“I paesi che continuano a lanciare booste, campagne di terze dosi, stanno effettivamente impedendo ad altri Paesi di vaccinare le loro popolazioni più a rischio. L’offerta è limitata. Alla fine, questo è un gioco a somma zero”. Il 13 ottobre 2021, il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha lanciato da Ginevra l’ennesimo appello ai paesi ricchi ad alzare lo sguardo oltre il proprio esasperato nazionalismo vaccinale, nel quale – come in un gioco globale – a fronte di quelli che apparentemente vincono (pochi) c’è il corrispettivo di quelli che effettivamente perdono (molti): la somma +1 – 1 dà appunto 0. Nel fare queste affermazioni il direttore dell’OMS stava citando la Teoria dei giochi, proposta già negli anni ‘40 del secolo scorso dal matematico John von Neumann e dall’economista Oskar Morgerstern nel libro Theory of Games and Economic Behavior (1944) e ripresa dal matematico ed economista John Nash, premio Nobel nel 1994, la cui vicenda biografica è narrata anche nel film A beautiful mind.
Come esempio di gioco a somma zero citiamo la situazione descritta nel celebre “dilemma del prigioniero”: l’immagine paradigmatica di partenza è quella di due persone considerate colpevoli di un grave crimine, interrogati separatamente da un poliziotto, che cerca di avere da loro prove sicure. Per ottenere queste prove il poliziotto dice ai due prigionieri che, se entrambi confessano, saranno condannati ma con uno sconto di pena grazie alla loro confessione; se uno solo confessa questo sarà liberato, ma l’altro sarà punito con una pena molto grave; infine, se nessuno confessa, non possono essere incolpati e ritroveranno ambedue la libertà. Ciascuno dei due prigionieri è costretto a decidere la propria risposta isolatamente, senza poter conoscere in anticipo la risposta dell’altro… Così commenta questo dilemma il sociologo Alberto L’Abate nel suo Per un futuro senza guerre (2008): “Se i prigionieri pensano solo al proprio interesse particolare, la soluzione più valida per loro è quella di tradire, così si premuniscono contro la pena massima. Ma se avessero scelto invece ambedue l’opzione per la cooperazione, o confessando tutti e due o tacendo, essi avrebbero ricevuto una pena leggera o addirittura la libertà. Questo dilemma sottolinea come l’opzione cosiddetta razionale (per il proprio esclusivo interesse) porta alla scelta di una strategia che è in definitiva la meno favorevole”
Questa è la situazione alla quale allude il direttore dell’OMS, dopo aver più volte nei mesi passati invocato il principio di cooperazione globale per un’equa e solidale distribuzione dei vaccini (come abbiamo documentato e commentato qui e qui). Pensare di sconfiggere una pandemia insistendo nella massiccia vaccinazione a tappeto delle sole poche popolazioni ricche del pianeta – anche con più dosi ed anche per chi il beneficio è più controverso (i più giovani ed i guariti da covid-19, per esempio) – lascia di fatto senza vaccini molte delle popolazioni più povere del globo (come documentato anche dalla trasmissione Presa Diretta di Riccardo Iacona su La fabbrica dei vaccini dell’11 ottobre 2021): ossia un’apparente scelta razionale si rivela la meno favorevole per tutti, non solo perché lascia senza protezione la stragrande maggioranza dell’umanità, comprese le fasce d’età più a rischio (somma zero), ma perché da quelle aree scoperte e indifese continuano a svilupparsi varianti capaci di aggirare le protezioni dei paesi ricchi (dopo la “variante Delta”, “la variante MU, altamente resistente agli anticorpi”). I quali, per difendere se stessi, continuano ad aumentare le proprie dosi in un gioco, infine, a somma negativa. Ossia nel quale perdono tutti, tranne le case farmaceutiche produttrici dei vaccini, che – invece – stanno portando alle stelle i propri guadagni, come denunciano Oxfam ed Emergency.
E’ ovvio che se i governi occidentali – a cominciare da quello italiano – fossero capaci di alzare lo sguardo da una visione strettamente nazionalistica ad una visione complessa fondata sulla cooperazione globale – come invita a fare anche Edgar Morin – la caccia agli ormai pochi non vaccinati interni e il conflitto in corso nel nostro Paese con l’inserimento del famigerato green pass, tra diritto al lavoro e diritto alla non vaccinazione, si alleggerirebbero della carica emotiva e politica della quale sono stati ammantati, da una pare e dell’altra, nella logica del perseguimento di un obbiettivo sovra-ordinato e comune a tutti: la sconfitta globale dell’epidemia. Alla quale, anche chi rifiuta i vaccini a casa nostra e chiede i tamponi gratuiti, liberando così preziose dosi di vaccino a beneficio di chi non può vaccinarsi in paesi in cui c’è un enorme bisogno, attraverso le donazioni al programma Covax dell’OMS, può dare – in questo momento ed anche suo malgrado – un contributo all’eradicazione globale della pandemia. Ossia partecipare ad un gioco a somma positiva, quello in cui – alla fine – vincono/vinciamo tutti. Fuoriuscendo finalmente da questa logica di guerra, interna ed internazionale, alla quale in verità rimandava già la decisione di nominare un generale alla guida della campagna vaccinale