La nonviolenza è affidata ad un metodo aperto e sperimentale; al contrario delle costruzioni ideologiche, la nonviolenza non è prima teorizzata e poi praticata, ma è prima vissuta come mezzo di azione e di cambiamento di singoli e popoli, poi studiata, approfondita e di nuovo sperimentata nell’azione.
Aldo Capitini
Il gruppo “Amici della Nonviolenza” a Modena è un gruppo multiforme, composto da persone che hanno sperimentato, e sperimentano, tragitti differenti ma che hanno trovato nella nonviolenza un sentiero comune, e che attraverso seminari, studi, letture, confronti, cercano di percorrere questo cammino giorno per giorno. La nonviolenza, infatti, è una pratica che si rinnova in ogni momento e in ogni azione ed è il confronto con gli altri che ci allena a “resistere” alle sfide della quotidianità, sfide nei legami personali e nelle relazioni sociali, che vorremmo affrontare come soggetti attivi, per trasformare la realtà e renderla più giusta e rispettosa.
La violenza è prima di tutto un portato culturale che si concretizza sia nei sistemi sociali sia nelle singole persone; svelarne i meccanismi che ne stanno alla base, e soprattutto riconoscere l’apporto che ognuno di noi offre (seppur inconsapevolmente) al perpetuarsi di questi meccanismi, diventa vitale per arrestarne la spirale.
Queste sono le premesse che ci hanno persuaso a sperimentare un laboratorio formativo sulla nonviolenza nelle scuole, in particolare in una 3^ media. Ci siamo interrogati su quali fossero le modalità migliori per farlo e abbiamo scelto una metodologia basata su tecniche esperienziali quali il Teatro Sociale e di Comunità, il gioco, il lavoro di gruppo, il brainstorming, ecc.
Da un punto di vista formativo la metodologia attiva favorisce l’apprendimento e il coinvolgimento, permette di sviscerare gli argomenti, in questo caso della nonviolenza, aderendo in maggior misura ai contesti di vita dei discenti, di collaudare tecniche per la gestione costruttiva delle relazioni: riflettere sull’agito consente di “toccare con mano” quanto gli stereotipi, i pregiudizi e l’humus culturale agiscano in modo significativo sulle relazioni e sulle decisioni personali.
Abbiamo scelto, altresì, di “giocare in casa”, una delle insegnante della classe è un membro attivo del gruppo Amici della nonviolenza e ciò ci ha permesso, chiaramente, di affrontare/agire questi temi con studenti che avevano già approfondito alcune tematiche.
Il laboratorio è stato proposto ad una terza media di una scuola di Modena, quindi a ragazzi di 14/15 anni, una classe mista che presenta una grande varietà dal punto di vista etnico e sociale. In essa sono rappresentate molteplici realtà culturali diverse (Venezuela, Guinea, Tunisia, Marocco, Filippine, Russia, Turchia), alcuni alunni appartengono a famiglie multiculturali e due di loro sono arrivati in Italia da pochi mesi.
All’interno della classe sono spesso esplosi conflitti di vario genere, ora dovuti alle rivalità forti presenti nel gruppo dei maschi, ora dovuti a difficoltà interculturali tra ragazzi e ragazze di diverse provenienze etniche. Per offrire strumenti efficaci ed alternativi per affrontare le conflittualità frequenti. i docenti hanno deciso di proporre il laboratorio di educazione alla nonviolenza.
Il lavoro con il gruppo classe si è svolto in due giorni, a distanza di 15 giorni l’uno dall’altro e ogni incontro, di circa due ore, è stato dedicato all’analisi esperienziale di tre parole CONFRONTO – CONFLITTO – VIOLENZA, al fine di indagarne le similitudini, le differenze e le rappresentazioni personali e di gruppo.
Gli incontri hanno previsto alcuni appuntamenti fondamentali :
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destrutturazione e ristrutturazione del gruppo classe;
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creazione di un clima di fiducia ;
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realizzazione di gruppi di lavoro;
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analisi delle costruzioni mentali;
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rappresentazione e drammatizzazione di storie;
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dare parola ossia nominare ciò che si è vissuto e acquisito;
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chiusura.
Per quanto concerne il lavoro sulle costruzioni mentali, alla domanda cosa e’ per me la nonviolenza? Riportiamo di seguito alcune definizioni degli studenti:
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Non picchiare, soprattutto le donne
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Pace (2)
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Pace e Amicizia
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Perdono
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Rispetto e Amicizia
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Difendersi, parlando e senza subire atti di bullismo
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Rispettare gli altri. Usare le parole invece delle mani
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Amore, rispetto altrui
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Secondo me la nonviolenza è un inizio per avere un mondo privo di violenza
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Secondo me vuol dire pace e amicizia
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Non lo so
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Rispetto
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Agire con la voce, rispettando sempre l’avversario, ma non con le mani
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Non litigare con gli altri
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La nonviolenza si basa non solo su fatti compiuti agendo, ma principalmente discutendo e lottando per alcuni diritti fondamentali
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La nonviolenza per me è positivo
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Convivenza pacifica tra le persone. Rispetto reciproco
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Non toccare le donne!
