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Rinnovato il Fondo nazionale per i care leaver

DiElena Buccoliero

Dic 30, 2020

La buona notizia arriva dalla manovra di bilancio, che il 19 dicembre scorso ha rinnovato il Fondo nazionale per i care leaver prevedendo 5 milioni di Euro all’anno per 3 anni.

Di chi stiamo parlando? Dei tremila ragazzi e ragazze che ogni anno in Italia, raggiunta la maggiore età, concludono formalmente i percorsi di tutela in comunità o in affido familiare e devono fare da soli. Un’autonomia che nessun diciottenne medio, con una famiglia media alle spalle, è tenuto ad avere.

Già da diversi anni intorno a Federico Zullo, presidente, e con l’impegno di tanti altri giovani è nata Agevolando, che promuove percorsi di sostegno per chi esce dalla tutela. È un’associazione molto attiva a livello sociale; fa ricerca, contribuisce a costruire una cultura di attenzione ai bambini e agli adolescenti, rappresenta i care leaver a più livelli nel confronto con la politica. Tra gli obiettivi raggiunti, non da sola, c’è sicuramente il Fondo per i care leaver istituito sperimentalmente nel 2018-20 e ora rinnovato per un ulteriore triennio.

L’emendamento in Commissione Bilancio alla Camera ha avuto come prime firmatarie le deputate Emanuela Rossini (Componente Minoranze Linguistiche, Misto) e Gilda Sportiello (Movimento 5 Stelle). “Il Fondo prevede 5 milioni annui per il prossimo triennio con linee guida per le Regioni che ne faranno domanda. È la risposta a un appello salito da tutta Italia e portato in Parlamento lo scorso gennaio dai care leaver dell’associazione Agevolando che chiedevano di non essere lasciati soli”ha affermato l’on. Rossini. “Con questa misura si potrà proseguire la sperimentazione di interventi e percorsi di accompagnamento, avviati in questi tre anni in varie regioni e coordinati dall’Istituto degli Innocenti e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per aiutare questi ragazzi e ragazze negli anni dai 18 ai 21 a completare gli studi, ricevere supporto psicologico, trovare alloggio e in generale costruirsi un progetto di vita autonoma”.

Per quanto si apprende i fondi non saranno distribuiti a pioggia. Saranno le Regioni a richiederli, e in quel contesto saranno selezionati ragazzi e ragazze che rientreranno nella sperimentazione. È comunque un primo passo per mettere al centro le necessità dei neomaggiorenni in uscita dalla tutela, tra i quali si trovano sia ragazzi o ragazze messi in protezione perché vittima di maltrattamenti familiari di diverso tipo, sia giovani stranieri arrivati in Italia da soli quando erano ancora minorenni e ora costretti a confrontarsi precocemente con una quotidianità difficile. La misura si unisce al fatto che i tribunali per i minorenni, con i procedimenti amministrativi (quelli per gli adolescenti “a rischio”), possono protrarre la presa in carico del giovane fino ai 21 anni, purché l’interessato lo richieda e solo fino a quando mantiene il consenso.

Il cosiddetto Fondo Care Leaver e i relativi strumenti di attuazione non si pongono come misure alternative ad altre, o sganciate dal contesto, e possono integrarsi con altri dispositivi quali il reddito di Cittadinanza, Garanzia Giovani e i fondi per il Diritto allo studio. Prevedono la costituzione, oltre che di equipe multidisciplinari, anche di tavoli tecnici che localmente mettono a sistema l’impegno di tutti: servizi sociali, socio-sanitari, per il lavoro, istruzione e formazione, referenti di associazioni di categoria e cooperative (imprenditoria locale) e altri attori considerati strategici a livello territoriale. Aiutano cioè a dare concretezza a quella rete che sempre si invoca negli interventi complessi, e consente di mirare l’obiettivo in modo più appropriato, senza doppioni o perdite di tempo. La medesima prospettiva viene prevista a livello regionale e nazionale, in un sistema complesso nel quale i ragazzi sono centrali. Lo sono nella stesura dei progetti che li riguardano, ma anche nella loro valutazione e nella possibilità di orientare in modo appropriato questo tipo di interventi.

Mentre scrivo queste righe penso a Mamadou, un ragazzo di cui ho notizie dirette. È arrivato in Italia e nella mia città qualche anno fa, da solo dopo un lungo viaggio; è stato aiutato dai servizi e dai volontari, e da pochi giorni è responsabile di un team nell’autolavaggio che lo ha assunto stabilmente, consentendogli così di affittare un alloggio e di sentirsi finalmente artefice della propria vita, cittadino a tutti gli effetti. È una buona notizia per noi autoctoni, dovremmo capirlo.

Mi risuona una frase di Capitini sull’apertura all’esistenza, alla libertà e allo sviluppo del vivente. Tanti auguri, Mamadou.

(vigna di Mauro Biani)

 

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

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