Con questa preoccupazione il Tavolo SaltaMuri, sostenuto anche dal Movimento Nonviolento, ha organizzato a Roma il 12 novembre una tavola rotonda dal titolo “Sentirsi di casa. Un diritto non ancora riconosciuto a 900.000 ragazze e ragazzi che abitano le nostre scuole”. Esprime la scelta di fare “del riconoscimento della cittadinanza ai circa 900000 ragazzi/e che studiano e vivono in Italia (e che i recenti provvedimenti hanno ulteriormente penalizzato) il punto di forza delle iniziative nei prossimi mesi”, come scrive il portavoce del Tavolo, Giancarlo Cavinato, perché i bambini del mondo sono figli di tutti.
Alla tavola rotonda sono intervenuti, tra gli altri, lo stesso Cavinato e poi il maestro e scrittore Franco Lorenzoni, Paula Vivanco di “Italiani senza cittadinanza”, Filippo Miraglia per la rete “Io Accolgo” e Valentina Calderone di “A buon diritto”.
Al trentennale della Convenzione Onu è dedicato il numero di Azione nonviolenta in corso di pubblicazione, con uno sguardo sulla sua attuazione, un’intervista a Franco Lorenzoni e altro ancora. Ci auguriamo possa dare un contributo per riflessioni personali e iniziative pubbliche.
Di seguito il testo del Tavolo Saltamuri che invitava a “Sentirsi di casa”.
Se vogliamo festeggiare degnamente i 30 anni della Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dobbiamo chiederci, da insegnanti, genitori e adulti, quali obblighi verso i più giovani siano ancora disattesi.
Per prima cosa il diritto a sentirsi di casa, a essere tutti ugualmente cittadini nel luogo in cui si studia il mondo e si impara insieme a stare al mondo.
Ma per essere cittadini a pieno titolo a scuola bisogna esserlo anche fuori, nella società, e i novecentomila giovani e giovanissimi italiani senza cittadinanza ci ricordano quanto questa assenza di diritti costituisca un’erosione costante di tranquillità e fiducia nel futuro, necessaria a crescere serenamente.
Gli ostacoli che incontrano i figli di immigrati nei viaggi all’estero o nello sport, il non potere ritornare in Italia da altri paesi, il dover dipendere dalle incertezze sul rinnovo della carta di soggiorno dei genitori, aggravate dal peggioramento della legge sull’immigrazione e dai due decreti sulla cosiddetta sicurezza, affliggono la vita dei più piccoli, immergendola in una costante incertezza.
La scuola ha come primo compito il dare dignità alla presenza di tutti gli studenti che la abitano. Essere ascoltati e credere in se stessi è la base della fiducia reciproca che crea comunità e apre all’apprendimento della lingua e di ogni altro sapere.
Ma questa piccola cittadinanza, alla cui costruzione paziente in tante e tanti ci dedichiamo da anni non basta, perché nella nostra società stanno crescendo e si continuano a diffondere i veleni dell’intolleranza e della discriminazione.
Noi docenti, che abbiamo davanti ai nostri occhi tutti i giorni gli oltre novecentomila ragazzi senza cittadinanza, pensiamo che insegnare educazione civica a chi non è cittadino a pieno titolo fin da oggi, rappresenti una contraddizione a cui ci ribelliamo.
Il tavolo Saltamuri, che riunisce 133 gruppi e associazioni attive in campo educativo, ha redatto un vademecum rivolto a tutte le scuole ed Enti Locali, che ricorda il quadro normativo e le leggi fondamentali che aiutano a combattere l’insorgere di vecchie e nuove pratiche di emarginazione e discriminazione.
Proponiamo a tutte e tutti gli insegnanti e a quante più scuole possibili di organizzare una settimana di iniziative aperte, anche in collaborazione con enti e associazioni, che inauguri una larga campagna contro ogni discriminazione nella scuola e nell’accesso a servizi educativi essenziali come mense e trasporti.
Dobbiamo impegnarci in una capillare opera di cura e bonifica sociale e mentale, costruendo e alimentando un immaginario collettivo che sappia riconoscere nella compresenza di culture ed etnie diverse, una grande potenzialità di crescita culturale, sociale ed umana, superando diffidenze e paure.
I diritti, o sono universali, o si chiamano privilegi.
Dimostriamo che le scuole sono in grado di costruire comunità inclusive capaci di aprire a un futuro in cui pari diritti siano realmente garantiti a tutti.