• 3 Luglio 2024 9:45

La talpa spunta improvvisa

DiDaniele Lugli

Dic 20, 2020

È stato lui a dirmi che il motto che conosco in Marx, ripreso da Lenin, viene da Shakespeare, attraverso Hegel. È stato lui a dirmi dell’importanza di Hegel. “Tutto quello che si è fatto dopo consiste nell’aggiunta di una pagina sensata alle sue molte. In particolare quella a due mani da Horkheimer e Adorno”. Io pensavo che “L’intero è il falso” detto dall’amato Adorno liquidasse “Il vero è l’intero” di Hegel e tutto il “Was vernünftig ist, das ist wirklich; und was wirklich ist, das ist vernünftig”, “Ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale”. Una santificazione di un esistente che non merita di esistere! Il mio implacabile amico mi ha chiesto di riflettere su cosa significhino in Hegel razionale e reale. L’ho fatto con la sua guida, che molto mi manca.

La talpa si diceva. Alla fine del primo atto la voce dello spettro del padre ingiunge ad Amleto e ai suoi amici di giurare vendetta sulla spada “Swear by his sword”. Si è molto spostato, anche se non si vede, dal luogo dove è apparso e scomparso. Perciò Amleto dice “Well said, old mole! Canst work i’ th’ earth so fast? A worthy pioneer!” e “Ben detto, vecchia talpa. Come fai a lavorare sottoterra così svelto? Che degno minatore”. Ai congiuranti, che hanno udito il messaggio, spetta adempiere. Dopo di allora la vecchia talpa non è stata più così esplicita.

Abbiamo visto il testo originale in inglese. Schlegel traduce “Brav alter Maulwurf ! Wühlst so hurtig fort!”: “Brava vecchia talpa! Scava così velocemente!”. Hegel preferisce “Brav gearbeitet, wackerer Maulwurf”: “Ben lavorato, coraggiosa talpa!”. È, qui mi aiuta Remo Bodei, “la ‘talpa’ dello ‘spirito’, che trasforma e scalza inconsciamente le fondamenta dell’epoca stessa mediante un lavorio cieco, ma istintivamente rivolto a un fine sconosciuto ai contemporanei”. Ci sarebbe da indagare il rapporto della talpa con la civetta, “tra la filosofia, che sembra vedere e non fare, e il movimento storico, che sembra fare e non vedere”. Lo fa Bodei in “La civetta e la talpa. Sistema ed epoca in Hegel”. “La talpa della storia continua, come sempre, a scavare in profondità e in direzioni imprevedibili le sue gallerie, da cui emergerà non si sa quando e non si sa dove”. Certo “è solo dal punto di vista della talpa che noi, per servirci delle parole di Valéry, entrons dans l’avenir à reculons”. Anche se Daniel Bensaïd conclude “Désir ou besoin de révolution?” – si trova online – affermando “La taupe est un animal prophétique. Vediamo solo i mucchietti di terra che ci dicono del suo lavorio. Non altro.

Brav gewühlt, alter Maulwurf !” “Ben scavato, vecchia talpa!” ritraduce Marx. È lo scavo profondo della rivoluzione. Napoleone “il piccolo” ha preso il potere nel dicembre del 1851. Ogni ipotesi rivoluzionaria è sconfitta. Eppure in un instant book, “Il Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte”, Marx scrive: “Ma la rivoluzione va fino al fondo delle cose… E quando la rivoluzione avrà condotto a termine… il suo lavoro preparatorio, l’Europa balzerà dal suo seggio e griderà: Ben scavato, vecchia talpa!”. Lo ribadisce nel discorso per l’anniversario del People’s paper, aprile 1856. “Nei segni che confondono la borghesia e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione. La storia è il giudice e il proletariato il suo esecutore”. Robin Goodfellow è Puck del “Sogno di una notte di mezza estate”. Siamo di nuovo con Shakespeare. Torna pure il fantasma del re assassinato dell’Amleto: “Uno spettro si aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo”. Lo riprende e commenta Lenin in “Stato e rivoluzione” nel maggio del 1918, quando la vecchia talpa sembra essersi manifestata.

Sospettiamo che la vecchia talpa di Marx sia morta” scrivono Hardt e Negri, a pagina 68 di “Impero”, e “i cunicoli strutturati dalla talpa sostituiti dalle infinite ondulazioni del serpente”. Anche Deleuze la penserebbe così. A me piace ricordare Toni Negri com’era quando l’ho conosciuto, in un passaggio a Ferrara nei primi anni Sessanta. È coetaneo dell’amico che mi manca. Mi colpirono intelligenza, vivacità, innovazione politica. Non gli sono mai mancate, ma il suo percorso non mi ha convinto. Che un lavorio sotterraneo ci sia, che qualcosa di inatteso ne spunti e ne possa spuntare mi pare avvenga e possa avvenire. Potrebbe avere l’aspetto (quale?) del magico Puck, capace di trasformare non solo sé stesso, o di Enrico la talpa, per strapparci un sorriso, o quello del bieco Uomo talpa, con il suo seguito di mostri, nemico dell’umanità, che non è detto possa contare, a propria difesa, sui Fantastici 4. Chiedo a Primo Levi. Con il male, che cova nel profondo dell’umanità, ha avuto un rapporto troppo vicino e molto ci ha riflettuto. Alla talpa ha dedicato una poesia e un’intervista. Questa, nel quarto volume delle opere che ho, è tra le “Pagine sparse” e segue “Il buco nero di Auschwitz”.

La poesia è questa “Vecchia talpa. Che c’è di strano? Il cielo non mi piaceva, Così ho scelto di vivere solo e al buio. Mi sono fatto mani buone a scavare, Concave, adunche, ma sensitive robuste. Ora navigo insonne Impercettibile sotto i prati, Dove non sento mai freddo né caldo Né vento pioggia giorno notte neve E dove gli occhi non mi servono più. Scavo e trovo radici succulente, Tuberi, legno fradicio, ife di funghi, E se un macigno mi ostruisce la via Lo aggiro, con fatica, ma senza fretta, Perché so sempre dove voglio andare. Trovo lombrichi, larve e salamandre, Una volta un tartufo, Altra volta una vipera, buona cena, E tesori sepolti da chissà chi- In altri tempi seguivo le femmine E quando ne sentivo una grattare Mi scavavo la via verso di lei: Ora non più; se capita, cambio strada. Ma a luna nuova mi prende il morbino, e allora qualche volta mi diverto A sbucare all’improvviso per spaventare i cani”. Nell’intervista il tono si addolcisce quando parla della signora talpa, “una brava ragazza. Bella: anche molto più giovane di me”. Questo permette al giornalista il titolo “Naso contro naso, un incontro d’amore, nel buio”. Da ragazzo spaventava i cani. I giovani maschi lo fanno: si gratta forte contro un sasso e quando il cane si avvicina si spunta e ci si rintana. “Avrebbe dovuto vedere come scavavano!”.

Sulle mura ci sono le talpe, ci sono i cani. Chissà. Magari a primavera.

 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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