La manifestazione promossa dal coordinamento di gruppi pacifisti e antimilitaristi A FORAS il 23 novembre davanti alla base militare di Capo Frasca è riuscita a raccogliere diverse centinaia di partecipanti, nonostante fosse in una mattina lavorativa.
Anche alcuni attivisti del Movimento Nonviolento Sardegna hanno partecipato con entusiasmo come sempre, perché sono fra le nostre priorità la smilitarizzazione e il disarmo, a cominciare dalla nostra isola che in quanto a questo aspetto detiene invece tristi primati (quasi il 65% delle basi militari del territorio italiano e la presenza della fabbrica d’armi RWM che confeziona bombe che il Regno saudita scarica sui civili dello Yemen).
Siamo per la chiusura delle basi militari, la bonifica dei territori inquinati, la riconversione delle fabbriche di armi e la restituzione dei territori alle popolazioni, perché vogliamo credere in un futuro di pace e di equivalenza, di equità sociale, di riconciliazione, di solidarietà, di ascolto reciproco e vicinanza con la natura.
Purtroppo la manifestazione è stata caratterizzata da momenti di violenza. Sono state tranciate le reti della base militare, aprendo dei varchi e la polizia è intervenuta coi manganelli sulla soglia di confine. A quel punto, alcuni gruppi di dimostranti hanno iniziato una sassaiola indirizzata contro le forze dell’ordine, che ha colpito anche alcuni manifestanti, per fortuna senza gravi danni. Ne è seguita una carica della polizia con uso di lacrimogeni. Il risultato, a parte alcuni feriti lievi e contusi, sono stati i riscontri sui media: “La battaglia di Capo Frasca” ha intitolato il giorno dopo il più importante quotidiano sardo, riducendo la manifestazione pacifista in termini militareschi.
Come nonviolenti possiamo ammettere il taglio delle reti, purché non arrechi danno fisico a nessuno, ma in un contesto simbolico già deciso, in cui ci si siede o ci si distende, o si concordano altre forme, e si oppone solo una resistenza nonviolenta. Ma le pietre no, non ci piacciono, la nostra coscienza ne viene colpita prima ancora del corpo nostro o d’altri. Abbiamo testimonianza diretta di numerose persone che hanno abbandonato la manifestazione in seguito a questi fatti. Come si può usare la violenza, anche se nelle sue forme più arcaiche, per la pace? Questo episodio non allarga il consenso per il movimento pacifista e se vogliamo davvero liberare la Sardegna dalle basi militari sarà indispensabile un consenso popolare molto forte.
Carlo Bellisai
Coordinatore Movimento Nonviolento Sardegna
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