La guida come mediatore culturale
Ho sempre pensato alla guida turistica come a un surplus di servizio, una figura squisitamente tecnica, ma, da quando ho conosciuto Matteo Donei, ho capito che la guida di montagna sulle Dolomiti è molto, molto altro.
Nei giorni che abbiamo passato insieme è riuscito ad attrarre la fiducia di Monia (la mamma di Leonardo) la quale si è affidata a lui per “imprese” che per lei sarebbero state impensabili prima di allora.
La paura delle altezze e di camminare per discese scoscese erano ostacoli quasi insormontabili per Monia.
L’accompagnamento di Matteo e le sue indicazioni estremamente precise oltre alla sua presenza costante, ha fatto provare a Monia un’esperienza decisamente inedita.
Voglio dire che la montagna è per tutti a partire dalla propria motivazione?
Probabilmente no e non è questo il punto.
Si potrebbe anche dire: perché una persona con tutte queste paure vorrebbe fare delle escursioni in montagna?
L’unica risposta possibile è: perché le piace la montagna e vorrebbe gustarsela – entro i propri limiti – come tutti gli altri.
E quindi Matteo si è immedesimato nel ruolo dell’educatore.
Ecco allora l’altra parola chiave: educazione alla montagna.
Quando hai una guida per visitare una città, certo è più carina e gradevole la visita, soprattutto se la guida è empatica.
L’empatia si può imparare – ho potuto notarlo in una visita al Teatro Regio di Parma – come ad esempio nel modulare la voce e nell’atteggiamento verso il pubblico.
Ma durante la spiegazione circa il palcoscenico e dove sta l’orchestra, stando a distanza considerevole, io mi sono allontanato dal gruppone (e non ero il solo) vicino alla postazione dell’orchestra e le ho chiesto a voce alta per farmi sentire:
“Mi scusi, posso chiederle qualcosa sul vano dell’orchestra?”
Il suo volto si è oscurato per un attimo di pochi secondi, perché era successo qualcosa che non si aspettava (inconcepibile!) e questa sua forte emozione è arrivata agli altri turisti…
Avrebbe potuto esercitare un adattamento creativo – con il sorriso – spingendo il gruppo ad avvicinarsi al palcoscenico e a dove sta il direttore d’orchestra, raccomandando il distanziamento.
Ma invece ha solo sperato che questo brutto momento passasse più in fretta possibile come per risvegliarsi da un brutto sogno.
Al mediatore culturale – altra parola chiave – questo non succede, in quanto mette la relazione della persona al centro ed educando fa sentire la persona importante. Sostiene e conforta quando ce n’è bisogno.
L’imprevisto è una parte connaturata al lavoro di una guida di montagna: ci si affida a lui principalmente per il suo sapere e per una questione di sicurezza.
Della guida di città si può fare a meno: guardi un quadro con i tuoi occhi e fra la didascalia che ti sta a lato e un po’ di preparazione prima del viaggio, te la cavi.
La guida di montagna interpretata da Matteo Donei ti cambia la prospettiva, ti fa vedere le cose con uno sguardo inedito che difficilmente potresti sperimentare, a meno che tu non sia esperto di montagna o ti sei già preparato meticolosamente.
Ma diciamolo pure, la maggioranza dei turisti, me compreso, apprezza le Dolomiti per rilassarsi senza troppe preoccupazioni.
L’accompagnamento – la terza parola chiave – di una guida come Matteo, ti fa assaporare la montagna e gustarla, facendoti sentire protagonista: sei tu che ce l’hai fatta; sei tu che stai provando sensazioni nuove dentro di te che ti portano a una gioia indescrivibile.
In ultimo, sapere quale percorso sia adatto a te e conoscere come affrontarlo, in quali giorni della tua vacanza fare un percorso anziché un altro, cosa conviene fare per godere pienamente della bellezza dei luoghi, chi più di una guida di montagna ti può dare una mano?
Quello che non ti aspetti
È domenica pomeriggio e sono sulla strada di ritorno del giro della meravigliosa ciclopedonale Moena-Pozza.
Vedo un signore anziano seduto sulla panchina e alzando lo sguardo una specie di casetta di legno bianco sugli alberi.
Chiedo al signore se sa cosa possa essere quella costruzione. Lui dice che non ne sa nulla e insieme saliamo un pochetto la pendice del boschetto attraversando un rivolo d’acqua.
Lui fa un’ipotesi:
“Potrebbe essere un ricovero per uccelli, vede quella tenda con le vasche, forse metteranno lì il mangiare per gli uccelli?”
Gli do ragione, poi in effetti né io né lui capiamo nulla su cosa serva questa struttura che sembra addirittura nuova.
“Non potrebbero essere quelle casette dove giocano i bambini?” faccio io.
E lui: “Sì certo, come no, perché quando ero bambino giocavamo nei boschi e costruivamo delle casette di legno sugli alberi” – aggiungendo – “sa quante ne costruivamo, era il nostro divertimento”.
Si capisce che quel signore anziano, così serio e composto, ha molta voglia di parlare e io sarei un po’ stanco per la giornata appena trascorsa e guardo la panchina vuota con desiderio…
Mi chiede dove alloggio e di conseguenza mi descrive tutti gli itinerari della zona minuziosamente.
Parliamo a lungo e la chiacchierata è piacevole e poi tutto ad un tratto si congeda da me, l’uomo venuto da chissà dove…
Fisso per un po’ la sua figura mentre cammina allontanandosi da me credendo di vederlo scomparire da un momento all’altro.
Forse è un Elfo che vive fra gli alberi della foresta, che ha voluto apparirmi con sembianze umane, che finge di andare per una strada (costruita dall’uomo) ma che appena distolgo lo sguardo scompare nella sua foresta.
Probabilmente mi aspettava lì da tanto tempo.
Grazie di avermi accolto, caro Elfo, un arrivederci alla prossima visita alle montagne di Moena e dintorni!
Spero vivamente di rivederti!!!