Jean – Marie Muller, filosofo e scrittore, fondatore del MAN (Mouvement pour une Alternative Non violente), è direttore dell’Istituto di Ricerca sulla Risoluzione Nonviolenta dei Conflitti (IRNC) di Parigi.
E’ autore di numerose opere sulla nonviolenza, alcune delle quali sono state tradotte e pubblicate in italiano.
Domenica di Pasqua, 20 aprile 2014
SUPPLICA A PAPA FRANCESCO
Rinunciare unilateralmente all’armamento nucleare
(traduzione di Daniele Bettenzoli)
“A un mondo di violenza e d’ingiustizia, al mondo della bomba atomica, ormai non si saprebbe opporre più nulla che non sia la rivolta delle coscienze, del più grande numero possibile di coscienze.”
Georges Bernanos , 18 marzo 1946
Caro Francesco,
devo confessare che ho molto esitato a scrivervi questa lettera. Per molto tempo ho subìto la tentazione di tacere, pensando che la mia parola sarebbe stata giudicata a volte pretenziosa e inopportuna. Se oggi mi decido a indirizzarmi a voi è per obbligo di coscienza.
Ormai da anni essa m’ha condotto a elaborare il convincimento che la posta in gioco della dissuasione nucleare, fondata sulla premeditazione d’un crimine contro l’umanità, concerne il senso stesso della civilizzazione. Se prendo il rischio di scrivervi, è essenzialmente per esprimervi questa convinzione d’un vecchio amico della non-violenza, che alle volte arriva a disperarsi.
Il 19 marzo 2013, nell’omelia della vostra Messa d’intronizzazione voi siete tornato per sei volte sull’esigenza di “rispettare il creato”. Ora, la grande Minaccia che pesa sulla creazione non è forse quella dell’armamento nucleare? Per questa Minaccia tutto il creato già si trova profanato. Soprattutto voi avete domandato “a tutti quelli che hanno ruoli di responsabilità” e “a tutti gli uomini di buona volontà” di “non permettere che segnali di distruzione e di morte accompagnino il cammino del nostro mondo”. Ora la premeditazione d’assassinio nucleare, alla quale la maggioranza silenziosa dei cittadini degli Stati nuclearizzati dà il proprio assenso, non è forse il principale segnale di distruzione e di morte che accompagna la marcia del nostro mondo? E ciò fino al punto di minacciare l’esistenza stessa dell’umanità?
L’arma nucleare è senza contestazione una delle manifestazioni più serie del “male”, che assilla, tormenta e affligge l’umanità. La posta in gioco dell’arma nucleare non è anzitutto militare: essa è morale, politica e ancora prima spirituale. Concerne l’esistenza. Non si tratta di sapere dapprima con quali mezzi dobbiamo difendere la nostra società, ma di sapere quale società noi vogliamo difendere. Si tratta di sapere quali valori danno senso alla nostra vita e all’avventura umana per la cui difesa conviene prendere dei rischi. La minaccia dell’arma nucleare, che per se stessa implica il consenso all’assassinio di milioni d’innocenti, è un rinnegare tutti i valori umani, sui quali si fonda la civiltà. Con la premeditazione dell’assassinio nucleare noi abbiamo già negato gli stessi valori, che pretendiamo difendere. Come potremmo consentire il crimine nucleare senza per ciò stesso negare la dignità dell’uomo?
Il carattere criminale dell’impiego dell’arma nucleare è stato chiaramente denunciato con la risoluzione dell’ONU del 24 novembre 1961. L’Assemblea Generale ha dichiarato: “Ogni Stato che usi le armi nucleari o termonucleari deve essere considerato soggetto che viola la Carta delle Nazioni Unite e che agendo nel disprezzo delle leggi dell’Umanità commette un crimine contro di essa e la civiltà”. La condanna è senza appello. Di fronte a un crimine nucleare, l’Umanità è intimata a scuotersi dalla sua incoscienza e a resistere alla sua stessa barbarie. Da allora abbiamo accettato la sfida di difendere l’Umanità e la civiltà contro il crimine nucleare?
