Tutti presi dalla pandemia, non riguardiamo più quello che succede di tragico nel mondo. Purtroppo, non è perché all’improvviso siamo minacciati di morte per un virus, che tutte le atrocità, violenze, stupri, razzismi, traffici di armi, di esseri umani, e distruzione della natura si siano evaporati come per magia. Il mondo è scosso da un cataclisma apocalittico, e noi…
di Christoph Baker
Metto le mani avanti: mi siedo per scrivere con un pessimismo nel cuore che non pensavo di serbare.
Sono andato a rileggere l’articolo che avevo scritto lo scorso aprile, solo sei mesi fa: “Grazie a un minuscolo virus”. Eravamo in piena prima quarantena, disciplinati, chiusi in casa (noi, nelle città), attenti a non rischiare il contagio. Poi andavamo sui balconi per cantare e fare musica. Vedere il nostro mondo frenetico costretto a fermarsi, a smettere di fare rumore, a riscoprire la natura… Ero ottimista!
Anche se saggi uomini, come Francesco Guccini, non credevano in un vero cambiamento, per un po’ si poteva sognare che qualcosa di nuovo fosse successo. Per un po’, si era toccato con mano un altro modo di vivere il quotidiano. Nuove intuizioni nascevano, nuove ispirazioni, nuovi ritmi, nuovi rapporti.
Sei mesi dopo, eccoci qua. La pandemia è di nuovo fuori controllo, i governi brancolano nel buio, la gente si è rituffata nella micidiale triade lavoro-consumo-inquinamento (fisico e mentale). Tutta l’estate, abbiamo fatto finta che il peggio era passato, si poteva di nuovo fare come prima e viva l’incoscienza! Invece…
Può anche darsi che il Covid sia di ritorno per provare ancora una volta a farci ragionare sul serio sul disastro che è la vita umana su questa Terra. Sulle conseguenze di volere continuare sul binario suicidario della crescita economica infinita. Perché, alla fine dei conti, è proprio questa visione della vita che ci ha portato laddove ci troviamo oggi, incluso il minuscolo virus.
Purtroppo, atroci eventi continuano a fare a gara con la crisi sanitaria.
Un ragazzo di 18 anni sgozza un insegnante francese di geografia e storia, perché affrontando il tema della libertà di espressione, aveva portato le vignette su Maometto di Charlie Hebdo, per discuterne con i suoi allievi. Si può morire di tale atroce morte?
Si muore di guerra nel Karabakh, con governi esterni che giocano con la vita della gente, seguendo l’atavico espediente della conquista di territori.
Tutti presi dalla pandemia, non riguardiamo più quello che succede di tragico nel mondo. Perché purtroppo, non è perché all’improvviso siamo minacciati di morte per un virus, che tutte le atrocità, violenze, stupri, razzismi, traffici di armi, di esseri umani, e distruzione della natura si siano evaporati come per magia. Il mondo è scosso da un cataclisma apocalittico, e noi si va fare shopping il sabato come sempre…
L’amara ironia è che in pieni cambiamenti climatici, il clima umano non cambia! Siamo sempre i soliti predatori, violenti, ciechi, sordi essere viventi, avvolti nella nostra arroganza di specie.
Allora, sono pessimista.
Saranno anche riflessioni di un pensionato, ma sento una grande stanchezza mentale e morale mentre affronto la via del tramonto della mia piccola esistenza. Non voglio negare le sacrosante battaglie fatte in una vita “impegnata”. Andavano e vanno sempre fatte. Ma è il risultato che è deprimente. Come Sisifo, sembra che si torni sempre al punto di partenza.
Ma forse la cosa più dura da accettare, ma talmente ovvia ormai è che è troppo tardi! Abbiamo superato il punto di non ritorno della capacità della biosfera di sostenere le nostre attività, le nostre politiche, le nostre ambizioni. Abbiamo segato il rame sul quale eravamo seduti. Abbiamo costruito una macchina micidiale, senza conducenti, senza freni, senza una bussola. L’imperativo era andare avanti, sempre più veloce, sempre più lontano. Ed è arrivato il baratro, e ci siamo cascati…
Non importa se la decomposizione finale della società umana avverrà tra un secolo o due, ma sarà stata causata da una visione della vita che è naufragata oggi. Non abbiamo voluto cogliere i campanelli d’allarme (ricordate la conferenza ONU sull’ambiente di Stoccolma nel 1972?), non abbiamo voluto salvare il “buon senso comune”, non abbiamo voluto rallentare. Il progresso – imperativo dominante della società illuministica-, lo sviluppo economico, la globalizzazione, i media, le tecnologie di comunicazione, tutti protesi verso un pensiero unico, unico e micidiale… E lentamente, le nostre libertà diventano astratte, talmente non li usiamo, a cominciare della libertà di pensarla diversamente!
