• 3 Luglio 2024 9:44

Piccole luci verdi a Ferrara

DiDaniele Lugli

Dic 13, 2021

10 dicembre alle 17 davanti alla prefettura vestiti di nero, a lutto, con piccole luci verdi, come piccola e tenace è la nostra speranza, con Rete Pace per dire Basta calpestare i diritti umani, no ai respingimenti e alle violenze ai confini dell’Europa. Io sono dotato di una vera lanterna, grazie alla collaborazione familiare.

È stato letto e consegnato in Prefettura un breve testo, che illustra l’iniziativa, inviato alle amministrazioni locali, all’università, alle scuole. Sono stati letti gli articoli della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, che non valgono per i migranti. A loro vengono significativamente ridotti tutti, a partire dalla negazione di quelli previsti all’articolo 13 “Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese” e al 14 “Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite”. Libertà ed eguaglianza non sono nei loro paesi d’origine, nel viaggio, e non li attendono all’arrivo. Di fraternità se ne vede poca.

L’arcivescovo Gian Carlo Perego non ci ha fatto mancare un messaggio di partecipazione. “Una luce verde per lasciar camminare e tutelare i diritti. Il 10 dicembre è la giornata dei diritti umani. È bello che anche Ferrara diventi teatro di un’iniziativa per ricordare i Diritti fermati alle frontiere di alcuni Paesi europei. Sono i Diritti di persone in fuga perché la loro casa è stata distrutta dalle guerre e dai disastri naturali, da torture e violenze: persone che hanno perso tutto. Sono i Diritti di 83 milioni di persone. Per loro il semaforo è sempre rosso. Nessuno può passare, cercare la libertà, la sicurezza, la pace, che sono Diritti per ogni persona, ogni famiglia: uomini e donne, giovani e adulti, anche tanti bambini. Per loro non c’è un posto. Alla frontiera della nostra ‘casa comune’, l’Europa, si soffre, si muore di fame e di freddo: si muore anche di delusione e di disperazione. Il Mediterraneo, la nostra frontiera con il continente africano, è un cimitero senza lapidi, come ha ricordato Papa Francesco nel suo viaggio a Cipro e in Grecia. Alle frontiere dell’Europa si sono alzati 10 muri e si sono chiuse le porte ai Diritti, alla Democrazia. Oggi vogliamo celebrare questa Giornata dei Diritti umani davanti a un luogo istituzionale, la Prefettura, per invitare le istituzioni ad accendere la luce verde al semaforo delle frontiere, così che cessi la sofferenza, la morte, e siano tutelati i Diritti di chi è in cerca di asilo, di protezione, di sicurezza. Siamo chiamati tutti ad aderire a questa Rete della pace che vuole allargare la tutela dei Diritti umani e costruire una nuova responsabilità che aiuti l’Europa a riscoprire la solidarietà”.

Vengono pure lette le proposte della campagna Io accolgo che ha promosso l’iniziativa. Sono articolate in 10 punti. In primo luogo occorre prevedere ingresso legale per chi cerca lavoro, cooperando, come Unione Europea, con i paesi di provenienza. Vanno osservati gli obblighi internazionali di ricerca e soccorso, con un programma europeo anziché criminalizzare le ONG, che suppliscono a un dovere delle istituzioni. Non si respingono gli stranieri alle frontiere, garantendo l’accesso al diritto di asilo, in un sistema europeo di accoglienza, con la chiusura di campi e hot spot. Si riforma il sistema d’asilo, non pesando principalmente sul paese di primo approdo, con un esame accurato delle domande e il diritto al ricorso in caso di esito negativo. Ai titolari di protezione internazionale si garantisce la libertà di soggiorno all’interno dell’Unione Europea.

Son buone, sensate proposte, ma l’Europa fa il contrario. Anche il mese scorso, il presidente del Consiglio Draghi ha richiamato al rispetto del principio di solidarietà, previsto dal Trattato sul funzionamento della Unione europea, mentre l’Italia è sola a gestire la difficile situazione dovuta ai continui sbarchi di migranti. C’è il Capo 2, Politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione. All’art. 80 prevede: “Le politiche dell’Unione di cui al presente capo e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell’Unione adottati in virtù del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell’applicazione di tale principio”. Così non è stato, così non è. Nessuna delle misure prese per rendere effettiva la solidarietà ha funzionato. Un bell’articolo de “Il Mulino” ricostruisce la vicenda.

Il Consiglio del 2015 prevede il ricollocamento di 160 mila richiedenti asilo entro il 2017. Nel periodo 2015-2017 solo 21.999 richiedenti sono stati ricollocati dalla Grecia e altri 12.713 dall’Italia. Nello stesso periodo, 109.760 domande d’asilo sono registrate in Grecia e 251.810 in Italia. Solo il 12% dei richiedenti asilo è stato ricollocato dalla Grecia e il 9% dall’Italia. Si prova un approccio flessibile, con negoziazioni, caso per caso, mentre i migranti attendono di sbarcare. La Dichiarazione di Malta del 2019 lo indica come un buon modo di attuare solidarietà, condivisione e responsabilità. Nel 2019 viene ricollocato il 14% degli arrivati via mare. Nel settembre 2020 la Commissione propone un nuovo Patto europeo su migrazioni e asilo, tenendo conto di “legittimi interessi” con equilibrio tra “responsabilità e solidarietà”. Si prevede un aiuto ai paesi di “frontiera” e la prevenzione dei “movimenti secondari”, quelli che i migranti vorrebbero compiere per giungere alla destinazione desiderata. Così il sistema di accoglienza dei Paesi UE si fa concentrazionario, per contenere la mobilità dei richiedenti asilo, trattenuti nei luoghi di sbarco, riportati con la forza nei Paesi di primo ingresso o di ricollocamento. Un sistema d’asilo basato sulla coercizione è inumano, inefficace, spinge alla criminalizzazione. Prima ancora non evita comportamenti criminali dei Paesi di frontiera per impedire gli arrivi. È molto che non vincono una guerra. Non lo sarà neppure questa, condotta contro poveri, disperati, disarmati, ammalati, donne incinte e bambini.

Che il comportamento del nostro paese e dell’Europa costituisca una vergogna e rappresenti un naufragio della civiltà lo dice Papa Francesco con parole chiare, che non sto a ripetere. Nel profondo cambiamento delle nostre società, di rilievo indubbio è il ruolo dei migranti. Si è detto dell’inadeguatezza delle pratiche e delle proposte a livello europeo, della loro inefficacia e disumanità. Queste vengono tradotte e peggiorate dagli Stati. Si alimenta così diffidenza e paura nei confronti dell’immigrazione, e dunque consenso a misure meramente repressive. Inutilmente Francesco ripete: “la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo”. Richiede risposte rispettose del diritto e dei diritti da parte delle istituzioni. Diversamente la gestione è affidata alla criminalità organizzata, nel viaggio e nello sfruttamento. Per un accenno a quello che, ad ogni livello si potrebbe, dovrebbe fare segnalo uno Speciale de “Il Mulino” su Società migranti.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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