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Nonviolenza e mafia

DiVincenzo Sanfilippo

Giu 1, 2019

Cari amici, da alcuni recenti contatti con Elena Buccoliero nasce l’idea di questo blog sul tema delle mafie e del contributo che la nonviolenza può dare al superamento dei sistemi e delle culture mafiose. Raccolgo la sfida sperando di essere all’altezza del compito: dare degli input e aprire un dialogo con voi lettori che invito a mia volta a rispondere con informazioni, riflessioni personali o di gruppo.

Mi presento: Svolgo la professione di sociologo nell’ambito di un Dipartimento di Salute Mentale. La mia formazione spirituale e sociale mi hanno portato in gioventù all’obiezione di coscienza e alla nonviolenza. Sono abbonato ad Azione Nonviolenta dal lontano 1975 e non posso che ringraziare questo strumento che ha contribuito alla mia formazione e che, con altri percorsi variegati (scoutismo, studi universitari a Trento, comunità del dissenso cattolico) mi ha portato alla nonviolenza gandhiana e alla Comunità dell’Arca fondata da Lanza del Vasto di cui faccio parte dal ‘95. Con amici palermitani e catanesi abbiamo costituito una Fraternità di cui potete avere notizia visitandone il sito   

Come dicevo all’inizio, mettendo insieme conoscenze sociologiche e metodo e spiritualità nonviolenta ho cercato in passato e in questi ultimi mesi di interrogarmi, da meridionale, sul contributo che la nonviolenza può dare al superamento della violenza, del sistema e della cultura mafiosa.

Quest’attenzione ha preso il via da un mio saggio pubblicato, nel 2003, sulla rivista Quaderni Satyagraha dal titolo Il contributo della nonviolenza al superamento del sistema mafioso.

A seguire fu pubblicato un libro con più contributi: Nonviolenza e Mafia. Idee ed esperienze per il superamento del sistema mafioso, Di Girolamo ed. 2005. Nello stesso anno fu organizzato, con l’importante contributo del Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato, un convegno con presenze siciliane e di altre regioni. Ricordo tra tutte, con particolare affetto, quella di Nanni Salio.

Ci sono dei tempi, a volte molto lunghi, nei quali alcune idee possono acquisire “maturità”. A quel punto esse possono essere accolte come risorsa nei percorsi, anche plurali, che vogliono sostenere l’evoluzione dei sistemi sociali.

Applicare i metodi nonviolenti al contrasto alle mafie ha, in alcuni casi, lasciato un po’ perplessi studiosi e persone impegnate nel sociale.

È vero tuttavia che oggi come quindici anni fa si avverte la necessità di una cornice teorico-pratica che non si esaurisca nel sostegno ai pur necessari sforzi giudiziario-repressivi e negli approcci preventivi centrati sull’educazione alla legalità, spesso un po’ rituali e incapaci di azioni durature che incidano nella quotidianità della nostra vita sociale.

Se, come saggiamente ricordava Giovanni Falcone, “la mafia non è un cancro”, un male cioè facilmente circoscrivibile nel tessuto sociale, ma si fa sistema sociale essa stessa, gli strumenti vanno ricalibrati e ogni attore del sistema, comprese le persone “non mafiose” possono prendere consapevolezza del loro ruolo. Pari attenzione vorremmo porre, nella ripresa di questa riflessione, a percorsi di distanziamento dalla cultura mafiosa da parte di persone molto vicine a organizzazioni mafiose come i ragazzi e le mamme con cui ha lavorato il Presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, Roberto Di Bella, che ho incontrato e intervistato a novembre scorso [maggiori info qui] e con il quale ci confronteremo a Palermo il prossimo 14 Giugno sul Tema “È possibile uscire dei sistemi mafiosi?

Questi temi sono stati presentati recentemente a Palermo in un interessante incontro svoltosi il 16 marzo presso il NoMafia Memorial, spazio concesso dall’amministrazione comunale di Palermo al Centro Impastato che ha volentieri messo a disposizione le sue strutture per favorire questa antica e nuova riflessione.

Provo a schematizzare le questioni sulle quali ci soffermeremo a riflettere.

  • Se nonviolenza è lavoro sulla/sulle coscienze, rendendo palesi e lavorando sui conflitti che le travagliano, in contesti mafiosi, sempre caratterizzati da omertà e silenzio emotivo, ciò significa capire gli strumenti e i metodi che possono aiutare a rendere manifesti i conflitti in gioco siano essi visibili, siano essi invisibili come quelli culturali, psichici e strutturali.

  • Quest’approccio comporta il superamento di paradigmi dualistici evitando di porci dalla parte dei ″buoni-anti-mafia”, affrontando sempre i problemi all’interno di sistemi complessi che comprendano tanti attori, “noi” compresi.

  • La nonviolenza è portatrice di un approccio costruttivo che lega comportamenti e scelte personali alla costruzione di una società più giusta e solidale. Recentemente la Rivista “Quaderni Satyagraha” ha riaperto la riflessione sul “programma costruttivo” di Gandhi. Ci interrogheremo su questo strumento e sulla sua applicabilità nelle nostre società e nel nostro tempo, anche con l’aiuto di studiosi di discipline che hanno mostrato interesse al nostro percorso, come ad esempio gli urbanisti.

  • Partendo da lavoro della magistratura e dal confronto tra giustizia retributiva e giustizia riparativa o rigenerativa potremo approfondire come pratiche e orientamenti giuridici tradizionali possano integrarsi con pratiche innovative, valorizzando il ruolo che possono svolgere le vittime e, sul versante opposto, le persone che, provenendo da culture mafiose, iniziano percorsi di distanziamento. In questo sarà importante il confronto con operatori psicologi che da anni svolgono un lavoro clinico in questi ambiti.

Di Vincenzo Sanfilippo

Svolgo la professione di sociologo nell'ambito di un Dipartimento di Salute Mentale. La mia formazione spirituale e sociale mi hanno portato in gioventù all'obiezione di coscienza e alla nonviolenza. Sono abbonato ad Azione Nonviolenta dal lontano 1975 e non posso che ringraziare questo strumento che ha contribuito alla mia formazione e che, con altri percorsi variegati (scoutismo, studi universitari a Trento, comunità del dissenso cattolico) mi ha portato alla nonviolenza gandhiana e alla Comunità dell'Arca fondata da Lanza del Vasto di cui faccio parte dal ‘95. Con amici palermitani e catanesi abbiamo costituito una Fraternità di cui potete avere notizia visitando il sito http://www.trefinestre.flazio.com/home  

2 commenti su “Nonviolenza e mafia”
  1. Ricordi che nel 1990 facemmo un tour al Sud su Nonviolenza e criminalità organizzata con Jean e Hildegard Goss?
    Un abbraccio Etta

    1. No Etta non mi pare di aver partecipato… vennero anche a Palermo? Jean Goss lo conobbi nel 1981, in un convegno a Palermo su Nonviolenza, educazione e meridione, ma lui non parlo di criminalità organizzata. Hai tracce di quel tour?

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