Alla fine mi pare di comprendere che i candidati presidenziali sono scelti all’interno dei partiti di appartenenza, attraverso elezioni primarie. Le stesse conseguono a una laboriosa selezione. Poi i cittadini votano – per posta, di persona – per i grandi elettori. In questo passaggio decisivo il metodo applicato è il maggioritario. I grandi elettori decidono il Presidente. Se pure a grandi linee ne ho capito di più delle regole del cricket, che mi erano parse indispensabili per decifrare film e romanzi inglesi. Nella Costituzione del 1767 è pure fissato il loro momento clou: il primo mercoledì di novembre, ogni 4 anni. È una scadenza che nessuno può modificare. Sta in Costituzione a garanzia dell’esercizio della sovranità popolare nella scelta di un Presidente di straordinari poteri, che scade automaticamente se non l’uccidono prima. Le elezioni non sono mai state rinviate, né per guerra, né per la grande depressione. Lincoln venne rieletto nel 1864 mentre era in corso la guerra civile.
Anche il nostro Presidente viene eletto dai grandi elettori – deputati e senatori e rappresentanti delle Regioni –, ma la nostra è una repubblica parlamentare. Una particolare attenzione va quindi alle elezioni politiche. Non sono le sole: ci sono quelle regionali (differenti tra loro), le comunali, non più le provinciali, le europee…
Il mio amore – non corrisposto – per la politica è cominciato a 12 anni, elezioni del 1953. Era in ballo la legge truffa. Il 31 marzo del ’53 si era modificata infatti la legge in vigore dal ’46 stabilendosi l’assegnazione del 65% dei seggi alla coalizione che avesse superato la metà dei voti validi. Visto l’esito delle elezioni del giugno ’53, la legge venne abrogata già nel ’54. Ero contro la legge truffa e lo sono rimasto contro tutte le truffaldine riproposizioni andate a buon segno. Avevo anche scelto la mia formazione politica, Unità popolare. Non prese neppure un seggio e sparì prima che fossi in età di votarla.
Non sto a ripetere la sequenza delle leggi elettorali – maggioritarie, uninominali, proporzionali, con lista – dall’unità d’Italia alla legge Acerbo del 1924 che, con uno straordinario premio, consolidò il potere fascista. Solo ricordo che al momento della proclamazione del Regno d’Italia il diritto di voto per la Camera – il Senato restava di nomina regia – era riservato al 2% della popolazione, naturalmente maschi, di almeno 25 anni, alfabeti e di buon censo.
Nel 1882, con abbassamento dell’età a 21 anni e dei requisiti di censo, i possibili elettori rappresentano il 7% della popolazione. Il rapporto diviene del 23% con estensione del diritto di voto a tutti gli uomini sopra i 30 anni e, tra i 21 e i 30, a quelli in possesso della licenza elementare. Nel 1918 tutti gli uomini sopra i 21 anni votano e anche sopra i 18, se han fatto la guerra! Bisogna arrivare al 1946 per il voto alle donne.
La legge elettorale restò in vigore dal 1946 al 1994. Con un referendum abrogativo del 1993 – nella promozione, con i radicali, si distinse il prof. Mariotto Segni, figlio di un Presidente della Repubblica – si abbandonò il sistema proporzionale per uno maggioritario. Ci fu una legge elettorale nel 1994 ribattezzata Mattarellum dal nome del proponente – ora Presidente della Repubblica – dallo studioso Sartori. Un sistema misto: per tre quarti maggioritario e per un quarto proporzionale. Doveva dare stabilità al sistema politico, diminuire il numero dei partiti e tante altre belle cose. I risultati sono evidenti. Non ci sono mai stati così tanti partiti in Parlamento, per dirne una. Già nel 2005 c’è stata un’altra legge che il proponente ha definito “una porcata”, ingentilita in Porcellum da Sartori. Così quando la Corte costituzionale, detta anche Consulta, ha sforbiciato il Porcellum nel 2014, le norme risultanti sono state chiamate Consultellum.
Ordine ha provato a portare Renzi nel 2015 con una legge, seriamente, indicata come Italicum. Renzi non Renzo: Che vuol ch’io faccia del suo latinorum? Anch’essa ha incontrato le forbici della Consulta nel 2017. Ne è derivato il Legalicum (o Consultellum bis). Infine è in vigore, dal 2018, il Rosatellum – sempre dal nome del proponente – , sarebbe il bis. Il primo è nato morto.
Nel frattempo ci sono state varie proposte simpaticamente denominate: Democratellum (dei 5 stelle, perché non Toninellum? stante il principale sostenitore) Verdinellum e Speranzellum (dai nomi dei proponenti), Grechellum (dal paese ispirante, a me ricorda un ottimo vino), Provincellum (ricalcato su quello per le Province). L’insegnamento del latino è sparito dalle medie dal 1978, ma un po’ d’amore è rimasto: Amant italici latinum quamvis macaronicum.
Adesso ci vuole una nuova legge elettorale, visto che maggioranza parlamentare e popolare hanno pensato di tagliare deputati e senatori. Una buona legge elettorale non sarà risolutiva, ma sarà meglio di una cattiva, come tutte quelle che abbiamo avuto finora, dal referendum del 1993 in poi. Si tratta di dare attuazione all’art. 48 della Costituzione. Il voto è personale, uguale, libero e segreto, il suo esercizio è un dovere civico.
L’insofferenza verso i doveri è crescente, figurarsi verso questo che è “civico” e neppure prevede sanzioni in caso di violazione. Una lunga, profonda azione diseducativa volta a produrre clienti dell’azienda Italia, dei quali ottenere il consenso attraverso pubblicità mirate ed efficaci, ha raggiunto l’obiettivo. Difficile chiamarci cittadini. Quando votiamo ci danno però ragione: il cliente ha sempre ragione. In ogni caso bisogna dargliela, come ai matti. Allora che il voto personale, libero, segreto sia almeno uguale e tale resti una volta espresso, non soggetto a premi o penalizzazioni. Ecco perché il sistema proporzionale è l’unico conforme a Costituzione.
Certo, prima dell’art. 48 ce ne sono altri disattesi pesantemente e che condizionano l’esercizio del voto. Basti ricordare il secondo comma del’art.3. “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. O pensare all’articolo che segue immediatamente il 49, “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, e a cosa i partiti sono diventati.
Cambiare questo genere di cose non sta ai legislatori, anche se è giusto scegliere i meno peggio, ma ai cittadini. Ce ne sono. Una minoranza certo, ma ce ne sono. Come diceva Capitini, ci sarebbe tanto da fare!