Le parole sono tra le cose più importanti che possediamo in assoluto.
Racchiudono la vita, la spiegano, ci permettono di scorgere orizzonti che non avremmo mai immaginato.
Le parole, addirittura, curano la sofferenza (è un’esperienza che ho il privilegio di fare in prima persona, e che non smette di riempirmi di stupore e gratitudine).
È per questo che approfondire il significato delle parole è una necessità umana, e la comprensione della comunicazione è il discrimine, spesso, tra la felicità e l’infelicità.
A volte, però, ci sono parole che non vanno interpretate: nel bene (a chi viene voglia di interpretare, quando qualcuno ci dice “Sei importante per me”?) e nel male.
Nel male, ad esempio, non c’è nulla da interpretare in un passaggio del “Contratto di Governo” che sarà alla base del governo che nascerà domani.
Al numero 20, il contratto – infatti – recita: “Occorre introdurre forme di vincolo di mandato per i parlamentari, per contrastare il sempre crescente fenomeno del trasformismo”.
Un passaggio che non richiede interpretazioni: o voti come dice la Direzione del tuo partito o ti cacciamo fuori.
Allora, mi chiedo, qual è il senso della parola “Parlamento”?
Il nome, di per sé, indica un “luogo in cui si discute”, ma di cosa si potrà mai discutere in un luogo deputato unicamente a ratificare la volontà di alcuni capi di partito?