Celebriamo la lunga vita di Licia Rognini Pinelli, che ieri ha lasciato il corpo terreno all’età di 96 anni. Donna forte, buona, generosa, combattiva, coraggiosa, piena di dignità e fermezza. Madre amorevole. Per cinquant’anni si è battuta per la verità sulla morte di suo marito, Giuseppe Pino Pinelli, precipitato dalla finestra della Questura di Milano il 15 dicembre del 1969, mentre era trattenuto (illegalmente) e indagato per la strage di Piazza Fontana a Milano: la bomba piazzata nella Banca Nazionale dell’Agricoltura che il 12 dicembre fece 17 morti.
Fu una strage di Stato, l’avvio della strategia della tensione, con il supporto delle formazioni eversive di estrema destra, ma furono accusati gli anarchici. La verità processuale poi disse che Pinelli e Valpreda (i primi due anarchici fermati) non c’entravano niente, vittime di depistaggi, e l’attentato fu organizzato da settori deviati degli apparati di sicurezza dello Stato con complicità e legami internazionali. Gli esecutori materiali non sono mai stati condannati, sentenza non emessa per reato non più perseguibile.
In tutto questo la vita e la dignità dell’anarchico Pino Pinelli furono spezzate e infangate. La moglie Licia, con le due figlie Silvia e Claudia, ha sempre chiesto e affermato la verità: Pino era innocente, era la 18esima vittima della strage.
Licia e Pino si erano conosciuti ad un corso di Esperanto (la lingua internazionale per creare ponti, conoscenza e amicizia tra i popoli) e si sono poi sposati, con rito cattolico, nel 1955. Pino era ferroviere, Licia arrotondava lo stipendio battendo a macchina tesi per gli studenti.
Pino Pinelli era un anarchico nonviolento. Fondatore del circolo “Sacco e Vanzetti”, sostenitore della rivista libertaria “Mondo Beat” e attivista nella rete solidale Croce Nera Anarchica per raccogliere pacchi di cibo, vestiario e libri da inviare ai detenuti politici. Pinelli è un convinto pacifista, organizza e partecipa alle marce antimilitariste nonviolente dove entra in contatto e mantiene relazioni con il Movimento Nonviolento di Pietro Pinna.
È lo stesso Pinna che lo ricorda così sulle pagine di Azione nonviolenta (febbraio 1970):
Qui intendo solo dare testimonianza alla figura dell’amico. Dire amico è forse troppo (se seguiamo, l’uso comune del termine) in rapporto alla esigua frequenza e intensità del nostro contatto. In realtà esso consistette eminentemente in incontri per brevi periodi di ore, durante alcuni anni, avvenuti in occasione di manifestazioni di piazza per la pace cui partecipammo insieme o e di riunioni pubbliche sull’obiezione di coscienza e la nonviolenza insieme promosse. Ma di amicizia schietta posso ben dire che fosse nutrita la nostra vicinanza, nella comunione degli ideali e del modo di sentire il rapporto con gli altri. Purissimo d’animo, limpido e sereno sempre nei suoi giudizi, trascinante nella dedizione sociale in cui spendeva tutto se stesso. generoso all’estremo nei sentimenti e nelle cose, commovente la sua fede nell’uomo. Perché all’uomo guardava – al di là dalle formule e le etichette -, essendo egli e vivendo da uomo vero. Resto col rimpianto che sempre mi prendeva negli ultimi tempi in cui avevamo perso il contatto, di passare da Milano in tanta fretta da non avere un margine per cercarlo e stare insieme. Ma la sua morte, sul campo, me lo riporta spiritualmente vicino e più intimo che mai.
Licia era la moglie amata da Pino. Licia ha vissuto nel dolore, ma ha saputo trasformarlo in amore.
Pronunciò queste parole quando ricevette al Quirinale, nel 2015, la nomina a “commendatore della Repubblica”: “Non c’è mai stato rancore da parte mia; non l’ho mai provato, anzi. Non ci deve essere odio, c’è il ricordo e basta”.
E anche la figlia Silvia: “Il dolore di una perdita violenta e ingiusta rimane tale per sempre. Mio padre era una persona molto allegra e ci seguiva molto. Però il dolore va anche elaborato, se diventa rabbia fine a se stessa fa male a anche a chi lo prova. Bisogna trasformarla in memoria. Raccontare Pino per noi è un modo per farlo rivivere”.
Nella nostra memoria, da oggi, Licia e Pino sono insieme, e vogliamo raccontarli per quello che erano, due persone che hanno incarnato la nonviolenza.
Mao Valpiana
per il Movimento Nonviolento