Una ricerca iniziata da giovanissima e proseguita finché gli occhi lo hanno consentito. Ricordo una donna straordinaria: cinque maternità non ne fanno una casalinga. Con il marito Luciano è l’artefice di una casa straordinariamente ospitale, centro vivo di studi e confronti. Di Luciano Chiappini, raffinato studioso della Signoria estense non dico nulla, solo accenno ad alcuni incontri con lui.
Potrebbe essere il sessantuno, a cena con il Segretario/Direttore del Comitato cittadino Manifestazioni culturali, Mario Paoli, con l’invitata per una conferenza, Vittoria Olivetti Berla, c’è Luciano Chiappini, vice Presidente del Comitato, e ci sono pure io. Ho molto sollecitato l’iniziativa. Ha per tema il controllo delle nascite. La propaganda dei mezzi anticoncezionali è vietata dal Codice penale. Solo dieci anni dopo una sentenza della Corte Costituzionale provvede all’abrogazione. Nella conversazione, che precede la conferenza, la Olivetti dice quanto questa disposizione limiti la libertà in particolare delle donne. Chiappini ascolta e si dice fortunato: la moglie non fa troppo pesare su di lui la sua obiettiva condizione. Su questa porterà meglio l’attenzione.
Di Luciano e Franca ho costanti notizie attraverso amici cattolici, in particolare, Ferraro. Filippini, Fioravanti, Pagnoni. Da loro apprendo del Centro Studi Charles de Foucauld, in casa Chiappini. Tornato da Perugia dall’incontro con Capitini, nell’estate del ‘63, avvio un’attività per l’obiezione di coscienza. Il piccolo nucleo di amici ferraresi è l’anima del GAN (Gruppo di Azione Nonviolenta) diretto da Piero Pinna. Sul tema trovo grande sensibilità tra i giovani che frequentano il Centro promosso e animato da Chiappini. Ho così l’occasione di incontrare anche Umberto Vivarelli. Ne ho scritto. C’è Luciano che ascolta divertito i nostri scambi vivaci e interviene, con la consueta pacatezza. Chiede cosa si può utilmente fare.
Un’occasione di impegno la offre l’incriminazione di don Milani. È apologia di reato la sua lettera pubblica ai cappellani militari toscani, che dicono l’obiezione di coscienza “estranea al comandamento cristiano dell’amore e espressione di viltà”. A Firenze, come in altre città, il GAN è presente in più occasioni con la richiesta di una legge che riconosca l’obiezione. A Ferrara riproduciamo il testo della lettera incriminata. Dichiariamo di condividerlo e ne curiamo una buona diffusione. La firma è del Centro Studi Charles de Foucauld, del GAN di Ferrara, del Circolo La Cicuta. È un circolo molto esclusivo al quale si partecipa se cooptati. Ne facciamo parte solo Azzaroli ed io.
Sono, dal ’64, con Luciano Chiappini nella Commissione per la sorveglianza e la gestione del Teatro Comunale di Ferrara. Dei 17 componenti nominati dal Consiglio comunale sono il solo sopravvissuto. Vero che ero il più giovane. Presidente e Vice sono due persone amiche, impegnate e colte, Vittorio Passerini ed Eugenio Azzaroli, Direttore è Mario Paoli. Il Teatro riapre, dopo una lunga chiusura, il 31 ottobre 1964 con l’Orchestra del Teatro alla Scala. Si mette a punto una buona stagione teatrale 1964 – 1965 con sette concerti, quattro opere liriche, due balletti, uno spettacolo gospel, diciannove opere di prosa. Tutto bene fino allo spettacolo conclusivo della stagione di prosa nel maggio del 1965.
Il Vicario, di Rolf Hochhuth, rappresentato a Berlino nel febbraio del 1963, riproposto a Roma nel febbraio del 1965 con la regia di Gian Maria Volonté, è impedito dalle forze dell’ordine con motivi pretestuosi. Nel testo vi è una denuncia del silenzio del pontefice nei confronti della persecuzione e sterminio nazifascista degli ebrei. Sembra doveroso rispondere alla censura ospitando la rappresentazione nel teatro di Ferrara, come avviene in altri della regione. Gli esponenti della Dc si oppongono denunciando in questa scelta una fiammata anticlericale. È facile rispondere che l’anticlericalismo è un derivato del clericalismo. È questo che deve cessare. Il tema de Il Vicario interroga le coscienze e non può essere censurato. Non so replicare a Chiappini che dice del dolore procurato dalla decisione. Gli esponenti democristiani cessano di partecipare ai lavori della commissione.