Tant’è…
Voglio però confessare che da sempre, da quando ero bambino, sono stato stregato dai tramonti. La luce che piano piano cambia di colore, passando per tante sfumature calde, per lentamente morire nel crepuscolo, questa luce mi ha sempre attratto, mi ha aperto l’anima. Il tramonto è un invito alla contemplazione, e anche alla dolce follia di farsi accecare dai raggi di sole, in una alleanza eterna fra l’uomo e l’astro solare. I più bei tramonti li ho vissuti nel Mediterraneo. Al largo di Livorno, nel Golfo di Napoli, alla spiaggia di Capocotta, sullo stagno di Vaccarès in Camargue, a Itaca, a Kythera, a Sant’Antioco, ad Alghero…
Questo mio pessimismo è dunque mediterraneo. Nel grande mare bianco, culla di tante civiltà, luogo di guerre e pace, dove l’uomo sa che l’uomo è il nemico, dove dalla notte dei tempi, la bassezza umana si sposa con i più alti voli pindarici, dove le muse dell’arte, della musica, della danza, della tragedia poetica supportano il povero essere umano nella grande sfida di arrivare a domani, Dionisio è il grande accompagnatore dell’uomo sconfitto, non Bill Gates.
Come non essere pessimisti proprio qui nel Mediterraneo, dove la vita marina e costiera è in declino permanente, dove si va ancora cercando petrolio, dove si distruggono magnifici paesaggi per costruire orrendi luoghi di turismo di massa?
Come non essere pessimisti, se il Mediterraneo è diventato il più grande orribile cimitero umano? Dove schifosi interessi politici compiono una strage di innocenti ogni giorno, ogni volta che affonda una barca o un gommone. Che immane tragedia, morire a due passi dell’agognata meta, in mezzo alla bellezza eterna di questo mare…
Questi sentimenti così opposti, tra tragedia e bellezza, sono però la natura stessa del mondo in cui viviamo. Il difficile è accettarli insieme. Così, non è detto che il pessimismo debba fare terra bruciata nei nostri cuori. Abbiamo altri legami con la vita che ci circonda, che possono rendere più leggero il peso della consapevolezza del destino finale dell’uomo.
Se la razionalità ci dipinge un quadro cupo, il mistero è sempre vicino che ci può tuttora meravigliare. Le emozioni che ci da la natura, il calore degli affetti, il richiamo della memoria, l’ebrezza di un amore, la meraviglia di sentirsi vivi, sono tutte forze con le quali possiamo continuare a camminare lungo i sentieri tortuosi della vita.
Allora, se è vero che è troppo tardi, non per questo ci si deve lasciare andare a un fatalismo distruttore. Non per questo si deve diventare cinici, menefreghisti, nichilisti. Ne va della nostra dignità. La dignità di essere umani. Rispettosi, attenti, accoglienti, altruisti, disinteressati, umili. La dignità di ascoltare, accompagnare, supportare, dare, ricevere. Tendere la mano per aiutare e per essere aiutati.
Ci può ancora essere un indomani diverso. Possiamo divorziare dall’andazzo suicidio, dal conformismo complice, dal rafforzamento dello status quo dominante. Possiamo liberarci dal pensiero unico, dalle leggi miserabili che reggono le sorti del mondo. Possiamo girare le spalle al mito dei vincenti, dei più forti, degli efficienti. La storia ormai ha evidenziato il loro fallimento, anche se loro non se ne rendono conto, né mai si risveglieranno.
Ma noi, sì! Noi possiamo risvegliarci.
Raccogliamo le nostre forze intime, attingiamo nel nostro profondo interiore alle fonti della meraviglia, del mistero, della curiosità. Impariamo a guardare tutte le sfumature, a sentire i più piccoli sussurri, a indovinare la luce che nasce. Diventiamo più attenti a tutti i messaggi della natura e della vita. Mettiamo al bando il bisogno di dare spiegazioni a tutti i fenomeni, di costruire certezze, di mettere la vita in scatole.
Siamo arrivati ad un incrocio. Da una parte si può continuare ad insistere con una visione vorace, distruttiva, assassina dell’esistenza, dall’altra ci si può incamminare verso una presenza più dolce e leggera sulla Terra.
Questa visione dolce comprende in sé un approccio con gli altri, con la natura, con l’attività umana basato sulla nonviolenza e sulla ricerca della pace. Fedeli compagne di viaggio saranno l’estetica, l’ecologia, l’etica. Saranno compagne anche la creatività, la sincerità, la spontaneità. Si sarà consapevoli di ogni passo compiuto, provando di fare il meno male possibile lungo il cammino. Ogni tanto, ci si fermerà per guardare dove si è arrivati, e indietro per misurare il viaggio percorso, e per assicurarsi di non essere tornato sul cammino sbagliato.
Per assurdo, è forse giunto il momento storico per l’umanità, allorché ha probabilmente compromesso la propria sopravvivenza sul pianeta, di spogliarsi di tutte le sue forme di arroganza e ignoranza, e di abbozzare una via di uscita degna e nobile.
E come canta Brel: « Être désespéré, mais avec élégance »…