• 3 Luglio 2024 11:26

Muri

DiDaniele Lugli

Nov 22, 2021

Da una parte c’è il mondo libero, dall’altro il socialista. Sono denominazioni almeno esagerate, se non decisamente false. Un muro, costruito quindici anni dopo a Berlino, sembra testimoniare la divisione della città, del Paese, dell’Europa, del mondo. È un muro di 43 chilometri, alto 4 metri. Con ulteriori barriere tra le due Germanie si arriva a 112 chilometri. Viene abbattuto trentadue anni fa. Sono a casa di un amico tedesco. Vediamo le immagini in televisioni, brindiamo con gli occhi lucidi. È la fine dei muri almeno in Europa, pensiamo. Un recente articolo di Avvenire ricorda che la nostra non solo nostra, credo è un’illusione. Il Transnational Institute calcola che solo dall’abbattimento del muro al 2019, in trent’anni cioè, i Paesi europei dell’area Schengen – quella che abolisce le frontiere interne – hanno costruito oltre 1.000 chilometri di solide recinzioni. Presto saranno più del doppio. La sola Lituania cingerà con pali d’acciaio e filo spinato i 508 chilometri di frontiera. In Polonia comincia la costruzione del muro. Lo conferma una ricerca de Centre Delàs di Barcellona. Il muro di Berlino non c’è più, in compenso ce ne sono altri.

Sembra di assistere alla costruzione della muraglia cinese nel racconto di Kafka. “Molte grosse lacune, che soltanto poco a poco, lentamente, vennero colmate, parecchie addirittura soltanto dopo che si era proclamato il completamento della costruzione della muraglia”. Non c’è un modo più razionale di procedere per difendersi dai nomadi? È un dubbio che viene al cinese che racconta la storia. Le frazioni di muraglia “possono anzi sempre di nuovo esser distrutte con facilità dai nomadi, tanto più che costoro, una volta messi in stato di angoscia dalla costruzione della muraglia, a una velocità misteriosa, come cavallette, cambiavano d’insediamento, e per questa ragione forse possedevano una visione d’insieme dell’avanzamento della costruzione migliore di quella che avevamo noi stessi costruttori. Ciò nonostante la costruzione non poteva certo esser condotta altrimenti che come è avvenuto”. Nel racconto il protagonista si interroga sul senso dell’immane costruzione. La prima notizia l’ha avuta bambino. “Delle parole naturalmente non ho alcun esatto ricordo, il senso però dello straordinario della circostanza, da cui anche un bambino veniva soggiogato, mi arrivò così in profondità che oso però restituirne una sorta di testo verbale. Lo faccio forse perché fu per la concezione popolare molto significativo. Mio padre disse dunque all’incirca:”. Non sappiamo che disse. Kafka non ha completato il racconto.

Barriere, controllate da militari, sono tra Grecia e Turchia, oltre a quella nell’isola di Cipro, fin dentro la capitale Nicosia; tra Bulgaria e Turchia; tra Ungheria e Serbia, in estensione alla Croazia, tra Austria e Slovenia; tra Norvegia e Russia, tra le Repubbliche baltiche e la Russia e la Bielorussia; tra le città spagnole di Ceuta e Melilla e il Marocco. Una barriera è stata ipotizzata da Salvini, Ministro dell’interno, tra Italia e Slovenia. Un muro, finanziato dall’Inghilterra, con il consenso della Francia, è stato realizzato a Calais per ostacolare i migranti che cercano di passare attraverso il tunnel sotto la Manica o imbarcandosi clandestinamente. In Irlanda del Nord, a Belfast e Derry, ci sono Peace Lines a separare i cattolici dai protestanti, Sono in metallo, cemento, filo spinato. Hanno cancelli, sorvegliati dalla polizia. Vengono chiusi di notte. Salvo queste barriere e quelle di Cipro tutte le altre sono dirette a fermare i migranti, la loro voglia di vivere.

