La riforma istituzionale al vaglio del Parlamento, in questo momento in discussione alla Camera dei Deputati, annovera tra i vari provvedimenti discendenti dalla modifica delle funzioni del Senato anche una riscrittura dell’articolo 78 della nostra Costituzione. Tale articolo afferma che “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari” (Art. 78). Una configurazione che era stata pensata dai padri costituenti come atto e passo grave che derogasse solo temporaneamente dal principio di ripudio della guerra sancito dall’articolo 11, articolo facente parte dei principi fondamentali della Carta. Il potere di attivare lo stato di guerra spettante al Parlamento si configura quindi come atto politico per eccellenza e presuppone un giudizio di necessità circa l’instaurazione del regime giuridico di eccezionalità.
La modifica in discussione attualmente prevede invece che tale dichiarazione di guerra sia in capo a un solo ramo del Parlamento: una situazione che, combinata con la nuova legge elettorale che prevede un alto premio di maggioranza, configura la possibilità che un singolo partito – in minoranza nel Paese e nell’elettorato ma avente la maggioranza in Parlamento grazie alla legge elettorale – possa prendere tale decisione. Le associazioni delle nostre Reti per la pace e il disarmo esprimono perciò una chiara preoccupazione per questa possibilità e, soprattutto, per la leggerezza con cui si sta intervenendo su un tema alquanto delicato. Riteniamo pericoloso e poco responsabile che si intervenga sull’articolo 78 della Costituzione, che rappresenta come detto una deroga eccezionale a principi ben più fondanti delle nostre istituzioni repubblicane, solo come conseguenza automatica e quasi “tecnica” di una decisione sull’assetto parlamentare.
A nostro parere sarebbe invece opportuno aprire un dibattito più ampio sulla questione per trovare delle modifiche, ovviamente necessarie mutando la natura del Senato, più in linea con lo spirito e i contenuti voluti dalle madri e dei padri costituenti. Non riteniamo accettabile che, per fare un esempio, sia più semplice raggiungere la maggioranza utile a dichiarare guerra rispetto a quella necessaria per l’elezione del Presidente della Repubblica. Entrambi sono momenti dalla natura enormemente importante (oseremmo dire “grave”) nella vita politica del nostro Paese e non si comprende la disparità che ne risulterebbe nell’affrontarli. Non è nostra intenzione sostenere che la modifica proposta dal Governo sia intesa ad avere più facile accesso ad una eventuale dichiarazione di guerra. Non crediamo che sia quello l’obiettivo, ma comunque sottolineiamo con preoccupazione una discussione che, su un tema così importante, ci appare quantomeno superficiale.
Segnaliamo che alcune delle nostre realtà stanno rilanciando un Appello che intende sostenere un emendamento sulla questione presentato da un largo numero di Deputati afferenti all’intergruppo dei “Parlamentari per la Pace”. Una proposta emendativa che punta quantomeno ad innalzare il “quorum” di voti richiesto per una Dichiarazione di guerra. Questo sostegno di singole personalità ed associazioni ha solo lo scopo di indicare una possibile soluzione migliorativa del testo presentato dal Governo già sul tavolo nella discussione parlamentare. La nostra richiesta principale e, di fondo, rimane soprattutto quella di uno stralcio di qualsiasi provvedimento che preveda la modifca dell’articolo 78 della Costituzione e l’apertura di un ampio dibattito nell’opinione pubblica e nella politica sugli indirizzi fondamentali che la nostra Repubblica deve avere su una questione così decisiva e fondamentale per le sorti del nostro Paese come quella della scelta tra Pace e guerra.
Le nostre reti e le nostre organizzazioni sono ampiamente a disposizione per un confronto di questa natura.
Rete della Pace – Sbilanciamoci – Rete Italiana per il Disarmo
(leggi anche l’appello di alcuni intellettuali)
(foto di Antonella Iovino)