• 22 Luglio 2024 17:31

Obiezione di coscienza e servizio civile: Internazionale nonviolenta in atto

DiDaniele Lugli

Dic 19, 2022

Un bel convegno, promosse dalla CNESC (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile) in collaborazione con il Movimento Nonviolento si è svolto a Roma per il 50° anniversario della legge 772/72 sull’obiezione di coscienza.

In due giornate di intenso lavoro qui è possibile seguirne lo svolgimento: il 14 e il 15 – si sono affrontati storia e connessioni di obiezione e servizio civile, loro attualità, criticità e potenzialità. Il mio piccolo intervento mira a evidenziare il legame tra l’azione degli obiettori italiani, prima e per l’ottenimento della legge, e il ben più impegnativo compito che pacifisti e obiettori russi si assumono nella guerra in corso. L’intervista di Luca Liverani, di Avvenire, a me e agli obiettori, Yurii Sheliazhenko, ucraino online, e Alexander Belik, russo, seduto accanto a me, è visibile a partire dall’ora 5,05 della registrazione del 14.

Raccomando l’ascolto dell’intervento di Yurii. È il leader del MPU, Movimento pacifista ucraino, che ha in comune col Movimento Nonviolento l’adesione al BEOC (Ufficio europeo per l’obiezione di coscienza). Non ci fa mancare notizie e aggiornamenti. Altri se ne possono trovare agevolmente su questo sito e pure sul suo profilo Facebook, che riesce a mantenere attivo e aggiornato. Non meno interessante è l’intervento di Axander. Ha l’età di mia nipote. Anche per lui, sul profilo Facebook e su queste pagine si possono avere notizie aggiornate. È il coordinatore del Movimento degli Obiettori di coscienza russi. Rifugiato in Estonia, confida nel riconoscimento del diritto d’asilo. Prosegue nella sua opposizione alla guerra con il supporto del Movimento degli obiettori finlandesi (come il Movimento Nonviolento fa parte della WRI e del BEOC), con il quale il Movimento russo collabora già dal 2018.

Su Il Manifesto un intervento di Mao Valpiana riassume perfettamente quello che avrei voluto scrivere ora. Solo una precisazione mi incombe. Non posso considerarmi cofondatore del Movimento Nonviolento con Capitini e Pinna, come Mao, generosamente, scrive. Mi sono trovato alla costituzione nel 1962 e, come sono riuscito, ho continuato nell’impegno. Forse sono tra i pochi sopravvissuti a quel momento. Nell’intervento al convegno ho detto della modesta attività del Gruppo di Azione Nonviolenta, che è servita però a far ripartire un interesse al tema dell’obiezione e al suo riconoscimento. Ho accennato pure all’esperienza di tre Campi internazionali di lavoro, studio, addestramento alla nonviolenza. Sono esperienze brevi, ma molto intense. Nel ricordo di chi vi ha partecipato sembrano essere andate ben oltre la loro effettiva durata. Per Piero Pinna costituivano “l’internazionale nonviolenta in atto”. Ho partecipato a tutti.

1964, campo a Hospental, Canton Uri, in Svizzera, dal 19 luglio al 1° agosto. L’organizzazione è di War Resisters’ International e del Servizio civile internazionale, sezioni svizzere. Il lavoro è di cinque ore. Consiste nel rendere percorribile a carriole e a piccoli carretti un sentiero che unisce una casa isolata al fienile. C’è pure una stalla, ma vuota: le bestie sono ai pascoli alti. Dormiamo nel fienile, attenti a non sfiorare il fieno che vi è ricoverato. Le ore di studio sono tre, in verità le discussioni hanno come limite l’addormentarsi. Siamo nella montagna sopra Hospental. Nessun luogo dove andare finito il lavoro e lo studio giornalieri. Siamo in 29: 10 svizzeri, 5 italiani, 5 inglesi, 3 francesi, 2 tedeschi, 1 belga, l norvegese, 1olandese, l danese. Degli italiani uno è Pinna, gli altri sono due coppie di ferraresi. L’addestramento alla nonviolenza – della quale abbiamo parlato, assieme alla situazione dell’obiezione nei diversi paesi e prodotto pure un piccolo documento – è al termine del campo. Alle 12 del 3 agosto, sul lungolago di Zurigo, tre svizzeri e un inglese dispiegano striscioni con scritte sull’obiezione di coscienza. Invitati a desistere, persistono. Vengono presi e portati via in braccio. Alle 13.40 l’azione si ripete: due svizzeri e un italiano (manco dirlo, Pinna) replicano con gli stessi esiti. Il loro fermo dura qualche ora. Gli altri campisti diffondono volantini. Telefono o scrivo, non ricordo, all’Avanti! che pubblica la notizia.