Suor Giuliana Galli, da tempo impegnata su questi temi, l’ha detto efficacemente in una recente intervista: “L’Europa si è chiusa nel lager temendo i migranti al confine”. Qualche anno fa su Famiglia cristiana ha scritto “Povertà: una grande nube oscura che avvolge la maggior parte della popolazione mondiale. È parola che denota disagio, penuria, bisogno. Più capillarmente analizzata, si identifica con fame, freddo, malattie, esclusione, solitudine, assenza di risorse (tali da mettere in pericolo costante la sopravvivenza di intere popolazioni), carenza di possibilità economiche, sociali e relazionali idonee a vivere dignitosamente. È un mostro che spinge migliaia di persone a sradicarsi dai loro luoghi di origine, a premere oltre confini geografici instabili verso frontiere inesistenti. Il 2017 s’era aperto con dati drammatici. Che ad anno finito non risultano, purtroppo, corretti in maniera significativa. Nel mondo 8 uomini, da soli, posseggono 426 miliardi di dollari, la stessa ricchezza della metà più povera del pianeta”. La risposta dell’Europa, delle sue istituzioni, buone e rare parole a parte, è quella che vediamo.

La guerra ai poveri condotta sulle frontiere è pure un buon affare per chi vi partecipa. Intanto almeno un miliardo di euro si è investito e altri sono in arrivo. Prima di oggi le imprese, il fior fiore delle aziende del comparto Difesa, hanno beneficiato del budget di 1,7 miliardi di euro del Fondo per le frontiere esterne della Commissione europea (2007-2013) e del Fondo per la sicurezza interna – frontiere (2014-2020) di 2,76 miliardi di euro. Per il nuovo bilancio Ue (2021-2027), la Commissione europea ha stanziato 8,02 miliardi di euro al Fondo per la gestione integrata delle frontiere; 11,27 miliardi di euro a Frontex (di cui 2,2 miliardi di euro saranno utilizzati per acquisire e gestire mezzi aerei, marittimi e terrestri) e almeno 1,9 miliardi di euro di spesa totale (2000-2027) per le sue banche dati di identità e Eurosur (il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere). Tra i beneficiari degli investimenti europei non manca la nostra Leonardo. Segnalo solo – l’elenco di Avvenire è ben più lungo – l’European Security Fencing, spagnola, filo spinato per Spagna/Marocco, Ungheria/Serbia, Bulgaria/Turchia, Austria/Slovenia, Regno Unito/ Francia; “Dat-Con”, slovena, barriere in Croazia, a Cipro, in Macedonia, Moldavia, Slovenia e Ucraina; l’olandese Damen, navi utilizzate da Albania, Belgio, Bulgaria, Portogallo, Paesi Bassi, Romania, Svezia e Regno Unito, Libia, Marocco, Tunisia e Turchia.

Il vescovo di Ferrara Giancarlo Perego, presidente della commissione Cei per i migranti, con la consueta sobrietà dice: “Una sconfitta dell’umanesimo su cui si fonda l’Europa, una sconfitta della democrazia. L’Europa dei muri è un’Europa che dimostra di cedere alla paura, un’Europa in difesa da un mondo che cammina”. Senza impegno verso l’eguaglianza, o almeno alla riduzione delle più mostruose differenze, non c’è libertà possibile, per non parlare della fraternità. Da questa tuttavia ripartono, con i cittadini polacchi che accendono luci verdi di accoglienza e speranza per i profughi, medici e infermieri di “Medycy na Granicy” (medici sulla frontiera). Intervengono nella boscaglia sul confine. Trovano ipotermia, disidratazione, disturbi gastrici, malnutrizione, traumi e ferite a piedi, viso e occhi, perché ci si muove al buio, tra i rami. Molte le donne incinte, con ecografie eseguite fra gli alberi, nell’oscurità. Tanti i minori: “Una notte, in un gruppo di 32 persone, abbiamo contato 16 bambini”.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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