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Il ruolo del Gan nel Movimento Nonviolento e nel pacifismo anni Sessanta

DiDaniele Lugli

Ott 2, 2023

In un’intervista rilasciata a Elena Buccoliero il 15 febbraio 2020 Daniele Lugli ha raccontato la sua esperienza nel GAN, il Gruppo di Azione Nonviolenta che tra il ’63 e il ’66-’67 ha avviato in Italia il dibattito sul riconoscimento dell’obiezione di coscienza al servizio militare.

Nelle settimane precedenti, in questo blog, sono stati esplorati i momenti costitutivi del Gruppo, l’autoformazione, il modo di presentarsi nelle piazze, la comunicazione con i cittadini e con la polizia, l’atteggiamento nei confronti dei divieti.

In questo brano, Daniele Lugli entra negli intrecci tra il Gan e… altre realtà di quegli anni cui era legato da un orizzonte comune, sia all’interno del Movimento Nonviolento – Aldo Capitini, Luisa Schippa, la rivista Azione nonviolenta… – sia al di fuori di esso, ad esempio la Consulta italiana per la pace di cui Aldo Capitini era presidente.

 

Che rapporto c’era tra la rivista Azione nonviolenta e il Gan che andava nelle piazze a parlare di obiezione di coscienza?

Beh, intanto sono nati insieme. Tutte e due le cose erano state decise al Seminario internazionale sulle tecniche della nonviolenza che il Movimento Nonviolento aveva organizzato alla Rocca Paolina di Perugia, nell’agosto del ’63. Il primo numero della rivista esce a gennaio 1964. Il GAN inizia le sue manifestazioni qualche mese prima e l’apporto che dà ad Azione nonviolenta è quello di portare delle novità. Piccole cose, che però stavamo facendo, e attorno alle quali il piccolo Movimento Nonviolento si veniva costituendo. Usciva, diceva Pinna, dal bozzolo in cui era stato fino ad allora.

Per tramite del Gruppo di Azione Nonviolenta il Movimento veniva direttamente a contatto con le persone, su un tema cruciale. Lo si vede nei primi numeri della rivista, con le notizie sulle manifestazioni realizzate, quelle vietate, i processi…

Azione nonviolenta era una rivista molto centrata sull’azione.

Sull’archivio online di Azione nonviolenta puoi sfogliarla tutta dal ’64 al 2020 e apprezzarla direttamente. La rivista dei primi anni si caratterizzava di solito per una prima pagina interamente occupata da un articolo di Aldo Capitini, sempre stimolante. A ben vedere, Capitini si teneva molto informato, aveva molti collegamenti, comunque lui era il teorico. Nelle pagine interne c’erano notizie sulle attività dei movimenti, non soltanto del nostro, anche internazionali. Ma era una rivista fatta di poche pagine… Certo, era già un salto rispetto a quello che avevamo prima come foglio di collegamento, che era un ciclostilato inviato da Capitini agli amici.

Ricordo che in diversi scritti, parlando del periodo della guerra, Capitini si descrive come molto isolato e non capito nelle sue scelte radicali di antifascista nonviolento. Qui parliamo degli anni Sessanta, aveva riallacciato parecchie relazioni.

Sì, era anche il presidente della Consulta italiana della pace, che rappresentava un contesto più ampio dentro al quale il Movimento Nonviolento portava lo stimolo a fare un passo in più. Del movimento italiano per la pace facevano parte i partiti della sinistra, i sindacati, tanti amministratori locali… Aderivano tante realtà, dai partigiani della pace, ai quaccheri, ai nonviolenti, Per questo la Consulta era uno strumento politico a largo raggio. Faceva un discorso genericamente pacifista, non era nemmeno impegnata per l’obiezione di coscienza.

In Azione nonviolenta, attraverso il Gan, arrivavano anche i segni di una ricerca della pace con un passo diverso, più specifico, che riprendeva il tema della prima Marcia Perugia-Assisi per come si era svolta, per il messaggio che Capitini aveva là lanciato. Un impegno per la pace, non solo reattivo rispetto al fatto che ci sono delle guerre ma in qualche modo proattivo, si dice così adesso.

Voi scrivevate per Azione nonviolenta?

Sì, ma soprattutto ci impegnavamo a diffonderla. Che poi è, diciamo, l’aspetto un pochino più operativo di quelli che si riconoscono nel Movimento Nonviolento.

Eri presente agli appuntamenti del Movimento?

No, devo dire che allora il mio impegno è nel Gan. Credo di non avere neanche partecipato a quei primi congressi del Movimento Nonviolento. Il Gan sì, i seminari di formazione, sì, ma non me la sentivo di collaborare più strettamente al Movimento al quale avevo aderito nel momento della sua costituzione. Forse perché ero molto impegnato nel fare altro. Già così l’impegno, in qualche modo, di partito, l’impegno politico, mi era più che sufficiente, anche eccessivo.

E Capitini veniva alle manifestazioni del Gan?

Beh, no, no. Capitini è venuto così alle cosiddette marce specifiche, ne ho un bel ricordo. Alle manifestazioni del Gan, no. Luisa Schippa, che aveva aderito fin dal Seminario del ’63, sì, è venuta alle manifestazioni. È stata anche fermata, Luisa.

Ma che rapporto c’era tra Capitini e il Gan?

Beh, Capitini aveva il massimo apprezzamento nei confronti del Gan, perché vedeva nel nostro Gruppo quello che, sulla questione dell’obiezione di coscienza, poteva portare a una attenzione maggiore rispetto alla nonviolenza, alle sue tecniche. Però era molto chiaro per Capitini che il Gan era cosa di Pinna.

 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2023), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948