Dopo la seconda guerra mondiale si sono continuati a riempire gli arsenali: dunque gli armamenti oggi stanno distruggendo l’umanità. E non c’è differenza, per le vittime (se non per le potenziali dimensioni della distruttività), tra armi improprie, armi convenzionali e armi atomiche, delle quali oggi si torna a minacciare il folle e apocalittico utilizzo. Un rudimentale camion-bomba ha fatto più morti ad Aleppo tra i profughi della Siria, che la cosiddetta super-bomba lanciata in Afghanistan sui tunnel dell’Isis.
Il tragico elenco di guerre, conflitti, attentati, violenze, è ogni giorno più lungo: Siria, Libia, Yemen, Turchia, Afghanistan, Iraq, Pakistan, Indonesia, Somalia, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Corea del Nord, e poi nel cuore dell’Europa e nel fondo del Mediterraneo. La catena intrecciata di guerra che è terrorismo e di terrorismo che è guerra deve essere spezzata. Ma come?
Non è più sufficiente indignarsi, stigmatizzare, aborrire; sono fuori tempo massimo gli appelli ai governi, i cortei di protesta, le manifestazioni di condanna, che non hanno mai fermato nessuna guerra, né la “prima”, né la “seconda” e che – da soli – non fermeranno nemmeno i pezzi della terza guerra mondiale in atto. L’impegno solo reattivo dell’insieme delle persone e dei soggetti che vogliono la pace, ma si muovono quando i missili sono già partiti (per poi tornare ad occuparsi di contingenze considerate sempre più urgenti), dimostra debolezza e inefficacia. Un movimento pacifista che si fa dettare l’agenda dall’avversario è un movimento inadeguato, autoreferenziale, inconcludente, non all’altezza delle sfide del nostro tempo.
Dunque, torna l’eterna domanda: che fare?
Risponde Gandhi: “Il genere umano può liberarsi dalla violenza, soltanto ricorrendo alla nonviolenza”. Non abbiamo altra strada che quella di organizzare la nonviolenza nel nostro Paese come nei luoghi colpiti dalla violenza bellica. La nonviolenza è l’opposizione integrale alla guerra, alla sua preparazione ed agli strumenti che la rendono possibile ed è la parallela costruzione delle alternative civili per intervenire nei conflitti.
Noi ci stiamo provando anche con la Campagna “Un’altra difesa è possibile“, una proposta concreta, culturale, politica, legislativa, finanziaria, valida anche come sollecitazione all’Europa a varare i Corpi Civili di Pace, strumenti di una politica estera pacificatrice.
E’ fondamentale dunque l’impiego delle poche energie che abbiamo per formare gruppi locali di pensiero e azione nonviolenta, Centri nonviolenti che agiscano quotidianamente sul territorio con coerenza, continuità e convinzione nella nonviolenza.
E’ importante anche sostenere finanziariamente la nonviolenza organizzata: tutti possono versare 1 euro al giorno (o 50 centesimi, 20, 10, 5, 1) per ogni giorno di guerra, come alternativa alle spese per le armi: i fondi così raccolti saranno utilizzati per specifiche campagne, iniziative, azioni nonviolente pubbliche. Un euro al giorno toglie la guerra di torno *.
Ciascuno può impegnarsi ovunque si trovi – a scuola, all’università, al lavoro, tra gli amici, nei partiti, nei sindacati – per organizzare un gruppo di resistenti alla guerra, per raccogliere fondi, per realizzare un’azione pubblica.
Non facciamoci prendere dall’angoscia della presunta impotenza. Ognuno di noi può fare la differenza. Non c’è bisogno di azioni “straordinarie” per mettersi in cammino. E’ già in noi, qui ed ora, la forza per opporci alla guerra con la nonviolenza. Ad ognuno di fare qualcosa.
Movimento Nonviolento
www.azionenonviolenta.it
* Raccogliere fondi come impegno personale o collettivo, e versare sul c/c postale
- 18745455 intestato a Movimento Nonviolento, via Spagna 8 – 37123 Verona,
o bonifico su IBAN: IT35 U 07601 11700 0000 18745455 con causale:
“Un euro al giorno toglie la guerra di torno”.
Verrà dato conto pubblicamente dell’utilizzo.
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