1965, campo a Signa (Firenze), dal 22 agosto al 4 settembre, sempre con War Resisters’. La formula è la stessa. Il lavoro, cinque ore, è di sbancamento di un rilievo per aumentare la corte e nella pulitura degli ambienti interni. Poi ci sono le 3 ore di studio. Siamo nel Villaggio Scolastico Artigiano per ragazzi orfani, per le vacanze estive. Ospita, nelle sue capaci strutture, 45 partecipanti, con la presenza iniziale anche di due indiani. Siamo 16 italiani, 12 inglesi, 4 svizzeri, 3 danesi, 2 francesi, 2 svedesi, 2 americani, 1 tedesco, 1 olandese, l norvegese, l spagnolo (Francisco Franco all’epoca è ben vivo). Ci mantiene una generosa offerta di cibo da parte dei signesi, che apprezzano l’attività della struttura che ci ospita e accolgono, con curiosità e attenzione, la nostra presenza e le nostre proposte diffuse con volantini e con discussioni alla Casa del popolo. Il campo si conclude con una camminata con i nostri striscioni da Signa a Firenze (17 km). Nella città sostiamo quattro ore con i nostri striscioni e diffondendo volantini. Ai campisti si uniscono fiorentini.

1967, campo a Montoggio (Genova) dal 5 agosto al 2 settembre. L’iniziativa si appoggia alla Comunità del Molo di Genova, un gruppo che svolge una variegata attività educativo- assistenziale, Il lavoro è ridotto a quattro ore giornaliere. Si tratta di contribuire a sistemare la sede stradale, che unisce il centro alla frazione di Casà, soggetta a smottamenti in caso di forti precipitazioni. Alloggiamo in tende. Ci prepariamo i pranzi. Le ore di studio restano tre. Le discussioni non hanno limite. Il resto del tempo è impegnato in incursioni nel centro del paese: proteste contro la guerra nel Vietnam e distribuzioni di volantini che dicono del senso della nostra presenza. I rapporti con la caserma dei carabinieri all’inizio un po’ tesi divengono buoni. Siamo in 20: 10 italiani, 3 francesi (compresa una coppia di australiani residenti in Francia), 2 svizzeri, 2 belgi, 1 jugoslava, 1 inglese, 1 tedesco, più una quindicina di presenze temporanee. Per impegni di lavoro mi perdo il prologo e l’epilogo del campo. In principio è il tentativo, non riuscito, di recarsi sulla Liming in porto. È una nave cinese isolata perché esibisce scritte ritenute offensive al nostro sistema politico. Il campo si conclude con una manifestazione vietata a Genova. È sabato e Pietro Pinna è arrestato e liberato il lunedì successivo.

Ripensandoli ora vedo in quelle modeste esperienze l’embrione di un collegamento forte tra obiezione di coscienza e servizio civile, da radicare nelle comunità e da collegare in una rete internazionale, della quale è così sentito il bisogno da parte degli obiettori alla guerra in corso. Piero Pinna chiamava quei campi l’Internazionale nonviolenta in atto. È un’indicazione da non perdere. La sento confermata nell’incontro “inCOSCIENZA” a Bologna nel pomeriggio del 16 dicembre, organizzato sempre dalla CNESC, con i Coordinamenti provinciali della regione. Faccio il “libro vivente” e sono molto consultato, direi con attenzione. Inoltre nella rassegna delle diverse prospettive mi è affidato proprio il tema “Obiettare oggi in Italia e all’estero”. Dell’incontro sottolineo il clima che sarebbe piaciuto a Capitini – familiarità e tensione – e la bellezza dell’incontro con ragazze e ragazzi, più giovani di mia nipote, interessati e disponibili all’impegno. 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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