell’articolo “I nomi della guerra”, dove Daniele Lugli intendeva la guerra come conflitto (inclusa la formula per calcolarne la convenienza), igiene del mondo (Marinetti) e Jihad o guerra santa.

La rassegna dei nomi prosegue qui, perché – come scrive Guido Ceronetti – «la guerra cambia volto e riti, e anche nome, senza cessare mai di esserci».

Questo articolo è stato pubblicato da Daniele Lugli nel gennaio 2002 sulla rivista ferrarese di Legambiente ed è poi confluito nella raccolta “Sassolini di Pollicino” (ed. La Carmelina, 2022).

La fotografia ritrae Daniele con Lucia Boni alla presentazione del libro avvenuta alla Galleria del Carbone il 9 dicembre 2022.

 

Male

La guerra è un male ricorrente. Potrebbe essere un cataclisma naturale, come il terremoto, una malattia della società, come il traffico stradale, un po’ le due cose, come le epidemie? Di qui lo studio per individuarne intensità, frequenza, leggi, meccanismi di produzione. Abbiamo una buona conoscenza della distribuzione della guerra nel tempo e nello spazio, della sua diversa tipologia, della sua classificazione in megamorti. Ma per ridurne i danni, se non per abolirla, occorre sapere qualcosa di più sulle cause. La guerra di volta in volta, e contemporaneamente, viene attribuita alla natura umana, all’organizzazione interna degli stati, al rapporto tra gli stati. Solo Bush ha individuato con chiarezza l’asse del male. Ma la sua diagnosi è controversa. Il problema è delegato agli esperti. Dovrebbe interessare tutti: l’umanità deve por fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità, diceva John F. Kennedy all’ONU il 25 settembre 1961, il giorno dopo la prima marcia Perugia-Assisi.

Militare

Ci sono tre tipi di intelligenza: l’intelligenza umana, l’intelligenza, animale, l’intelligenza militare, ha scritto Aldous Huxley. La tecnologia è andata oltre incorporando l’intelligenza nelle armi, nuove, sorprendenti, affascinanti. Così i militari della civiltà superiore possono starsene al riparo ed evitare la volgarità della morte. Non per viltà certo, ma perché la guerra non finisca, come succedeva un tempo, per mancanza di combattenti (Et le combat cessa, faute de combattants, El Cid, Pierre Corneille). E poi la morte è facile, non richiede addestramento né equipaggiamento specifico. La fa bene anche un civile (anche molti civili), anche un bambino (anche molti bambini). I militari hanno altro, importante, da fare. Da Talleyrand in poi si è detto La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai militari. Ora invece ai militari è delegata pure la pace, come peace keeping, making, building (peace sta bene con tutti i verbi; fate la prova: io ho verificato da abiding a writing). Più guerre ci sono più paci da kipare, meikare, bildare ci stanno.

War

La parola guerra verrebbe dal germanico werra, mischia. Ha soppiantato nelle lingue latine il bellum romano. La parola ha prevalso nelle lingue, come aveva prevalso, sui campi di battaglia, la disordinata werra dei germani sull’ordinato bellum. Non ce ne ricorderemmo neppure non fosse per qualche sostantivo e aggettivo residuo: bellico, bellicoso, belligerante, belligeranza. Giustamente la parola werra si è mantenuta pressoché inalterata nella lingua degli attuali signori mondiali della guerra. È stata invece sostituita dai più diretti discendenti di quei Germani. I tedeschi infatti dicono Krieg, come sappiamo per il classico studio di Karl von Clausevitz Vom Kriege e per il fulmineo Blitzkrieg che piegò Polonia, Fiandra, Francia. Ma non sono più loro i signori della guerra. Parola che vince non si cambia.

 

 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2023), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948