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Microbiografie / 14 – Ferruccio

DiGiorgio Maghini

Nov 1, 2017

Nella sala d’attesa c’è un vecchio.

Tutti, lì dentro, boccheggiamo in camicia. Lui ha un vestito di velluto.

Immagino, per lui, uno di quei nomi che si usavano un tempo in campagna e che oggi sono praticamente scomparsi: Ferruccio, Primo, Oreste, Deodato, Pilade…

A chiunque gli dia un po’ di corda, il vecchio fa la stessa domanda: “Lo sa quanti anni ho, io?”.Nella stanza, capiamo la situazione e stiamo al gioco. È bello avere la sensazione di giocare tutti insieme.

Alla sua domanda segue sempre un momento di silenzio, che il vecchio usa per il colpo di scena: “Ne ho 85!” dice con evidente orgoglio.

Alla notizia l’interlocutore, di solito, risponde con un “Complimenti! Lei è proprio in forma!”.

Il vecchio incassa soddisfatto e gira già lo sguardo attorno per vedere a chi altri può rivolgersi.

Non bello, non più giovane, quasi sicuramente non ricco né potente, il vecchio cerca di essere interessante per qualcuno.

Quanta riflessione teologico-filosofica, nei secoli, per definire il motivo ultimo e indiscutibile per cui noi esseri umani siamo tutti uguali!

E invece bastava chiedere a Ferruccio (o Primo, Oreste, Deodato, Pilade…): tutti gli esseri umani, senza eccezione, sono uguali nel bisogno che qualcuno – anche solo per un attimo – li trovi “interessanti”.

Di Giorgio Maghini

Pedagogista e counsellor ad indirizzo sistemico-relazionale. Si occupa attualmente dell’ufficio comunicazione della Istituzione per i servizi educativi del Comune di Ferrara. Obiettore di coscienza, è stato Insegnante di sostegno e, in seguito, coordinatore pedagogico nella scuola dell’infanzia. Attualmente coordina un gruppo di Insegnanti di Religione, coi quali riflette sulla comunicazione della spiritualità nel mondo multiculturale. Ha insegnato "Teorie della comunicazione” all’Istituto di Scienze Religiose di Ferrara.

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