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Per l’universale dignità di lutto. Combattere le armi nucleari come le pandemie

DiPasquale Pugliese

Nov 1, 2020

Un tragico paradosso in cui è immersa l’umanità è la contemporanea ricerca medico-scientifica per produrre farmaci e tecnologie per allontanare più vite umane possibili dalla morte e quella scientifico-militare per produrre armi sofisticate che conducano più vite umane possibili alla morte. Una schizofrenia grave nella quale l’enorme spesa per la seconda è costantemente sottratta agli insufficienti investimenti per la prima. La mancanza di difese di fronte alla pandemia è qui a di/mostrarlo, ma noi continuiamo a rimuoverlo.

Un’ulteriore conferma di questo paradosso è significato da una notizia – pur positiva – giunta in questi drammatici giorni di corsa alle difese planetarie dalla “seconda ondata” di covid-19: nella distrazione dei principali media, lo scorso 24 ottobre il cinquantesimo stato, l’Honduras, ha ratificato il Trattato ONU per la messa al bando delle armi nucleari. Che, a questo punto, nel gennaio 2021 potrà finalmente entrare in vigore bandendole dal Diritto internazionale, come già avvenuto con le armi chimiche. Un risultato storico per l’umanità, raggiunto anche grazie alla Campagna ICAN della società civile internazionale che nel 2017 ha vinto il Premio Nobel per la Pace.

Tuttavia, i governi degli USA e di tutti i Paesi della NATO, della Russia e della Cina, di Israele, India e Pakistan – ossia tutti gli Stati produttori, possessori e ospitanti le armi nucleari – non hanno ancora ratificato il trattato, accomunati dalla corsa, anche nucleare, agli armamenti. Eppure, molti di questi stanno rincorrendo il vaccino e prendendo misure straordinarie per difendere i propri popoli devastati dalla pandemia in corso. Lo stesso governo italiano che – un dpcm dopo l’altro – tenta di sottrarre vite umane al coronavirus, anche con la chiusura delle scuole, non ha sottoscritto il Trattato che tenta di strappare l’umanità intera all’olocausto nucleare. Una folle contraddizione che governa le nostre vite, la cui unica possibile spiegazione razionale – seppur fallace – è data dal negare l’uguaglianza della “dignità di lutto” all’umanità.

E’ un concetto introdotto efficacemente dalla filosofa statunitense Judith Butler nel suo recente La forza della nonviolenza. Un vincolo etico-politico (nottetempo, 2020): “Se – e quando – una data popolazione viene intesa come degna di lutto, viene allo stesso modo riconosciuta come una popolazione vivente la cui morte verrebbe pianta nel momento in cui dovesse andare perduta: ciò significherebbe che quella perdita sarebbe considerata inaccettabile e sbagliata. Un motivo di shock e indignazione”. Ma non per tutte le vite è data questa considerazione, aggiunge la Butler: “La condizione per cui alcune vite sono più degne di lutto di altre sta a indicare che l’uguaglianza è ben lungi da essere raggiunta. E la conseguenza è che il divieto di uccidere” – e l’obbligo di curare, aggiungiamo – “vale solo nei riguardi di quelle vite che sono degne di lutto, e non di quelle che non ne sono considerate degne (ritenute già perse, e quindi mai pienamente viventi)”. Ossia le vite dei “nostri” sono considerate degne di lutto e dunque devono essere preservate e difese, anche dalle epidemie, mentre le vite degli “altri” non ne sono considerate degne e dunque possono essere sacrificate ed eliminate, anche con le armi nucleari.

Ma anche questo principio di dignità di lutto che distingue e definisce come antropologicamente diseguale la specie umana – già a fondamento dell’ideologia razzista, fascista e nazista – perde di valore proprio rispetto alle armi nucleari, non a caso definite armi di distruzione di massa, che – paradosso nel paradosso – ristabiliscono un’uguaglianza, seppur negativa. Le armi nucleari hanno, infatti, la contro-indicazione di rendere target eliminabile tutta la popolazione umana, a cominciare proprio dai cittadini di quei Paesi che ne sono produttori, possessori ed ospitanti. Dai 75 anni che ci separano da Hiroshima e Nagasaki , tutta l’umanità, di fatto, risulta essere privata dalla dignità di lutto. Quindi – nonostante lo sforzo di ogni Paese per curare i propri malati – sacrificabile nel suo insieme. Il trattato per l’abolizione delle armi nucleari potrebbe invece ristabilire l’uguaglianza positiva, il principio dell’universale dignità di lutto. Se solo i Paesi nucleari s’impegnassero a ratificarlo, così come s’impegnano a combattere le pandemie. A cominciare dal nostro.

Di Pasquale Pugliese

Pasquale Pugliese, nato a Tropea, vive e lavora a Reggio Emilia. Di formazione filosofica, si occupa di educazione, formazione e politiche giovanili. Impegnato per il disarmo, militare e culturale, è stato segretario nazionale del Movimento Nonviolento fino al 2019. Cura diversi blog ed è autore di “Introduzione alla filosofia della nonviolenza di Aldo Capitini” e "Disarmare il virus della violenza" (entrambi per le edizioni goWare, ordinabili in libreria oppure acquistabili sulle piattaforme on line).

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