La Camera dei Deputati discuterà oggi pomeriggio la questione delle “armi letali completamente autonome”, i cosiddetti “Killer Robots”. Dopo la presentazione di un primo testo, lo scorso maggio, da parte dell’Onorevole Stefano Quintarelli sono infatti cinque le mozioni presentate al dibattito in aula su questo tema (Carrozza-Cicchitto per la maggioranza; Frusone, Duranti-Marcon e Picchi per i gruppi di minoranza).
La questione dello sviluppo di armi completamente autonome è rilevante ed è da qualche tempo entrata, grazie alla pressione della società civile internazionale, nel dibattito alle Nazioni Unite in particolare in seno alla Convention on Certain Conventional Weapons (CCW). Molti sistemi d’arma autonomi con diversi gradi di controllo umano sono già in uso oggi da parte di eserciti che hanno sviluppato alte tecnologie come ad esempio quelli di USA, Cina, Israele, Corea del Sud, Russia e Regno Unito. La preoccupazione è che l’abbassamento dei costi di alcune componenti e il progresso marcato nell’intelligenza artificiale possano rendere più semplice progettare sistemi d’arma in grado di scegliere un obiettivo ed attaccarlo senza alcun rilevante controllo umano. Se questa tendenza dovesse continuare l’intervento umano uscirà progressivamente da qualsiasi ciclo decisionale: prima solo supervisione e controllo e poi nemmeno quello. Recentemente anche molti imprenditori ed esperti di Intelligenza Artificiale di fama mondiale hanno espresso gravi preoccupazioni in merito agli sviluppi in tal senso, ormai dietro l’angolo.
Nello scorso mese di Novembre, all’interno dei lavori della CCW, per la prima volta un Gruppo di Esperti Governativi (GGE) si è riunito a Ginevra per discutere approfonditamente di “Killer Robots” (è comunque la quarta volta che gli Stati si ritrovano a dibattere sul tema, dal 2014). “Per evitare che in futuro delle macchine possano selezionare ed attaccare obiettivi senza alcun intervento umano gli Stati dovrebbero tracciare una linea insormontabile nei confronti dell’inserimento di forme di autonomia incontrollata nei sistemi d’arma – ha dichiarato all’apertura dei lavori del GGE la Premio Nobel per la Pace 1997 Jody Williams, co-fondatrice della ‘Campaign to Stop Killer Robots’ – se solo avessero una volontà politica adeguata gli stati potrebbero negoziare un Trattato di messa al bando nel giro di due anni”. Fin dalla sua nascita la Campagna “Stop Killer Robots” (una coalizione globale fondata nell’Ottobre 2012 di cui anche la Rete Italiana per il Disarmo fa parte) ha chiesto ai Governi di tutto il mondo di definire rigorosamente i limiti delle procedure di decisione autonoma nei sistemi d’arma aderendo all’idea di una messa al bando di quelle “letali e completamente autonome”. Anche gli esperti della Campagna hanno potuto partecipare all’incontro del GGE in sede ONU fornendo indicazioni di natura tecnologica, legale ed etica sottolineando in particolare che in tutto il dibattito mancano quasi integralmente considerazioni sull’impatto di questi sistemi sui diritti umani. “Per noi è una linea morale e chiara che non può essere superata – afferma la coordinatrice della Campagna internazionale Mary Wareham – Non sappiamo infatti quali saranno le capacità delle future tecnologie, ma ci sono forti motivazioni che ci spingono a credere che armi completamente autonome non potranno mai replicare le caratteristiche intrinsecamente umane necessarie, anche nella guerra, per poter rispettare i principi fondamentali delle norme internazionali sui diritti umani”.
I lavori del Gruppo di Esperti Governativi si sono conclusi con la decisione dei 91 Stati della CCW (tra cui l’Italia) di continuare nel 2018 riunioni e deliberazioni formali sul tema. Un risultato accolto favorevolmente dalla Campagna Stop Killer Robots che però ha criticato la mancanza di “ambizione positiva” da parte dei Governi di affrontare in maniera più concreta e definitiva le crescenti preoccupazioni a riguardo di questo tipo di sistemi d’armamento. In pratica nessun Paese ha chiesto che si facesse in passo in avanti rispetto al mandato già in vigore per l’anno in corso. La richiesta della società civile internazionale è invece che si prenda una decisione chiara per far partire negoziati formali per uno strumento legale internazionale vincolante da ottenersi entro il 2019. Ad oggi 22 Stati hanno dichiarato di essere favorevoli ad una norma internazionale di questo tipo (gli ultimi ad esprimersi in tal senso sono stati Brasile, Iraq e Uganda, mentre in precedenza anche il Vaticano si era espresso in tal senso). “Purtroppo l’Italia non è ancora in tale lista positiva – commenta Francesco Vignarca coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo – ed è per questo molto importante che il Parlamento stia iniziano ad interessarsi della questione. Ringraziamo quindi l’Onorevole Quintarelli che per primo ha presentato un documento in tal senso e tutti gli altri Deputati che hanno deciso di sostenere mozioni che chiedano un forte ruolo dell’Italia in futuri negoziati verso una messa al bando o una moratoria”.
L’Italia potrebbe davvero svolgere un ruolo positivo e di leadership in questo processo: “Occorre scrivere nelle norme internazionali che il controllo umano sui sistemi d’arma deve esser garantito – conclude Mary Wareham – e in questo senso la Campagna Stop Killer Robots fa appello al Governo Italiano affinché aggiunga agli altri 22 Paesi che hanno già espresso il loro favore ad una messa al bando preventiva delle armi letali completamente autonome. E’ ora di mettersi al lavoro, partendo già da ora con i negoziati”.
Il dibattito di oggi alla Camera dei Deputati è in questo senso un passo positivo “Siamo contenti che la maggior parte delle mozioni vadano nella direzione da noi auspicata, anche se alcune con impegni al Governo un po’ troppo generici e poco stringenti – conclude Francesco Vignarca – mentre riteniamo inaccettabile che in uno dei testi si richieda all’esecutivo di favorire una partecipazione dell’industria militare italiana a questo tipo di produzioni qualora non siano messe al bando. La necessità di un controllo umano delle armi (e i pericoli che una mancanza comporterebbe per il rispetto dei diritti umani) non può essere sacrificata sull’altare di presunti vantaggi economici e di fatturato”.
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