Abbiamo concluso pochi giorni fa e già avremmo il desiderio di ripartire. Sto parlando del progetto “Quaderni SAI – Sono Ancora Io” che il 21 giugno scorso a Ferrara ha celebrato il suo compimento, in uno dei palazzi più belli del centro cittadino, alla presenza di istituzioni, operatori sanitari, amici e familiari. Tra gli altri ricordo con calore la senatrice Paola Boldrini che si è collegata da Roma pur di essere presente, per intervenire su un tema che le sta a cuore.
Il progetto è stato promosso dalla Cooperativa Riabilitare e dal comitato locale dell’associazione Andos con il patrocinio di Fondazione Estense, e ha coinvolto un gruppo di donne operate al seno negli ultimi tre anni.
Si sono definite pattinatrici sul ghiaccio: leggere, piene di grazia, consapevoli di rischiare a ogni volteggio. Insieme, in questa combinazione di cura di sé e dell’altro attraverso lo yoga, l’ascolto profondo e la medicina narrativa, abbiamo vissuto momenti di forte comunione e abbiamo visto in ogni donna brillare una luce diversa. Incoraggiate, le partecipanti hanno acquisito una maggiore consapevolezza di sé e gustato il piacere di esprimersi in un ascolto reciproco privo di giudizio.
In modo del tutto inatteso poi, durante il percorso abbiamo avvertito che la condivisione delle storie personali poteva avere un diverso valore in una dimensione più ampia. Per questo abbiamo dedicato gli ultimi incontri a un laboratorio di scrittura collettiva che potesse distillare, a beneficio degli operatori sanitari, ciò che queste donne hanno vissuto nel percorso di cura, quello che hanno apprezzato e quanto invece potrebbe essere migliorato.
Centrale nel pomeriggio di presentazione è stata la lettura di brani tratti dal quaderno collettivo che raccoglie gli scritti delle partecipanti, emersi nel corso dei nostri incontri con la pratica della scrittura autobiografica. Di seguito alcuni stralci.
Cara dottoressa se penso a lei sento una profonda gratitudine. Nel suo reparto ho trovato formazione e sensibilità, un luogo di relazioni buone, un tessuto di relazioni avvolgenti e accoglienti. Ho tenuto questa coperta calda, piena di fiducia nel freddo della caverna in cui si entra soli, nei risvegli d’angoscia di notte, per reggere la paura che ha negli occhi chi ti sta accanto, e per reggere la mia.
Caro dottore… perché guardi lei e non me mentre spieghi con freddezza come sarà l’intervento? Sono mie le cellule malate, il corpo che forse dovrai tagliare tu, perché non mi guardi negli occhi? Mi dicono tu sia un bravo chirurgo ma a me questo non basta… Se ti chiedo di guardarmi rispondi che spieghi a mia sorella perché io ora sono troppo agitata…e dopo lo sarò meno dottore? Ci sono io vicino al baratro non lei… No, non riesci proprio dottore, non ce la fai come non ce l’hai fatta quando mi hai dato la diagnosi… E se tu non mi guardi, io vado altrove, dove ho trovato ciò che cercavo…
Ho il diritto di essere ascoltata, di chiedere e di capire meglio, di esprimere le mie paure, di dire quello che mi sta succedendo… quello che mi succede dentro, nell’anima…
Ti voglio dire… che sono stanca
Ti voglio dire… che vorrei non mi fosse successo ciò che è successo, la malattia.
Ti voglio dire… che ora sento troppi limiti che vengono dal mio corpo
Ti voglio dire… che è dura adattarsi
Ti voglio dire… che pensavo fosse una opportunità per riscrivere la mia vita mentre ora fatico a trovare una via
Ti voglio dire… che la mia intenzione subito dopo aver superato l’intervento era quella di dare più amore.
Porto con me… momenti di condivisione con altre donne che come me hanno sofferto, che cercano di superare e non pensare ai duri giorni passati.
Porto con me… la consapevolezza che sono una donna diversa apparentemente forte ma che nel suo profondo ha mille fragilità, ha voglia di urlare e con la voglia finalmente di lasciarsi andare.
Porto con me… il risultato positivo ed emozionante di questa esperienza che non pensavo fosse così profonda. Trovare delle persone speciali con cui condividere la brutta esperienza della malattia aiuta a sentirsi meno sole e un po’ meno sfigate. Mi dispiace molto che gli incontri finiscano.
Grazie a voi che ci siete e ci sarete…
Vi auguro parole, sguardi, gesti che scaldano, colpiscono, sorprendono, abbracciano.
Di raccogliere e dare energia buona, di lasciare andare anche solo un po’ dell’inevitabile pesantezza e paura di questo periodo.
Di sorprendervi, ogni tanto, nel sentirvi capaci di leggerezza e di progetti di fiducia e amore… di man-tenermi, tenermi ancora per mano… man-tenerci.