Ero certo che gli inquirenti sarebbero arrivati a risolvere il mistero di via Corbara e la sensazione mia era che stavano sempre più restringendo il cerchio attorno all’unico sospettato della vicenda.
Ma i giorni passavano e confesso che ho avuto anche un momento di panico: e se non riuscissero a scovare l’assassino? Che ricaduta avrebbe fra la nostra gente? E io come avrei reagito, sapendo che le indagini sarebbero arrivate a una non-soluzione del caso, un delitto consumato a 100 metri di distanza da casa mia?
Poi ho saputo dopo 25 gg. da quel 6 febbraio, che la Polizia di Stato – fra le più importanti forze di polizia al mondo – era arrivata a prove indiziarie gravi.
Ho studiato a lungo i meccanismi della violenza, attraverso il filtro degli studi sulla nonviolenza e se c’è una cosa che ho imparato è che le dinamiche di chi la mette in atto sono perlopiù sempre uguali, nell’ambito della tipologia di violenza preso in esame.
Dalle indagini degli inquirenti, il filo logico che si dipanava aveva come punto di partenza le violenze e i maltrattamenti che Ilenia Fabbri subiva in casa dal marito (a quel tempo) Claudio Nanni, denunciati dal 2017.
E quindi se tutti gli indizi si riversavano su un’unica persona, la seconda ipotesi che ne derivava poteva solo essere: chi aveva interesse a uccidere Ilenia, depistando gli inquirenti con tutto un castello di prove ai danni di Claudio Nanni?
È da anni che come Amici della Nonviolenza collaboriamo con le Forze dell’Ordine, sul piano nazionale, nella formazione degli addetti alla sicurezza, soprattutto a livello preventivo.
Il mio grande plauso va a tutte le forze della Polizia di Stato che hanno collaborato con grande dedizione, professionalità ed impegno al caso di Ilenia Fabbri.
Ma una domanda rimane insoluta: si poteva evitare l’omicidio di Ilenia?
“Chi l’ha visto?” nella puntata del 3 marzo ha fatto un bel servizio sul caso di Ilenia Fabbri, sottolineando come la prima denuncia ai carabinieri di Ilenia per maltrattamenti e violenze da parte di Claudio Nanni risale al 2017.
Da lì in poi è stato uno stillicidio di pesanti violenze psicologiche che Ilenia ha dovuto subire senza che mai le Forze dell’Ordine potessero fare nulla.
Lo sfogo di Federica Sciarelli nell’introdurre il servizio su Ilenia Fabbri è emblematica: “Si dice alle donne, denunciate, denunciate, denunciate e io a questo punto non lo dirò più perché quando le donne denunciano non vengono ascoltate e quelli che vengono denunciati si accaniscono ancora di più, diventano ancora più cattivi, quindi è chiaro che io dico: DENUNCIATE ma ci dev’essere una protezione per queste donne”.
Parlando e discutendo con le persone in quest’ultimo periodo e riflettendoci da tanto tempo, quella che io ritengo una piaga sociale nel nostro Paese, il femminicidio, non lo è per la stragrande maggioranza delle persone.
Credo che ci sia una sorta di fastidio nel trattare l’argomento della violenza sulle donne, come se fosse un tabù e questo l’ho riscontrato sia negli uomini che nelle donne, pur addirittura vittime di violenza maschile.
Si dice: “Non è vero che siano violenti solo i maschi, anche molte donne sono violente.” “Non è vero che siano molti gli uomini violenti, ci sono molti uomini che non lo sono.”
Affermazioni che di per sé potrebbero avere un loro senso ma, posti nel frangente appena dopo l’orribile morte di una madre ed ex moglie, è come se fossimo soggiogati dal terrore, per cui è come se dovessimo trovare una scappatoia in quanto il nostro cervello non lo può tollerare.
Finché si riempiono di titoloni i giornali e i pomeriggi nei talk show, tutto va bene. Perché mi dovrebbe riguardare? Appare una cosa lontana, che riguarda altri.
Certo che c’è indignazione e totale esecrazione nell’opinione pubblica, ma poi, nell’intimo di ciascuno di noi, penso che prevalga la voglia che finisca presto, che si allontani da noi tutto questo orrore.