Sono lieto che uno scritto mio si aggiunga alla lista. In realtà già ci sono tra gli AA.VV. ma esserci così è meglio. È un quaderno sottile. Può essere richiesto ad Azione nonviolenta o pure a me L’ho scritto pensando ai giovani e all’innamoramento che ho provato io nell’incontro.
L’ho scritto pensando agli amici, ai quali debbo la conoscenza di Matteotti o con i quali condivido la passione per la sua vicenda. Al ginnasio l’amico di sempre, Ranieri Varese, mi propone un libro, Matteotti contro il fascismo. Mi apre un mondo sconosciuto. Fa parte di una bellissima collana, Il Gallo, edizioni Avanti! Leggo pure di Francesco Fausto Nitti, Il Maggiore è un rosso: è un primo sguardo sulla guerra di Spagna, George Orwell verrà poi. Così con Piero Caleffi, Si fa presto a dire fame, conosco l’inferno dei campi di sterminio. Primo Levi verrà, per me, dopo. Continuo, anche se la cosa può interessare solo qualcuno tra miei coetanei. Si aggiungono, sempre nella stessa collana, direi al Liceo, Marzabotto parla, a conferma degli orrori di fascismo e nazismo, Lettere dalle case chiuse, così – chiudono i bordelli e non ho ancora 18 anni – non ho rimpianti. C’è pure Arrivano i nostri di Dario Paccino, storie di pellerossa, che ho ripetuto a mia figlia e ai figli dei miei amici. Infine, inizio dell’università, lo straordinario Marcia su Roma e dintorni di Emilio Lussu e Il controllo delle nascite, curato da Vittoria Olivetti Berla. La faccio invitare a Ferrara dal Comitato cittadino manifestazioni culturali. Apprendo che tra i promotori dell’Aied c’è Giancarlo Matteotti, figlio di Giacomo e fratello maggiore di Matteo. Questi lo incontrerò, forse tre anni dopo, in iniziative del Psi.
Giacomo Matteotti mi è stato dunque di guida e compagnia nel mio modesto percorso politico, tra riformisti e rivoluzionari. Si distinguono benissimo, come è stato detto. I primi non fanno le riforme, i secondi non fanno la rivoluzione. Altri due amici sono per me strettamente legati a Matteotti. Uno è Davide Mantovani. Nei nostri giri in Polesine, spesso con esiti o intermezzi conviviali, Matteotti è spesso con noi. Di questo caro amico ho scritto e non mi ripeto qui. L’altro amico è Enzo Bellettato. Ha scritto un libro documentatissimo, Matteotti nella memoria cantata tra storia e cantastorie. La sua attenzione e ricerca continuano. Non della sua opera, ma della sua amicizia e della obiezione di coscienza ho pure già detto.
Ho scritto pensando alle compagne e ai compagni sindacalisti. La pubblicazione del quaderno, senza oneri per il Movimento Nonviolento, si è resa possibile per il contributo delle Camere del Lavoro di Ferrara e Rovigo. Giacomo Matteotti è fermo oppositore alla guerra, convinto che solo l’azione organizzata dei lavoratori possa evitarla. Anche a guerra in atto può ridurne i danni ed è decisiva per la ripresa nel dopoguerra. Ferrara e Rovigo sono unite nel collegio elettorale: lo eleggono deputato nel 1919 e ne vedono l’agire infaticabile in ambito culturale e organizzativo.
Nella rodigino, eletto in diversi Comuni e nella Provincia, promuove la competenza degli amministratori con attività di formazione. Nel Polesine costituisce camere del lavoro e cooperative, organizza lotte bracciantili per il collocamento e l’imponibile della manodopera.
A Ferrara il 16 gennaio del 1921 è segretario della Camera del Lavoro in luogo di Gaetano Zirardini, incarcerato con false ragioni per uno scontro ricordato come “eccidio del Castello estense”. Matteotti lascia per questo il congresso di Livorno del Partito. Subisce aggressioni e minacce crescenti nelle due settimane di permanenza. Mostra tutte le sue capacità organizzative, sia pure in condizioni proibitive. Il suo discorso alla Camera dei Deputati, 31 gennaio 1921, è una documentata denuncia dello squadrismo fascista proprio nelle province di Rovigo e Ferrara.
Silvano Balboni – ho scritto molto su di lui, Silvano Balboni era un dono. Ferrara 1922-1948. Un giovane per la nonviolenza dall’antifascismo alla costruzione della democrazia, e dunque qui di lui non dirò nulla – qualifica a più riprese Matteotti come obiettore di coscienza. Sul settimanale, che dirige, della Federazione socialista sostituisce disinvoltamente L’obbiettore di coscienza al titolo originale L’intransigente del “sovversivismo”, riportando l’inizio dell’articolo Matteotti pubblicato da Piero Gobetti sulla sua rivista. Per Balboni infatti il sovversivo intransigente è l’obbiettore di coscienza. E obbiettore di coscienza sostituisce, nella parte conclusiva del testo riportato, il termine pacifista. In numerose altre occasioni qualifica come obiettore di coscienza Giacomo Matteotti. Mi è parsa una qualifica non fuori luogo. E ho provato a suffragarla non solo con le considerazioni di Balboni, ma pure con scritti di Aldo Capitini.
Pensiero e azione di Giacomo Matteotti sono di coerente e strenua opposizione alle guerre, da quelle coloniali alla prima guerra mondiale. Sembra contro la guerra duro come la pietra, come ci invita ad essere Aldo Capitini. Per evitare la guerra Matteotti propone le più forti e decise forme di boicottaggio, di contrasto, di lotta. Sa che nessuna “vittoria” potrà compensare i danni diretti e indiretti della guerra. Gli scritti di Matteotti, le sue proposte, le sue azioni mi fanno pensare che la qualifica di obiettore gli si attagli, e che suo sia l’auspicio e l’azione per un’obiezione alla guerra, concreta, generalizzata, diffusa e organizzata.
Alle considerazioni che ho cercato di sviluppare nel Quaderno accompagno una piccolissima antologia di testi.
Grazie professore,
Avevo già chiesto ad azione non violenta due copie. Attendo l’arrivo del Suo testo con maggiore trepidazione dopo aver letto queste Sue pagine.