Non abbiamo conosciuto Giulio ma conosciamo le sue curiosità, il suo desiderio ed il suo impegno per far conoscere le condizioni di vita di milioni di persone, uomini e donne, che sopravvivono allo sfruttamento ed alle privazioni delle più elementari libertà e diritti che nella nostra società si danno per scontati, ma che scontati non lo sono affatto. Quella ricerca e quell’impegno li ritroviamo in tanti giovani che giustamente e fortunatamente vogliono andare oltre i propri confini, oltre le sicurezze e le protezioni che li circondano. Giovani che credono e che si affidano all’altro, che scommettono sull’umanità, che si fanno voler bene dovunque essi vadano, rompendo diffidenze, barriere culturali e linguistiche. Loro sono il futuro, loro sono nel giusto.
Giulio come i ragazzi e le ragazze delle periferie del Cairo, di Alessandria, di Tunisi, di Damasco, di Aleppo, di Gaza e di Gerusalemme, ha pagato con la propria vita per voler conoscere e per stare al fianco di sindacati e di associazioni che lottano in modo nonviolento per il riconoscimento dei diritti fondamentali di chi lavora senza un contratto, senza alcun diritto, senza la possibilità di difendersi e di protestare, per la dignità della persona umana e per potersi esprimere ed organizzare liberamente. Principi e valori che sono alla base della nostra costituzione, della carta delle Nazioni Unite e delle radici dell’Europa, che sempre più trovano riscontro solo nelle tragedie per essere poi dimenticati nella quotidianità e dalle scelte della politica.
Ma è la stessa scelta di Giulio, di ricerca e di impegno, che ci indica di non fermarci al dolore ed al ricordo, mentre altri giovani ed attivisti egiziani sono scomparsi, detenuti e torturati, e mentre la macchina repressiva e violenta prosegue la sua azione distruttrice. Occorre che sia fatta piena luce su quanto accaduto e che i responsabili siano puniti. Ma occorre che la comunità internazionale chieda conto alle istituzioni egiziane del rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali ratificate dall’Egitto e che non è più accettabile che si continui a promuovere accordi, cooperazione ed investimenti con governi che non consentono di esercitare ai propri cittadini, senza distinzione di appartenenza politica, religiosa ed etnica, i diritti e le libertà fondamentali, violando e calpestando ogni sorta di principio elementare ed universale di protezione della persona umana.
L’Italia, l’Unione Europea, hanno il dovere di condannare la violenza di quei governi che anziché proteggere i cittadini, al di là delle loro posizioni politiche o religiose, si fanno complici di torture, persecuzioni ed omicidi. E’, questa, una responsabilità che le nostre istituzioni debbono assumere fino in fondo, senza più giustificare accordi ed alleanze per interessi economici o strategici. Nessun giacimento di fossili da sfruttare, nessuna ragion di stato può giustificare posizioni accomodanti e di copertura di regimi dittatoriali perché più strategico della vita delle persone e del rispetto dei diritti umani non vi è nulla.
Roma, 8 febbraio 2016