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La nonviolenza si basa sulla politica, come fece Giovanni Falcone
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Essere leali. Non picchiare le persone perché con la violenza non si ottiene niente. Essere coraggiosi per quello che si fa. Essere nonviolenti significa non essere bulli dentro di sé. Essere responsabili.
Per quanto riguarda la rappresentazione drammaturgica di storie inerenti ad una delle tre parole, Contrasto/Conflitto/Violenza, si è scelto di esaminare approfonditamente una situazione “difficile”, che aveva impegnato il gruppo classe nelle giornate precedenti. Era percepibile ed evidente che era successo qualcosa nella classe e i ragazzi, vista la nostra disponibilità, ne hanno parlato apertamente. Riguardava il ritiro del compito da parte di un insegnante ad un’allieva che aveva suggerito ai compagni, ma quello che aveva determinato maggiore tensione era il fatto che la compagna, dietro richiesta dell’insegnate, aveva “spifferato” i nomi di coloro che continuamente la chiamavano per avere i suggerimenti: a detta di alcuni aveva fatto la spia.
Abbiamo sperimentato concretamente la situazione facendola rappresentare ai ragazzi e chiedendo, a chi era disponibile, di mettere in scena modalità differenti di azione nella due situazione e nei due ruoli, o di raccontarci soltanto – se non se la sentivano di mettere in scena, che cosa avrebbero fatto “al posto di”.
Molti di loro sono intervenuti nella drammatizzazione, hanno condiviso opinioni, facendo circolare idee e proposte di soluzioni.
Infine abbiamo messo in luce le caratteristiche che differenziano le tre parole
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UN CONTRASTO-CONFRONTO evidenza posizioni, argomentazioni, punti di vista differenti a partire dai vissuti personali: Io mi sento …
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UN CONFLITTO rivela situazioni vissute a partire dal punto di vista “Uno di noi deve vincere, deve avere ragione …”
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UNA SITUAZIONE VIOLENTA si mostra attraverso l’utilizzo del sopruso fisico, verbale, gestuale, la denigrazione, l’offesa, la sottomissione, ecc.
Durante questo brevissimo percorso i ragazzi hanno partecipato con collaborazione positiva ed entusiasmo alle attività proposte e hanno opportunamente ancorato le attività esperienziali con le tematiche teoriche, dimostrando che il metodo di lavoro proposto li ha veramente coinvolti.
Tutti hanno preso parte attivamente ai giochi, alle riflessioni, alle rappresentazioni e al termine delle due giornate hanno espresso il loro gradimento e il piacere vissuto durante il laboratorio: sono riusciti a “comprendere pienamente” le proposte perché vissute e perché riferite ad episodi concreti che riguardano il loro quotidiano.
Da sottolineare il fatto che anche i più introversi e passivi hanno preso parte attivamente alle proposte esprimendo con insolita espansività il proprio punto di vista, come se davvero i giochi di fiducia li avessero rassicurati e resi meno diffidenti nei confronti del gruppo e degli adulti.
Inoltre , dopo alcune settimane, i ragazzi hanno dimostrato di aver interiorizzato il metodo sperimentato durante il laboratorio basato sul dialogo, proponendolo essi stessi ripetutamente per affrontare conflitti nel frattempo incontrati. La classe ha infine deciso all’unanimità di appendere in aula una bandiera della PACE, consapevoli della sua storia e del suo significato, sperimentando con serietà ed impegno l’esperienza della scelta di gruppo.
Riportiamo di seguito uno stralcio di un tema dal titolo “racconta l’anno scolastico che si sta concludendo” di una ragazza che ha partecipato al laboratorio:
“ … Sono successi molti avvenimenti nella mia classe, alcuni positivi altri negativi, ma in particolare un fatto rimasto impresso nella mia mente è stato il progetto affettività.
Una mattinata come tante a scuola era accaduto un episodio, almeno una volta capitato a tutti gli studenti. La mia compagna in quel momento stava svolgendo la verifica di inglese come tutti, a un certo punto le capita di suggerire a un compagno. La prof. La vide e le diede una nota, anche se a menon sembrava la soluzione corretta.
Nel progetto assieme alle esperte molto gentili abbiamo interpretato l’accaduto da vari punti di vista.
Questa attività mi è piaciuta particolarmente perché ha reso partecipe tutta la classe e mi ha fatto capire che copiare non risolve i problemi … ”.
In conclusione ci pare sia stata un’esperienza formativa per il nostro gruppo e per la classe, abbiamo vissuto concretamente che, come diceva Capitini, “la nonviolenza è affidata ad un metodo aperto e sperimentale, aperto, perché nessuno è custode di una dottrina, di un corpus di norme definitivo, ma ciascuno può portare nuove aggiunte sia sul piano del pensiero che dell’azione, sperimentale perché è creativo e trova sempre nuovi modi di attuarsi, è inesauribile e in continuo avvicinamento …
Nicoletta Poppi, Gabriella Tritta, Rossella Vezzalini
Modena, 6 giugno 2016