Daniele ha scritto due articoli per questa rubrica pochi giorni prima di morire. Il primo è Caro iodiario, sulle sue vacanze al mare, l’altro lo pubblichiamo oggi. Si chiude con un invito a proseguire nella lettura, cioè poi nella ricerca e nell’impegno. Parla a ciascuno di noi.
La Nato, già data morente, conosce un momento di grande sviluppo ed eccezionale attrattiva. Putin ne è, con l’aggressione all’Ucraina, il più efficace propagandista. Stati fin qui neutrali aderiscono. Propensioni in tal senso sono presenti pure in Svizzera. Un ex ambasciatore, e autorevole analista, ne propone invece lo scioglimento. È una voce isolata. Il tema, come quello dell’uscita, è da tempo assente dal dibattito pubblico. Cerca di proporlo negli anni ’50 e ‘60, in modo argomentato e senza alcuna indulgenza nei confronti dell’Unione sovietica, Ernesto Rossi. I motivi per una riflessione ci sono tutti.
Sul Corriere della Sera dell’8 maggio Sergio Romano riporta, con apprezzamento, un brano di un saggio di Giovanni Buccianti: “Di fronte alle genuflessioni e alle attenzioni servili riservate a Zelensky nei vari Paesi, mi chiedo come sia possibile che nessuno abbia ancora coraggiosamente provato a ricordare che in seguito all’implosione dell’Urss (e non alla vittoria degli Usa nella Guerra Fredda) la Nato prese a svolgere una costosa campagna acquisti di tanti Paesi portandoli tutti a giocare contro la Russia e arrivando al confini del suo territorio. Possibile che nessuno abbia ancora detto che così facendo si stava favorendo lo scoppio della Terza guerra mondiale?”.
Romano ricorda un momento fondamentale, un atto del 1997 nel quale è “scritto che ’Nato e Russia non si considerano nemiche’, e ‘intendono sviluppare una collaborazione forte, stabile e duratura… lavorare insieme per contribuire a instaurare in Europa una sicurezza comune e globale’ sulla base di principi e scopi comuni: democrazia, pluralismo, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, rinuncia all’uso della forza, trasparenza reciproca per quanto riguarda la politica di difesa e le dottrine militari, prevenzione del conflitti con mezzi pacifici, in conformità con i principi dell’Onu, appoggio a operazioni di peace-keeping condotte sotto l’autorità del Consiglio di sicurezza o sotto la responsabilità dell’Ocse”.
L’articolo sul Corriere conclude: “L’Alleanza atlantica ha avuto una parte utile e rispettabile. Ma la guerra fredda è finita, il comunismo è sepolto, gli Stati Uniti hanno avuto un presidente come Trump e sarebbe giunto il momento di fare a meno di un’istituzione, la Nato, che ha ormai perduto le ragioni della sua esistenza”.
Il saggio di Buccianti, che ben conosce Romano e ne ha stima, ha titolo e sottotitolo eloquenti: “Dalla cortina di ferro alla cortina delle provocazioni. Come l’Ucraina fu scelta dagli USA e dalla NATO per provocare la Russia”.
Si può aggiungere che, nel buon clima del 1997, nasce il partenariato della NATO. Ne fanno parte Albania, Armenia, Austria, Azerbaigian, Bielorussia, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Georgia, Ungheria, Irlanda, Kazakistan, Repubblica del Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldavia, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Repubblica ex jugoslava di Macedonia*, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan. Inoltre si sviluppano relazioni speciali con la Russia e l’Ucraina con la Carta su un Partenariato specifico, intensificate nel 2002 con la creazione del Consiglio Nato-Russia, in cui gli alleati e la Russia stessa si riuniscono su base paritaria. Una pubblicazione ufficiale della Nato, “La sicurezza attraverso il, partenariato”, consente di ripercorrere l’intera vicenda.
Ernesto Rossi non è per principio contrario all’alleanza con gli Usa. Ritiene prioritaria la costituzione degli Stati Uniti d’Europa, per un rapporto tra pari e non tra una grande potenza e satelliti irrilevanti. Ma si è perso il momento per l’Europa federale. Scrive, prefazione ad “Aria fritta” del 1956: “E ormai è troppo tardi. Ormai quella che nell’immediato dopoguerra, era la lava fluida delle strutture politiche ed economiche, si è riconsolidata nei vecchi stampi degli stati nazionali. Soltanto una nuova guerra potrebbe rimetterla in movimento”. E certo non l’auspica Rossi, che tiene il migliore intervento alla Rocca al termine della Perugia-Assisi del 1961. Su
“Il Ponte”, aprile 1964, scrive ancora: “l’attuale governo di centrosinistra dovrebbe chiedere senz’altro l’allontanamento di tutte le armi atomiche dal territorio nazionale e dalle nostre acque territoriali; dovrebbe opporre un netto rifiuto alla forza multilaterale e dovrebbe prepararsi ad uscire dall’Alleanza Atlantica nel 1969, termine del periodo ventennale al quale siamo impegnati, per poter dichiarare subito dopo la neutralità”. Sa che anche questo non coprirebbe dal rischio di essere coinvolti in una nuova guerra, ma almeno “non sarebbe un ombrello di sole stecche per attirare i fulmini, com’è oggi, per noi, l’ombrello atomico americano”.
La scadenza ventennale giunge senza nessuna rilevante eccezione. Grandi movimenti studenteschi e operai l’ignorano del tutto. Anche poi nessuna voce critica, se non quella di sparute minoranze e singole persone, ne richiede scioglimento o uscita. Anche il P.C.I. passa dall’opposizione iniziale all’accettazione negli anni ’70.
Una newsletter di “Costituente terra” del 24 maggio non si limita a mormorare come già il Piave ma decisamente afferma “la guerra comprata”. Si ricordano le speranze del 1997, ma già dall’anno prima le industrie delle armi e neoconservatori negli USA investono per l’espansione dell’Alleanza fino ai confini della Russia. Interessano i “nuovi Paesi, e poterli in seguito rifornire di tutte le armi necessarie, come poi è avvenuto con la guerra in Ucraina, finanziata finora con oltre 100 miliardi di dollari di armamenti”. Questo risulta da un documento di ex diplomatici e ambasciatori, consiglieri della Sicurezza Nazionale, esponenti delle Forze Armate e analisti americani, uscito il 16 maggio sul “New York Times”.
Nella stessa nota – le newsletter di Costituente Terra meritano sempre attenzione – segnala pure un articolo del nostro Enrico Peyretti, “Le guerre sono due”, sempre essenziale e preciso. Vorrei ritrovare ancora i suoi scritti sul sito di Azione nonviolenta, ma fa già così tanto! Secondo lui “si può leggere lo svizzero Daniele Ganser, Le guerre illegali della Nato (Fazi): tredici guerre”.
Carlo Rovelli, in Prefazione, scrive: “Penso che questo sia un libro che tutti dovrebbero leggere, o almeno dovrebbero conoscere quello che mostra con semplicità e chiarezza”. È un buon incoraggiamento a proseguire nella lettura iniziata di un testo, che non pare influenzato da una propensione al “complottismo” mostrata dall’autore in altri ambiti.