Da piccolo, la guerra è da poco finita, sento cantare “olio, petrolio, benzina, minerale: per battere la SPAL ci vuol la nazionale”. Quel ritornello lo sento aggressivo. Non ho torto. È il calco, credo, di un canto squadrista: “Olio, petrolio, benzina da bruciare/ e botte ai comunisti/e botte a tutto andare”. Il ritornello, che mi suona sempre più truce, mi torna alla mente leggendo l’articolo che Radio 3 Mondo mi propone.
I miei rapporti con la SPAL sono presto detti. Paolo Mazza ha preso in mano la squadra, che passa di successo in successo. I tifosi non mancano in famiglia e tra gli amici. Mio padre una volta mi porta allo stadio. Avrò 10 anni. Non sono contagiato. Conoscerò tutti giocatori, a 14 anni, lavorando alla campagna abbonamenti. È una delle migliori formazioni. Gioca in serie A. È retrocessa, ma viene ripescata. Non perdo un incontro quell’anno: entro gratis. Non ci vado mai più. Più complessi sono i miei rapporti con la politica e il tema dell’energia da utilizzare.
Anche grazie a Chernobyl sviluppo una certa diffidenza verso la soluzione del nucleare, che in gioventù mi è pure parsa promettente. Nella bella canzone di Calvino e Liberovici, infatti, L’avvoltoio andò all’uranio e l’uranio disse / “No! Avvoltoio vola via, avvoltoio vola via / La mia forza nucleare farà andare sulla luna / Non deflagrerà infuocata distruggendo le città”. E così non può essere questa la strada per liberarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili. Le energie non rinnovabili vanno messe al bando il prima possibile. Il mercato delle emissioni non è, con tutta evidenza, la risposta. Solo l’eliminazione, pur graduale, dei combustibili fossili sostituiti da energia rinnovabile è la risposta sensata e necessaria. Già ora il costo delle rinnovabili è competitivo rispetto a quello delle non rinnovabili. Ed è pure in rapida diminuzione. È solo un primo passo. I problemi non mancano. La produzione di energia solare ed eolica richiede l’uso dii metalli anche rari. È il “minerale” del ritornello. Possono esaurirsi pure loro e intanto la loro estrazione ha costi, per la natura e la biodiversità, rilevanti. Altri, e radicali, passi occorrono poi per evitare il rischio di catastrofe climatica, in questa era che si siamo intestati, nell’Antropocene.
Non dico nulla di nuovo. Una ragazzina svedese l’ha detto meglio ed è sembrata anche riscuotere attenzione. La devastazione dell’ambiente naturale causata dalla nostra dissennata attività è ora evidente a tutti, salvo a chi non vuole vederla. È in pericolo l’abitabilità del pianeta, almeno da parte degli umani. Sembrerebbe questa la prima emergenza con la quel confrontarsi. Non è così però. Oltre 30 anni fa Alex Langer scrive: “Bisogna smetterla di fare nuovi e sempre più impagabili debiti con la natura, e risanare il dissestato ecobilancio. Il vero debito non è quello economico-finanziario dei poveri o del Terzo mondo (anzi, cancellarlo in cambio di sagge decisioni di salvaguardia della natura sarebbe vantaggioso per tutti), ma quello ecologico. E non si può ulteriormente rimandarne il pagamento o continuare a far intestare la fattura ad altri”.
Ma ci sono emergenze più emergenti, urgenze più urgenti. La guerra scatenata da Putin induce i paesi europei a preoccuparsi di come sostituire le importazioni di gas e petrolio dalla Russia. Quasi la metà del gas importato lo scorso anno dall’Unione Europea e un quarto del petrolio sono russi. Non è facile sostituirli a breve. Così i capi dell’Unione e dei paesi europei vanno in giro a cercare nuovi fornitori. È anche una buona occasione per affrancarsi dalla dipendenza di un autocrate sanguinario, promotore di guerre in Europa e non solo. Già la Norvegia fornisce gas e petrolio agli altri paesi europei. Un po’ potrà pure aumentare. I Paesi Bassi sono il maggior produttore di gas in Europa. Con l’anno prossimo dismette però il grande giacimento dal quale attinge. Farlo provoca terremoti. Non pensa quindi ad esportare di più. Gli Stati Uniti promettono di mandarcene liquefatto e di aiutarci a trovare altri fornitori.
Intanto sono avviati contatti promettenti con i paesi produttori. Non sono meno della Russia guerrafondai, autoritari, negatori dei diritti umani. Il tour che Politico propone, ho dato il link all’inizio, è sotto questo profilo istruttivo. Il quadro è così riassunto: “L’Europa sta corteggiando alcuni regimi estremamente loschi per il petrolio e il gas”. Alle sintetiche e non rassicuranti informazioni riportate da Politico sui paesi ai quali gli europei guardano, per sostituire le forniture russe, mi permetto qualche piccola aggiunta tratta dai rapporti di Amnesty.
L’Algeria si sta particolarmente accanendo contro il movimento di protesta denominato Hirak, fino a dichiararlo terroristico senza fondamento alcuno, Un attivista, Hakim Debbazi, è deceduto in carcere, in circostanze non chiare. Era detenuto per averne scritto su Facebook. L’Arabia Saudita con il carismatico principe ereditario Mohammed bin Salman, ovunque ben accolto e corteggiato, è un compendio del rifiuto dei diritti umani tutti. L’Azerbaigian, anche dopo la fine del conflitto armato, non ha cessato di accanirsi contro i cittadini di origine armena. Di quel che succede in Egitto ho appena scritto, sia pure inadeguatamente. L’Iran si segnala per il ricorso alla pena di morte. I numeri che conosciamo dicono che nei primi sei mesi dell’anno sono state uccise almeno 251 persone, compresa una sposa bambina che ha reagito alla brutalità del marito. Particolare l’accanimento nei confronti di una minoranza, i beluci, in vario modo emarginata. È il 5% della popolazione ma rappresenta più di un quarto delle esecuzioni, oltre metà delle quali per reati di droga. Il numero reale delle esecuzioni è certo più alto, data la segretezza sulle condanne a morte e sulle esecuzioni. In Qatar, infine, la speranza di Amnesty è che i mondiali di calcio portino l’attenzione sulle condizioni degli immigrati, prevalentemente da India, Nepal e Bangladesh. Lavorano in condizioni di quasi schiavitù e muoiono ufficialmente, quasi tutti, per cause naturali.
L’Italia non si è qualificata ai Mondiali. “Olio, petrolio, benzina, minerale: stavolta nel Qatàr non va la Nazionale”.