Ovvero, tra cinguettii leghisti e autorevoli commenti, parliamo anche dell’”Altra difesa possibile”?
L’estate è il periodo dell’anno nel quale maggiormente i giornalisti tendono a riempire le pagine dei giornali rincorrendo l’ultima battuta del politico di turno, da proporre ai distratti lettori all’ombra dell’ombrellone. La nuova frontiera è passare al setaccio i profili facebook e twitter dei soliti noti per amplificarne l’lluminato pensiero del giorno, spesso accompagnato dalle note di autorevoli commentatori. Per esempio alla fine di luglio Matteo Salvini ha annunciato sui “social” la presentazione da parte della Lega di una “proposta di legge per reintrodurre il servizio civile e militare obbligatorio per i maggiorenni” Le motivazioni? E’ presto detto: “rispetto per il prossimo, spirito di sacrificio, generosità”. Queste parole, scritte su profili che quotidianamente incitano all’odio, all’egoismo sociale, alla caccia all’immigrato, non hanno neanche un valore retorico ma sanno di vero e proprio raggiro dell’intelligenza. Se poi è vero che – come specifica Armando Siri, l’ideatore del disegno di legge, intervistato nel merito da Vita.it – la proposta di legge riguarderà in verità solo il servizio civile che si vorrebbe “obbligatorio”, Salvini non meriterebbe che una battuta sull’obbligo alla civiltà per i leghisti, come servizio alla collettività.
Eppure, da Michele Serra a Nadia Urbinati, su “la Repubblica” la proposta di Matteo Salvini viene considerata una lezione alla sinistra che ha perso di vista sia la democraticità “dell’esercito di popolo”, considerato “democratico e affidabile” (Serra) nella “difesa dell’ordine politico democratico” (Urbinati) , sia la carica rivoluzionaria del servizio civile obbligatorio. Non dirò molto sulla “difesa delle istituzioni” da parte dell’esercito di leva, se non che tutte le dittature del ‘900 hanno avuto al proprio servizio un esercito popolare di obbligati e che certamente in Italia, finché non è stato sospeso, esso non svolto alcun ruolo nella difesa delle Istituzioni, ma – semmai – ne ha costituito in certi casi una minaccia, anche in epoca repubblicana. Naturalmente non ho neanche alcuna simpatia per l’esercito dei combattenti professionisti necessari al ciclo ultra ventennale di guerre italiane in giro per il mondo. Infatti penso che un’altra difesa sia possibile e, per questa, ho contribuito a raccogliere – insieme a sei Reti della società (questa si) civile italiana – le oltre 50.000 firme necessarie alla relativa proposta di legge, consegnate lo scorso maggio al Parlamento nel centenario dell’ingresso del nostro Paese nell’”inutile strage” della grande guerra.
Nella proposta di legge di iniziativa popolare – bistrattato istituto di democrazia diretta della Repubblica, in epoca di democrazia leaderistica – il servizio civile nazionale esce dalla polarizzazione tra “concessione” finché ci sono briciole di risorse disponibili, e “obbligo” perché tutti siano costretti alla solidarietà (magari per sopperire ai tagli al welfare) e viene trattato come “diritto” per tutti i giovani all’interno di un diritto più ampio: quello alla difesa civile della Patria. Nella Costituzione italiana non è prevista, infatti, una sola forma di difesa, quella armata (di popolo o di professionisti), ma i Costituenti, la Corte Costituzionale e la legge 64/2001 istitutiva, appunto, del Servizio Civile Nazionale ne sanciscono almeno altre due: a) la difesa dei diritti fondamentali costitutivi della vera “sicurezza” dei cittadini; b) la difesa della pace, attraverso la capacità di intervento nei conflitti con strumenti differenti dalla guerra, mezzo costituzionalmente ripudiato. Senonché, il servizio civile anziché essere una vera e piena alternativa alla difesa militare, riesce con grande fatica a far partire, ogni anno (e se va bene), solo poche migliaia di giovani. Con risorse di risulta e appoggiandosi a meri strumenti di lotta alla precarietà, come “Garanzia giovani”.
L’incardinamento strutturale del servizio civile nazionale nella proposta di legge per l’ istituzione della difesa civile non armata e nonviolenta – finanziato sia dal drenaggio di risorse dalla difesa militare che dal 6×1000 dei cittadini in sede di dichiarazione dei redditi – fornirebbe finalmente a questo istituto quell’elemento di certezza e di universalità, proclamato anche da Matteo Renzi ad inizio mandato e presto dimenticato, in quanto vero e proprio diritto. Anche per questo le firme raccolte hanno visto centinaia di incontri pubblici in tutto il Paese, l’adesione alla “campagna “Un’altra difesa è possibile” di decine di consigli comunali, di sindaci (da Pisapia a Marino, da De Magistris ad Accorinti) fino all’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna…Ma di tutto questo l’intelligentija nostrana – così attenta ai cinguettii estivi di Matteo Salvini – non sembra essersi accorta
Eppure la potenzialità della difesa civile e i suoi campi di applicazione sono incomparabilmente più ampi e profondi della difesa militare, che si basa esclusivamente sul principio della maggiore capacità distruttiva rispetto al “nemico”, cioè esattamente sulla preparazione di quella guerra che la Costituzione – solennemente – ripudia. Nella preparazione della quale il nostro Paese continua ad investire – anno dopo anno – impressionanti cifre del bilancio dello Stato, che lo rendono la quinta potenza militare europea e tra le prime undici sul pianeta. Ma tra le più fragili sul piano della sicurezza sociale delle persone, sul piano della difesa dei diritti civili dei cittadini, su quello della protezione della democrazia dalle minacce del terrorismo e delle mafie. Oltre che incapace di intervenire efficacemente nei conflitti internazionali, per aiutarne la risoluzione pacifica anziché la degenerazione violenta.
Per riflettere di questo anche sui media mainstream, bisognerà aspettare il prossimo cinguettio di Matteo Salvini?