Non riconosco il mio corpo
che si addormenta stanotte.
Mi giro e poi mi rivolto.
Saranno state le botte.
Non mi hanno proprio picchiata
solo corretta e ripresa.
Sarà che sono sbagliata.
Conservo ancora l’offesa.
Conservo ancora il pensiero
di essere amata lo stesso
e forse non è mai vero
e forse non è permesso
se proprio non si assomiglia
per scelta, sfida o destino
a quel che deve una figlia.
M’infilo nel camerino.
Se recitare potessi
vorrei truccarmi da uomo
cogliere nuovi riflessi
brillare e dire perdono
per questo corpo inadatto
per questo seno ostinato
che mi costringe coatto
ad un sentiero obbligato
chiuso ogni mese dal sangue
che nuovo si ripresenta
contro il pensiero che langue.
L’inghiotto, torna e tormenta.
Davvero, non ho certezze
e non so ancora chi sono.
E ancora non ho carezze
cui domandare perdono.