Ha fatto il giro del mondo l’immagine di Marina Ovsyannikova, la giornalista russa che ha interrotto la messa in onda del programma Vremya camminando nello studio con un cartello contro la guerra e a cui Macron, il presidente francese, ha già assicurato tutta l’assistenza possibile consentita dalle misure diplomatiche, per il tramite della propria ambasciata. La giornalista è stata multata dal tribunale di Ostankino di Mosca per 30.000 rubli, riferisce Mediazona. Il giudice l’ha ritenuta colpevole di avere incitato alla protesta non autorizzata, con riferimento al video messaggio che si conclude con “partecipate alle manifestazioni contro la guerra… non possono metterci tutti in prigione”. Accanto al suo caso ce ne sono molti altri, meno noti, che progressivamente filtrano attraverso la rete e tramite i nostri contatti con Elena Popova e gli altri attivisti del Movimento degli obiettori di coscienza russi.
Multe e arresti per gli artisti contro la guerra
Un uomo è stato multato per 45mila rubli per un’installazione: un grande pacchetto di sigarette che, al posto della scritta “Il Ministero della Salute avverte: il fumo è pericoloso per la salute”, porta la dicitura ” Il buon senso avverte: l’operazione speciale uccide” (le autorità russe sostengono che non c’è guerra, ma c’è un’operazione speciale).
OVD Info, sito indipendente russo che diffonde informazioni e assicura assistenza legale a chi si oppone alla guerra, Mediazona e Doxa stanno pubblicando informazioni sui procedimenti amministrativi avviati contro persone che hanno espresso dichiarazioni contro la guerra sui social network. Decine di persone, se non di più, sono state multate per una media di 30-40mila rubli in base alla nuova legge “sui falsi e sul discredito dell’esercito”.
Almeno quattro casi penali sono già stati aperti in relazione a graffiti contro la guerra. Da Telegram si apprende che uno di questi è stato disegnato a Novomoskovsk, nella regione di Tula, dove è stato aperto un procedimento penale per vandalismo motivato dall’odio (parte 2 articolo 214 del codice penale). L’autore è un abitante del posto di 28 anni di nome Nikolai che ha lasciato graffiti nell’ingresso di un condominio. Il giovane è stato arrestato. Il canale Telegram indica che già in precedenza aveva partecipato a manifestazioni a sostegno di Alexei Navalny.
Studenti universitari espulsi a San Pietroburgo
Dall’Università Pediatrica di San Pietroburgo giungono notizie di espulsioni e arresti verso studenti che hanno partecipato a manifestazioni di protesta contro la guerra.
Tre giovani del sesto anno, di cui uno disabile, già arrestati e multati nel corso di manifestazioni, ora sono stati espulsi. Una ragazza è stata convocata dall’amministrazione dell’università. Le hanno chiesto a quale scopo si trovava nel centro di San Pietroburgo, da quale ideologia era guidata e chi animava le proteste. L’ateneo ha anche minacciato di licenziare gli insegnanti che hanno firmato le lettere contro la guerra.
Il 3 marzo presso la stessa Università si è tenuto un incontro a sostegno di Vladimir Putin con la partecipazione di medici che hanno lavorato nelle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk (DPR) e Lugansk (LPR), nel Donbass. È stata discussa una risoluzione di tre punti approvata all’unanimità: “Siamo sicuri che il fascismo non esisterà più in Ucraina. Lunga vita al Presidente della Russia! Viva le forze armate russe, i difensori della nostra Patria!”.
Aytugan Sharipov: dal teppismo all’accusa di collaborazionismo
Le notizie più drammatiche riguardano Aytugan Sharipov, un attivista ambientale della città di Ufa, dove nel 1989 sono morte oltre 600 persone per l’esplosione, innescata dal passaggio di due treni, di gas liquido disperso nell’ambiente per la fessurazione di un gasdotto, a circa un chilometro dalla Transiberiana.
Sharipov è un noto attivista ambientale e nazionale della Repubblica dei Baschiri o Bashkiria. Il 24 febbraio scorso è stato fermato durante un picchetto contro la guerra e in seguito rilasciato dal dipartimento di polizia. Il quotidiano russo Kommersant riporta che il 2 marzo Sharipov è stato nuovamente arrestato e trattenuto per una notte. La mattina dopo è stato portato in tribunale, dove ha affermato che alcuni ufficiali dell’FSB (Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa) e membri del SOBR (squadra speciale per il controllo dell’ordine pubblico), guidati dall’ufficiale senior Roman Mozgovoy, erano andati a casa sua ancor prima del secondo arresto, per condurre una perquisizione. Sarebbero stati insospettiti da presunti commenti contro la guerra espressi dall’attivista su WhatsApp; secondo le forze di sicurezza, quei commenti insultavano l’esercito russo e indicavano la cooperazione di Sharipov con i servizi segreti ucraini.
Sharipov, dopo la perquisizione, sarebbe stato portato nell’edificio dell’FSB, dove per circa otto ore sarebbe stato interrogato, picchiato e torturato con scosse elettriche attaccandogli elettrodi al mignolo del piede sinistro. Ha riferito che in quel momento era ammanettato e aveva la testa e gli occhi avvolti con nastro adesivo.
“Quando ho iniziato a urlare, mi hanno messo in bocca un pezzo di carta arrotolato e mi hanno detto che era per il mio bene, così non mi sarei morso la lingua. Diverse volte ho perso conoscenza, mi hanno somministrato l’ammoniaca e hanno aumentato la corrente”, ha detto Sharipov. Nel frattempo le forze di sicurezza lo avrebbero insultato come “traditore nazionale” e “banderista”.
In seguito si sarebbero offerti di registrare un video in cui Sharipov avrebbe dovuto scusarsi con l’esercito russo, ma quando ha rifiutato, ne hanno registrato un altro in cui si rifiuta di rispondere alla domanda: “Hai pubblicato dei commenti su un gruppo WhatsApp in merito al contingente militare russo in Ucraina?” Quindi Sharipov sarebbe stato messo su un autobus, dove avrebbero continuato a picchiarlo. Successivamente sarebbe stato ributtato in strada, e poi arrestato dalla polizia. Il video dell’interrogatorio e gli screenshot dei commenti offensivi sull’esercito russo scritti da Sharipov sono stati successivamente pubblicati su canali anonimi di Telegram.
Al processo Sharipov ha mostrato i polsi segnati dalle manette e si è detto pronto a “spogliarsi e mostrare i segni delle percosse”. Inoltre, non riusciva a reggersi sulla gamba sinistra. L’attivista ha affermato di non avere rivendicazioni contro gli agenti di polizia, dal momento che “non lo hanno picchiato e hanno chiamato un’ambulanza alla stazione di polizia, il cui paramedico ha registrato le percosse”. Il padre di Sharipov ha confermato la perquisizione e ha anche detto che suo figlio lo aveva chiamato dalla stazione di polizia e gli aveva raccontato delle torture.
La polizia ha detto di aver fermato Sharipov per il suo aspetto sospetto e il suo linguaggio scurrile. Il tribunale lo ha condannato a dieci giorni di arresto in base all’articolo sul teppismo minore (parte 1, articolo 20.1 del codice dei reati amministrativi della Federazione Russa), motivando la decisione con la “personalità di Sharipov” e il fatto che la violazione “ha invaso l’ordine pubblico e la sicurezza”.