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L’ambiente è tossico, torniamo a studiare – conoscere – imparare

DiLorenzo Guadagnucci

Set 25, 2018

Studiare, conoscere, imparare. Che altro si può fare per contrastare la marea nera di questi giorni, mesi e anni? E’ un’ondata di demagogia e violenza che ha preso possesso dell’agenda politica e manipolato il senso comune e così chi dissente ha la sensazione d’essere marginale e fuori tempo. E’ diffuso, anche fra i più attivi, un senso di smarrimento, oltre che di scoramento: perciò è una buona idea rimettersi a studiare, prendersi la libertà di fermarsi a riflettere, magari ascoltando chi ha davvero qualcosa da dire. Chi ha pensato e organizzato a Torino il Festival delle Migrazioni (sottotitolo: Siediti vicino a me)– tre associazioni teatrali, Acti Teatri Indipendenti, Almateatro e Tedacà – dev’essersi messo in sintonia con simili considerazioni: ne sono uscite giornate intense, ricche di esperienze, piene di pensiero e di bellezza.

L’immigrazione, come sappiamo fin troppo bene, è la falsa emergenza che viene usata da alcune forze politiche in Italia e nel resto d’Europa per manipolare l’opinione pubblica e scalare il potere con la finalità non dichiarata, ma comunque esplicita, di trasformare in senso autoritario le nostre democrazie, peraltro già deficitarie per conto loro e in grave crisi di credibilità.

L’operazione è in corso da un ventennio e forse più e a guardar bene è l’altra faccia dell’ascesa del modello neoliberale, assunto come pensiero di riferimento dall’intero spettro politico, inclusa cioè la (ex) sinistra di governo. L’emergenza immigrazione e la correlata emergenza sicurezza sono diventati il principale terreno di contesa politica; lo stato minimo neoliberale non consente più di proporsi all’elettore con progetti di riforme sociali o di intervento nell’economia e così, un passo alla volta, le varie fazioni politiche, esautorate dal nuovo potere reale (la finanza, alcune organizzazioni sovranazionali, i cosiddetti “mercati”), hanno cercato legittimazione sul piano dell’ordine pubblico, fomentando le paure cresciute insieme con la precarietà, le diseguaglianze e i cambiamenti demografici.

Viviamo insomma dentro un grande bluff che ha finito per paralizzare il pensiero e frammentare la società: la percezione di insicurezza, un elemento quindi irrazionale, si è sostituita alla realtà dei fatti (il calo continuo della microcriminalità); la fasulla equazione più immigrazione uguale più delinquenza ha fatto il resto, con la complicità inescusabile dei grandi media, compagni di strada decisivi degli imprenditori morali e politici della paura.

Per uscirne, giunti a questo punto e immersi come siamo nella propaganda, occorre decostruire il mostro e per farlo è utile – forse indispensabile – una contatto diretto con il sapere, con l’esperienza, insomma l’incontro con chi vive e studia nel gorgo degli eventi. Dev’essere per questo che al Festival delle Migrazioni le sale conferenze si sono riempite di giovani (moltissimi) e meno giovani e le cene e gli spettacoli hanno avuto il tutto esaurito.

Parlare di migrazioni considerandole per quel che sono, un fenomeno umano che attraversa il mondo, è oggi quasi rivoluzionario. Come sentire il professor EnricoPugliese che racconta la misconosciuta emigrazione dei giovani italiani (più complessa di quel che si può pensare); o Tiziana Barillà che spiega il caso Riace e il perché di tanto accanimento istituzionale contro il sindaco Mimmo Lucano (“perché è una storia di normalità e perché funziona”); o Amitav Ghosh che richiama gli intellettuali al dovere di non voltare le spalle mentre una tragedia ecologica si abbatte sul mondo; o il sindacalista che spiega che cos’è davvero e come si contrasta il caporalato nelle campagne; o il sindaco, il migrante, il professore che elogiano i “passeurs” di Bardonecchia e Ventimiglia; o il giurista che spiega qual è la posta in gioco del decreto sicurezza; o l’espatriata siriana, la giornalista, il cooperante e scrittore che vedono nella tradizione mediterranea – l’arte di mescolarsi – il futuro che finiremo per vivere… E così via.

Viviamo in un ambiente informativo e politico ormai tossico; la ricerca di aria buona – cioè pensieri sani, conoscenze utili, incontri positivi – è un’esigenza vitale e dovremmo quindi moltiplicare le occasioni di incontro e di formazione, qual è stato il festival organizzato a Torino. Gianfranco Crua, delle Carovane migranti, ha usato durante un dibattito una bella espressione, facendo riferimento alla disobbedienza civile attuata a Bardonecchia da chi passa il confine (e da chi aiuta a passarlo): in una musica monotona, fatta dei soliti battiti, questo – ha detto – è un movimento in levare. E’ una metafora della tre giorni torinese ma anche dello spirito che dovrebbe animare il nostro impegno. Prendiamolo come un augurio.

Di Lorenzo Guadagnucci

Faccio il giornalista, sono fra i promotori del Comitato Verità e Giustizia per Genova e del gruppo Giornalisti contro il razzismo. Ho scritto dei libri sul commercio equo e solidale, le forme di altreconomia, sul G8 di Genova del 2001, sull’autoritarismo che monta, sul razzismo a mezzo stampa e i modi per contrastarlo, sulla questione animale come questione di giustizia, sulla strage di Sant’Anna di Stazzema (12 agosto 1944). Cerco d’essere amico della nonviolenza e dell’antispecismo. Sono su Twitter @lguadagnucci, non su Facebook.

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