• 4 Luglio 2024 16:59

La trasformazione degli eserciti, il fallimento di ogni guerra

DiDaniele Lugli

Lug 1, 2024

Preparando il Congresso del Movimento Nonviolento a Verona nel 2007, Daniele Lugli, allora Segretario nazionale del Movimento Nonviolento, è stato intervistato da Elena Buccoliero. Metteva a tema i nuclei del Congresso, rilevanti oggi come allora.

Il post del 17 giugno trattava di nonviolenza e politica, disarmo, diritti umani. In questi brani ricuciti in un unico articolo, Daniele si concentra sula trasformazione degli eserciti e sulla fiducia esorbitante che continuano a ricevere dall’opinione pubblica, insieme alle forze dell’ordine e ben più dei partiti o del Parlamento, a segnalare che i cittadini italiani non si fidano di se stessi – i propri rappresentanti – ma soltanto di coloro che possono comandarli e, insieme, difenderli. Una sorta di padre buono, si potrebbe dire. Che però agisce per la propria convenienza producendo vittime e traumi, nella parte avversa e tra i propri “figli”.

Il bisogno di uno sceriffo, di un uomo forte al comando è una tentazione di cui occorre diffidare sempre, ripeteva Daniele nei suoi incontri. E diffidare bisogna di coloro che la inducono trattando i cittadini come clienti o come sudditi, anziché far crescere la loro partecipazione competente e responsabile.

L’evidente trasformazione [delle forze armate, ndr] in eserciti di mestiere sostenuti da compagnie private mercenarie rende necessaria una maggior conoscenza. La sospensione della leva obbligatoria non è stata accompagnata da una riflessione adeguata. L’impegno crescente in missioni di pace variamente giustificate comporta un aumento delle spese nel bilancio della Difesa. È una tendenza criticata da una componente molto limitata dello schieramento politico e dell’opinione pubblica. Complessivamente l’istituzione esercito è la più apprezzata, non solo in Italia ma in tutta Europa, rispetto a tutte le altre istituzioni, mentre gli ultimi posti in classifica sono occupati da partiti, sindacati, Parlamento. È questa una realtà con la quale occorre fare i conti. Così non si può ignorare che dopo l’esercito vengono nella considerazione generale le Forze dell’Ordine, a riprova della sensazione generalizzata di insicurezza a cui accennavo prima. L’impopolarità degli strumenti tradizionali di democrazia completa il quadro.

La questione dell’esercito e del suo ruolo, del suo impatto sulla politica in generale, richiede di essere affrontata in una interlocuzione anche con quanti, dall’interno delle Forze Armate, si pongono in modo critico il problema dell’attuale loro ruolo. Le sporadiche occasioni in cui ciò è avvenuto hanno mostrato la fecondità di tale rapporto. Vi è un disagio nell’esercizio del mestiere delle armi che il miglior addestramento non riesce a superare. La comprovata incapacità della guerra a risolvere i problemi che vorrebbe affrontare ha certamente il suo peso e, per quanto sofisticati si facciano i sistemi d’arma impiegati, l’esperienza di guerra è profondamente traumatica non solo per le popolazioni civili colpite, ma per i guerrieri addestrati. Un segno può essere il fatto che [nel 2005, ndr] si è toccato il picco, negli ultimi ventisei anni, di suicidi tra i soldati statunitensi, e un terzo di quanti si sono tolti la vita l’hanno fatto mentre erano in servizio in Iraq o in Afghanistan.

Maggior conoscenza e vicinanza possono agevolare una presa di coscienza all’interno dell’esercito con conseguenze importanti, tanto più se si considera la partecipazione ad alleanze militari e la prospettiva di un esercito europeo.

I Corpi Civili di Pace costituiscono un terreno di forte impegno per strutturare esperienze differenti che mirano a questa prospettiva. È una prospettiva in cui vi sono molti elementi di integrazione a livello europeo ma che richiede un grande impegno anche a livello nazionale. Sottolineiamo la necessità di una preparazione adeguata, di chiari obiettivi e strumenti, e l’utilità di conoscere in modo approfondito logiche e modalità dell’intervento militare, laddove si operi in condizioni di compresenza.

[Infine, ci soffermiamo su Economia, Ecologia ed Energia, ndr]. Riportiamo l’attenzione su tre E fondamentali senza le quali le E più ripetute (economicità, efficienza, efficacia) non hanno alcun fondamento. Servono al più a ottimizzare i disastri sociali. Naturalmente ciascuno dei tre termini evocati presenta aspetti complessi, ed anche più complesso è il loro rapporto. Si è diffusa la consapevolezza della insopportabilità ecologica dei consumi energetici e del modello di sviluppo fondato sull’economia capitalistica. Pesa però in modo schiacciante il fallimento di modelli che richiamandosi al socialismo si sono pretesi alternativi, e si sono mostrati solamente una via particolarmente sanguinosa al capitalismo. C’è il problema complesso di una trasformazione e della capacità di vederne necessità e desiderabilità.

[Nei movimenti] ci sono esperienze e frequenti tentativi su temi sopra evocati, dal trattamento delle scorie radioattive, ai rifiuti, alla disponibilità dell’acqua, alla realizzazione di infrastrutture, come su temi più direttamente connessi al militare: allargamento di basi, presenza di bombe atomiche. Indicano una sensibilità presente, di stimolo alle forze politiche tradizionali e di pratica diretta.

A parte il necessario rifiuto di ogni forma di violenza, che dovrebbe essere ovvio dopo ripetute esperienze per qualsiasi essere ragionevole, occorre un’estrema attenzione nell’impiego dei mezzi di coinvolgimento della popolazione e nella formulazione e praticabilità delle proposte alternative. Forme di disobbedienza incivile possono attrarre l’attenzione dei mass media, non avvicinare la soluzione dei problemi. È alla luce dell’accresciuta o meno consapevolezza delle persone coinvolte, e della qualità del programma costruttivo che ne è scaturito, che cercheremo di analizzare le diverse esperienze.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948