Ai frammenti di bottiglie di birra ho visto aggiungersi quelli di coppe eleganti. Ci fanno aperitivo (si dice così) e poi le infrangono. “Bastardi” dice il bagnino, raccogliendo i cocci.
Nel complesso però il vetro sembra diminuire. Cresce la plastica abbandonata o spiaggiata. Il mio amico infatti ora, passeggiando, raccoglie la platica fine. Incontro persone – non tante ma ci sono – che pure lo fanno.
Del vetro, anche in spiaggia, avevo accennato in un post di due anni fa Almeno i cocci sono tuoi 26 giugno 2017. Alla plastica non avevo pensato. Eppure è molto più insidiosa. Il vetro – dopo l’incontro con qualche calcagno – si smussa e col tempo potrà persino farsi sabbia. La plastica no. Quella che sbarca numerosa ci ricorda le isole che forma nell’oceano e anche nei nostri mari, mentre inquina e fa morire i pesci e le tartarughe, che la TV ci invita ad adottare. “Non lo mette in una busta?” chiede la signora al pescivendolo. “No, ce l’ha già dentro”.
Una prima sensibilizzazione mi è venuta da due giovani signore che trainavano pesantissimi carichi di plastica, raccolta su una spiaggia proclamata riserva integrale, nella quale muoversi con la massima attenzione. È stato in una fredda giornata del mese scorso. Ho dato il cambio per un breve tratto e sono stato documentato, anche con mia moglie, attiva pure lei, e una delle due volontarie.
Raccogliere va bene, ma bisognerebbe non buttarla la plastica nel mare, che stiamo uccidendo. Noi siamo nelle condizioni di rendercene conto più degli altri, perché l’Italia ha più coste di tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Siamo pure nelle condizioni di dare un grande contributo. Siamo infatti il maggior produttore di oggetti in plastica e, se non il primo, il secondo produttore di tali rifiuti, secondo il WWF.