Il Vicario è rappresentato. Non lo ricordo come memorabile. Anche la lettura mi aveva poco convinto, ma quando la questione è di principio… La stagione è comunque conclusa. Le altre seguono regolari. Da segnalare la rappresentazione nell’aprile del ’67 de L’Istruttoria nella Basilica di Santa Maria in Vado, dove Chiappini è di casa. A questo risultato ha lavorato in stretto rapporto con il Presidente del Comitato, Passerini. Sono amici e si stimano. Ricordo un’ottima produzione del Piccolo Teatro di Milano, ambientata perfettamente negli spazi della grande chiesa. L’Oratorio in 11 canti di Peter Weiss percorre la vicenda dei deportati ad Auschwitz dall’arrivo alla morte. L’autore ben si documenta assistendo, ai processi di Francoforte dal ’63 al ’65 sullo sterminio.
Nel giugno dello steso anno viene la guerra dei sei giorni in Israele-Palestina. È un conflitto breve, violento dalle conseguenze irreparabili, come constatiamo ancora. È in corso quando ci sembra si debba fare, almeno dire, qualcosa. Con Azzaroli incontro Chiappini e i coniugi Pietro e Carla Lazagna. Decidiamo una piccola, ma pubblica iniziativa. La annunciamo con un volantino. Ci documentiamo per quanto possiamo sull’argomento. Io passo molte ore nella casa di Luciano per consultare riviste diversamente non facilmente reperibili. Realizziamo un testo corposo, un po’ dattiloscritto e un po’ no. Lo presentiamo un pomeriggio, la guerra è appena terminata, nella piazza accanto al duomo. A un grande tavolo, l’ha preso in parrocchia Luciano, siamo seduti. Nella lettura ci alterniamo Carla ed io, le voci più forti, Non abbiamo microfoni. La gente si fa attorno attenta e silenziosa fino all’imbrunire. Forse accendiamo anche qualche candela. La discussione prosegue oltre la lettura.
Gli anni Sessanta finiscono con manifestazioni di studenti e operai. Alle loro iniziative ci troviamo a dare comune sostegno. In particolare un corteo per la riforma della scuola e il diritto allo studio si conclude con un passaggio alla mensa dello studente e pasti consumati e non pagati. Giorni dopo un paio di giovani sono incarcerati e altri ricercati. L’accusa è gravissima: rapina aggravata. Con Azzaroli preparo un documento di condivisione delle ragioni che spingono i ragazzi nelle loro azioni. Luciano, da tempo insegnante, non solo è d’accordo, ma procura l’adesione di Pasquale Modestino, Preside del Liceo Classico e capogruppo della Dc in Consiglio comunale. È una cosa che allora ci sembra importante e nella quale, ancora una volta, l’apporto di Luciano è decisivo.
Ci sono altri momenti di incontro che non sti a ricordare. Solo accenno alla sua accoglienza quando gli chiedo, trenta anni fa, di Silvano Balboni. Mi consegna alcuni ricordi dei quali mi avvalgo nello scrivere il libro. Mi dice di incontri in biblioteca, di rapidi scambi di fronte alla chiamata alle armi: “Noi non capivamo niente. Lui aveva capito tutto”. Mi emoziona ritrovare nella ricerca le tracce di un’amicizia profonda e della stima di Luciano per il coetaneo Silvano. Un suo commosso ricordo, su l’Avvenire d’Italia, alla scomparsa di Silvano gli vale una censura. Non sarà l’ultima. La sua “voce fedele e libera”, ricordata dall’amico Carlo Pagnoni, è spesso sgradita alle gerarchie. Alle iniziative di Silvano non manca mai. Nel ’46 presiede una seduta del COS dedicata al problema religioso. Manca all’apertura del Convegno, 6-8 maggio 1948, nel quale Balboni ha profuso tutto il suo impegno. La ragione risulta da una lettera a Balboni del comune amico Giorgio Stefani del 5 maggio: “Utile sarebbe stato il dr. Luciano Chiappini, ma domani mattina sposa”. Guardo il ritratto opera di Franca. Risento la voce inconfondibile, sommessa e precisa che arriva in profondità.
Ricordo anch’io quegli anni di fermenti innovativi,anche se ero più giovane mio fratello Giorgio me ne parlava.Grazie Daniele