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Le emozioni dentro al cerchio. Parlare di violenza di genere nelle scuole superiori – II Parte

DiElena Buccoliero

Feb 3, 2015

La prima parte dell’intervista si trova qui

I media negli ultimi anni parlano continuamente di violenza nella coppia. Che cosa ne pensano gli adolescenti che hai incontrato?

Ritorna il tema del “perché non lo lascia?”. È la domanda costante che fa ricadere la responsabilità sulla donna, come da sempre si è fatto nella società. I ragazzi e le ragazze si accostano alla tematica nello stesso modo, la violenza è vergogna, fragilità, fa sentire deboli e disonorati/e, fa sentire la vittima in colpa e rende incomprensibile il significato profondo della relazione violenta perché tutti ne siamo coinvolti. Per i ragazzi e le ragazze diventa poi impossibile dire di no!

Quale modello di relazione di coppia avete cercato di proporre?

Un rapporto solido ed equilibrato è, per definizione, un rapporto dove non esistono né la violenza né le minacce di violenza. La violenza distrugge la fiducia, distrugge l’amore e la possibilità della reciproca soddisfazione fisica all’interno di un rapporto (qualsiasi cosa questo implichi per una coppia). Un rapporto saldo e paritario è, per definizione, un rapporto tra due individui forti e indipendenti. Giungere a quel possibile “stare bene nella relazione” è principio dell’ascoltare ed accettare le diversità e le contrapposizioni che ciascuno di noi può incontrare nella sua vita.

Certo, non è un messaggio comunemente diffuso. Mentre certi film romantici ci fanno desiderare di annullarci in un’altra persona, mentre la musica pop ci fa credere che non potremmo vivere senza la persona amata, la verità è che l’amore vero e forte si costruisce sul comune rispetto della reciproca indipendenza. È quindi importante che ragazzi e ragazze, giovani uomini e giovani donne, imparino a evitare modelli che implicano soggiogamento emotivo, controllo o abuso; che la capacità e la possibilità di prendere decisioni siano condivise all’interno della coppia; che nessuno dei due abbia il diritto di stabilire quali possono o non possono essere gli amici dell’altro.

I ragazzi hanno capacità critiche di fronte a certi modelli?

Riconoscono le forme di gelosie e di ricatto tra coetanei, vedono come le relazioni di coppia siano confuse tra amore e possesso o gelosia e come tutto questo sia “normale”, cose che succedono. Come la mancanza di stima e il bisogno di affermare la propria identità soprattutto quando si hanno dei riferimenti adulti poco chiari, basati su forme educative repressive che portano alla confusione, all’incertezza del proprio essere – sia nelle femmine sia nei maschi – e al bisogno di far valere le “proprie” regole, che sono di rifiuto di quelle sociali.

Nel pensiero di tanti adolescenti la denuncia delle violenze alle autorità competenti, insegnanti o carabinieri che siano, resta residuale di fronte al tentativo di farsi giustizia da sé. Si intravvede in queste azioni l’amaro della solitudine e la forte debolezza della violenza.

Sono emersi anche vissuti personali?

Andare nelle classi e parlare di violenza ha significato parlare del trauma, delle ferite, dei vissuti di impotenza e paura e di come si nutra dell’invisibilità, della negazione e della giustificazione, degli stereotipi, della paura, della minimizzazione, della solitudine, della frammentazione.

Ragazze e ragazzi hanno espresso i loro vissuti e assieme a loro abbiamo ascoltato le emozioni che suscitavano. Spesso le giustificazioni, l’indifferenza o il “non mi riguarda” è stato portato all’esasperazione per introdurre una breccia grande o piccola nel cuore e nelle menti.

Spesso abbiamo incontrato violenza all’interno della classe, ma anche tanta violenza che loro stessi hanno subito, anche negli ambiti familiari confessando, dentro o fuori la classe, storie che non avevano mai detto con nessuno.

Sono state e stati ascoltati, forse in noi hanno trovato qualcuno che poteva capire con la testa e con il cuore cosa era successo, e anche con il corpo, questo è stato importante, nonostante la fatica, la lotta contro i meccanismi della violenza, i vissuti negativi e tristi depositati dentro il cerchio, i sentimenti di rabbia e di vergogna, a volte portati fuori dalla classe con uno dei due conduttori; nonostante la testa piena di immagini e il dolore per il dolore così tanto diffuso; nonostante le lacrime che hanno inondato questi gruppi, gli abbracci dati, i sorrisi, le risate improvvise, i silenzi assordanti. Credo che valga la pena continuare per imparare a stare nella relazione e vedersi in modo autentico. Il confronto tra i due generi permette di trovarsi l’uno di fronte all’altra, di raccontarsi e di affidarsi ad un ascoltatore, interno o esterno che sia e stimolare un processo di costruzione consapevole dell’identità.

Il corso di formazione per docenti di scuola superiore, a.s. 2013/14

1° incontro

Laboratorio maieutico sulla violenza assistita

La violenza sulle donne: analisi del fenomeno, i dati nel mondo e nazionali.

2° incontro

Le conseguenze della violenza, sulle donne, sui minori e tra gli adolescenti, “perché non lo lascia?” Gli stereotipi di genere, diritto e realtà, la legislazione italiana.

3° incontro

Gli uomini: come riconoscere e far riconoscere le responsabilità maschili nelle relazioni violente. Destrutturare l’identità maschile per cambiare i comportamenti violenti. Esempi.

Chiusura del percorso e raccolta delle esigenze delle scuole.

I formatori erano operatori del CDG, CAM e Movimento Nonviolento

(immagine tratta da www.milanopost.info)

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

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