• 23 Dicembre 2024 20:47

Le stelle di Lampedusa

DiElena Buccoliero

Dic 8, 2020

Non c’era conclusione migliore. Sabato sera (5 dicembre, ore 21) il canale YouTube della Biblioteca Popolare Giardino ha ospitato la presentazione del libro “Le stelle di Lampedusa”, con l’autore Pietro Bartolo, il medico e esperto di intercultura Gustavo Zanoli, i tutori volontari Paola Scafidi e Andrea Firrincieli.

Pietro Bartolo lo conosciamo, sappiamo che è molte cose. Prima di tutto un medico, non può prescindere da quella lunga esperienza di assistenza, ascolto, abbraccio, con gli sbarcati di Lampedusa, con i suoi vivi e i suoi morti. Con i suoi molti figli, con cui poi ha tenuto contatti, e che sentono di dovergli un grande grazie per l’umanità con la quale li ha accolti oltre che per la capacità di cura. Ascoltandolo si comprende di come la cura debba tenere in conto la persona umana tutta intera. “Non so quanti ne ho abbracciati, quando salivo sulle navi per assicurarmi che non ci fossero malattie infettive gravi in corso, e non ce n’erano perché non è vero che i migranti portano le malattie, ma li vedevo infreddoliti, terrorizzati… Ne ho abbracciati tanti e sono ancora vivo, non perché sono Superman. I migranti quando sbarcano hanno le malattie della carenza di igiene in cui li hanno costretti. Non bisogna avere paura”.

Nel suo poliambulatorio c’è anche una ludoteca per accogliere bambini che hanno visto e vissuto violenze inimmaginabili. “Ci arrivano pacchi, giocattoli, coperte da tutto il mondo”, aggiunge, “perché ci sono tante persone buone”. E ricorda quella bambina di quattro anni che ha rinunciato ai biscotti, li ha sminuzzati per imboccare la mamma provata dal viaggio e ha rifiutato il peluche che lui le porgeva. “Che cosa doveva farsene più, di un orsacchiotto, una bambina che era stata violentata, che aveva visto la mamma aggredita in modo inimmaginabile, una bambina a cui avevano rubato l’anima?”.

Nel ricordare, Pietro Bartolo non cela la nostalgia e il desiderio di tornare a fare il suo lavoro. Ma è proprio il carico di umanità che lo ha spinto a mettersi a servizio dei migranti in altro modo, da quella chiavetta USB fitta di materiali che ha consolato il regista Gianfranco Rosi, “turista fuori stagione” al termine di una esplorazione infruttuosa dell’isola, e ha consentito di girare il pluripremiato “Fuocoammare” dove Bartolo è uno dei protagonisti, alla scrittura di due libri testimonianza e, ora, al ruolo di europarlamentare in Demos, “un piccolo partito che ha nel nome la Democrazia Solidale, ed è nello stesso gruppo del Pd”.

Pietro Bartolo ha tanto da dire e vuole dirlo, convinto nel profondo che gli esseri umani siano buoni e che quando inneggiano ai respingimenti siano soltanto plagiati, male informati. “Sono stati manipolati a fini politici, hanno subito una propaganda assurda, che parla di invasioni”. Bartolo ci dona le immagini che ha impresse sulla retina e pare dirci: questa è la verità, e adesso che la conosci, come puoi non spalancare le braccia?

Io non lo so se riesco a condividere l’ottimismo di fondo di questo uomo straordinario. Vorrei, sono tentata, e al contempo restia per tanto che ci circonda. Certo le sue parole toccano davvero, raccontano le storie di chi si è salvato e di chi non ce l’ha fatta. Storie della violenza indicibile, eppure detta e ridetta, più che mai nota, che si rinnova nei lager libici (“ho ripetuto in ogni modo che quell’accordo con la Libia non dovevamo farlo, già la prima volta e di nuovo quando è stato confermato”).

Nella consapevolezza del limite e nell’urgenza di prestare soccorso alle persone una ad una, e tutte insieme con leggi giuste, è passato dal poliambulatorio al Parlamento Europeo, con quell’ottica di servizio che ricorda tanto Alexander Langer. Lo sforzo della politica deve essere aprire corridoi umanitari, invertire lo squilibrio ambientale, costruire la pace, scandisce Bartolo. E, subito, consentire l’ingresso legale e la redistribuzione in Europa di persone (non clandestini), in fuga dalla povertà e dalla guerra (non invasori), e in cerca di una vita possibile, come chiunque di noi farebbe alla medesime condizioni.

Questo modo strabico e perciò molto ricco, di guardare al fenomeno della migrazione o dei minori fuori famiglia tenendo conto delle storie individuali come delle cornici nazionali e internazionali, è un tratto ricorrente di #primaleggopoiparlo. L’intero ciclo merita di essere conosciuto. Della prima parte ho parlato la settimana scorsa.

La seconda tornata di incontri, conclusa appunto con Pietro Bartolo, ha ospitato: il giornalista geopolitico e scrittore Luca Attanasio e il fotografo Mohamed Keita per “In mezzo al mare. Storie di giovani rifugiati” (Mohamed, giunto minorenne in Italia, oggi fotografo affermato a livello internazionale, è appunto uno di quei giovani rifugiati, ma la sua storia è stata raccolta anche da Luca nel suo libro “Il bagaglio”); Elvira Mujcic, autrice di “Consigli per essere un bravo immigrato”, introdotto dall’avvocato Stefano Marcolini, con la testimonianza di Mohamed Camara, giovane accolto a Ferrara da minorenne, con una determinazione e un sorriso disarmanti; Francesca Ceci e Alessia Puleo, autrici della graphic novel “Possiamo essere tutto” che con ironia e saggezza rivendica il diritto di difendere le molte dimensioni dell’identità individuale, presentata insieme a Morena Pedriali di Amnesty International Ferrara; Angela Tognolini, autrice di “Vicini lontani. Otto racconti di anime in viaggio”, che con Tommaso Manfredini, studioso di letteratura, ha ripercorso la genesi dei suoi racconti, scritti dopo anni di ascolto di migranti cui lei prestava assistenza legale per predisporre la richiesta di protezione internazionale.

#primaleggopoiparlo è stato promosso da “Tutori nel tempo”, associazione di volontariato che a Ferrara riunisce i tutori volontari, e ha visto in ogni incontro la presenza di un tutore. L’iniziativa è stata possibile grazie alla collaborazione della Biblioteca Popolare Giardino e al sostegno dei progetti Siproimi e FAMI Growth, condotti dalla cooperativa sociale Cidas di Ferrara.

Ciascun ospite, autore o testimone, ha richiamato ognuno di noi alla propria responsabilità. Lo ha detto molto bene Pietro Bartolo in chiusura: “Quando mi chiedono come possono aiutarmi e vogliono venire a Lampedusa io dico no, restate dove siete. Lampedusa è la porta ma l’Italia, l’Europa sono la casa. La casa deve essere accogliente”. E allo stesso modo Angela Tognolini: “Sotto elezioni per me è fondamentale sapere che cosa un partito intende per politica migratoria. So che non è l’unico aspetto importante, ma io ritengo che questo tema sia imprescindibile, dice dove si sta. Quale posizione scegliamo di prendere”.

Mi è tornata in mente una canzone che qualche anno fa ha ricevuto il premio Amnesty International. Il ritornello dice proprio: “Scegli da che parte stare, dalla parte di chi spinge, scegli da chi parte stare, dalla parte del mare”. Mi piace anche il titolo: “Non è un film”.

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

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