In occasione dello scorso 15 dicembre, giornata internazionale dell’obiezione di coscienza al servizio militare, la Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile (CNESC) ha organizzato un seminario sul contributo della società civile organizzata alla costruzione della pace e alla difesa della Patria.
Il mio apporto – come membro del Movimento nonviolento – è stato quello di illustrare la situazione dell’obiezione di coscienza in Europa.
Ho quindi basato la mia relazione sui dati forniti dal Beoc (Bureau europeo per l’obiezione di coscienza) nel proprio rapporto annuale per il 2015 e di cui ho avuto il privilegio di seguire l’elaborazione.
Quel che occorre rilevare con amarezza e fin da subito è che il diritto all’obiezione di coscienza al servizi militare – riconducibile alla libertà di pensiero, coscienza e religione – viene quotidianamente violato in diversi Paesi d’Europa.
Basti pensare che in 16 Paesi su 47 facenti parte del Consiglio d’Europa è ancora in vigore la coscrizione obbligatoria, e in particolare Azerbaijan e Turchia non prevedono in nessun caso la possibilità di svolgere un servizio alternativo a quello militare.
Non solo, si devono anche rilevare dei recenti passi in direzione contraria: Ucraina e Lituania, dopo aver abolito la coscrizione obbligatoria da qualche anno, hanno deciso di reintrodurla quasi immediatamente, sollecitate dalle tensioni belliche in tale area geografica.
Inoltre, il servizio civile ha spesso una natura punitiva in termini di durata, durando più mesi rispetto al servizio militare. In termini di rapporto temporale tra i due servizi, il caso estremo è la Finlandia: il servizio alternativo dura il doppio di quello militare, rispettivamente 11 mesi e mezzo e 5 mesi e mezzo. Anche se, in termini assoluti, non si può non riportare che in Armenia è previsto un servizio militare di 24 mesi ed un servizio alternativo di ben 42 mesi di durata.
Un altro dato che ci illustra le difficoltà che incontrano gli obiettori di coscienza è il fatto che la possibilità di svolgere un servizio alternativo non è estesa a tutti coloro che ne facciano richiesta, ma spesso si tratta di una possibilità accordata solo a chi obietta per motivazioni di natura religiosa e non agli obiettori pacifisti ed anarchici. Per esempio questo accade in Grecia ed Ucraina.
Mi ritrovo ad aver nominato già due volte l’Ucraina, questo perché il degenerare della situazione e gli eventi bellici avvenuti in questi ultimi anni hanno avuto una forte ripercussione sugli obiettori di coscienza del Paese. Infatti, non solo è stata reintrodotta la coscrizione obbligatoria, ma fonti vicine al Beoc riportano come si assista una vera e propria caccia al disertore: funzionari pubblici svolgono irruzioni in luoghi pubblici (come piazze e centri commerciali affollati) per verificare se i presenti sono in regola con il servizio militare ed arrestare gli eventuali disertori.
Fortunatamente si rileva un precedente giuridico positivo: l’Alta Corte ucraina ha affermato che il diritto all’obiezione di coscienza debba essere riconosciuto sia in caso di agitazioni civili sia in tempo di guerra, decisione presa dopo che l’obiettore Testimone di Geova Vitaliy Shalaiko è stato arrestato con l’accusa di aver disertato il servizio militare.
L’insieme delle informazioni qui riportate porta a ribadire che l’obiezione di coscienza al servizio militare non è ancora un diritto pienamente attuato all’interno dei confini europei, nonostante sia normativamente riconosciuto da Consiglio d’Europa, Unione Europea e Nazioni Unite.
Quindi, l’attività di pressione sui governi e sulle istituzioni europee ed internazionali non può certo dirsi conclusa, anche alla vigilia del centenario della prima legge mondiale sull’obiezione di coscienza, approvata dal Regno Unito il 27 gennaio 1916 (Military Act).