Lo scorso mese il Movimento nonviolento è approdato, anche se solo per un giorno, alle Nazioni Unite.
Infatti, grazie all’invito del MIR (Movimento internazionale di riconciliazione) e del suo rappresentante alle Nazioni Unite a Ginevra, Derek Brett, siamo stati invitati a parlare all’evento “L’obiezione di coscienza al servizio militare e lo status di rifugiati per gli obiettori”.
Tale evento rientra tra i side-event organizzati dalla società civile nel corso della 29° sessione del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite, organo politico intergovernativo con il compito di promuovere il rispetto universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Oltre a chi scrive, tra i relatori hanno figurato:
- Seungho Park, attivista dell’associazione sudcoreana “World Without War” (Mondo senza guerra);
- Yeda Lee, obiettore di coscienza sudcoreano rifugiato in Francia;
- Andrè Shepherd, obiettore di coscienza statunitense che ha lasciato l’esercito per non essere nuovamente inviato in Iraq e che ha fatto domanda di asilo in Germania (della sua vicenda si è parlato qui e qui).
Il tema a noi assegnato è stata la descrizione della situazione degli obiettori di coscienza in Turchia, in relazione con la possibilità di richiedere asilo nel territorio dell’Unione Europea. La Turchia è stata scelta come tematica anche a seguito del fatto che due obiettori di coscienza turchi, Okan Kale e Mustafa Hizyolu (si veda qui), hanno presentato domanda per il riconoscimento dello status di rifugiati in Italia nel 2014. Questi obiettori hanno chiesto sostegno al Beoc e quest’ultimo – in collaborazione con il Movimento nonviolento – ha dato loro assistenza, anche attraverso una lettera di supporto alla candidatura.
Si è trattato di una bella occasione, frutto del lavoro di rete del Movimento nonviolento, il quale non può che mantenere uno sguardo strabico: non solo concentrato a quanto succede nella nostra italietta, ma bensì anche proiettato verso l’orizzonte europeo ed internazionale.