Certo la dissuasione non significa uso dell’arma nucleare, ma c’è l’uso della minaccia e ciò comporta direttamente la minaccia dell’uso. Dal momento che l’uso dell’arma nucleare sarebbe un crimine contro l’Umanità, anche la minaccia dell’uso è altrettanto criminale. E il possesso dell’arma nucleare, di cui la sola giustificazione è la minaccia del suo uso, non è già esso stesso un crimine?
Al di là dell’intrinseca immoralità dell’azione nucleare è altrettanto essenziale sottolineare la sua sostanziale non fattibilità. In nessun momento, in nessuna crisi internazionale la minaccia dell’uso dell’arma nucleare potrebbe essere credibile, perché il suo uso provocherebbe la peggiore catastrofe umana del tutto ingestibile. Di fronte alla premeditazione del crimine nucleare, base della dissuasione, gli imperativi dell’etica della responsabilità raggiungono con molta precisione coloro che hanno una convinzione etica, fino a dover affermare che un’azione nucleare è impensabile. Ed è questo ciò che è decisivo: non si può pensare a un’azione nucleare. E questo è definitivo!
Insomma, l’arma nucleare è un idolo: coloro che le rendono un culto sono degli idolatri ed è sempre difficile frantumare gli idoli. La fede degli uomini nell’arma nucleare come simbolo di potenza è uno dei più formidabili sortilegi di fronte al quale l’Umanità si sia piegata. Significa alienazione della coscienza, perversione dell’intelligenza, asservimento della ragione, perdita della libertà,: una vera stregoneria.
Con il consenso all’assassinio nucleare l’uomo nega e rinnega la trascendenza del suo essere spirituale. Con questo consenso egli “perde la sua anima”, come si diceva poco fa. Rifiutando il culto idolatrico dell’arma nucleare l’uomo ridiventa padrone del suo stesso destino e per lui è allora possibile riscoprire il suo lato trascendente.
Nel vostro messaggio per la celebrazione della giornata mondiale della pace del primo gennaio 2014, voi fate questa esortazione: “Rinunciate alla strada delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono, la riconciliazione, allo scopo di ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza attorno a voi!”. Poi aggiungete: “Tuttavia fin quando vi sarà in circolazione una grande quantità di armi, come al giorno d’oggi, si potranno sempre trovare nuovi pretesti per iniziare delle ostilità. Per questi motivi faccio mio l’appello dei miei predecessori in favore della non proliferazione delle armi e del disarmo da parte di tutti, cominciando dal disarmo nucleare e chimico”. Ma si può davvero sperare che di fronte ai pericoli della proliferazione nucleare sia ascoltato da tutti il vostro appello per il disarmo?
E’ vero che i vostri predecessori hanno perorato un disarmo nucleare mondiale multilaterale, cioè “da parte di tutti”, definendo così la “dottrina ufficiale” della Chiesa su questa questione. Nella sua enciclica Pacem in terris Giovanni XXIII sottolinea il pericolo della proliferazione delle armi atomiche: “Se una comunità politica è equipaggiata con armi atomiche, questo fatto implica che gli altri si riforniranno di mezzi simili, di pari potenza distruttiva” (§110).
Egli poco dopo afferma: “La giustizia, la saggezza, il senso d’umanità reclamano che si fermi la corsa alle armi, reclamano la riduzione parallela e simultanea degli armamenti esistenti nei diversi Paesi, l’interdizione delle armi atomiche e infine il disarmo doverosamente effettuato di comune accordo e accompagnato da controlli efficaci” (§112). Il testo di Giovanni XXIII è restato lettera morta.
Il 16 settembre 2013, Mons. Domenico Mamberti, Segretario in Vaticano per le relazioni con gli Stati, è intervenuto alla 57° Conferenza Generale dell’Agenzia dell’Energia Atomica (IAEA): ha citato a lungo Pacem in terris, ricordando che l’enciclica esige che le armi nucleari siano interdette (nuclear weapons must be banned). Mons. Mamberti riattualizza le affermazioni di Pacem in terris domandando “ai responsabili delle Nazioni di stabilire un termine alla produzione delle armi nucleari”. Egli insiste affermando che è necessario “rilanciare il processo di disarmo nucleare, compreso un reale progresso nello smantellamento delle armi nucleari”. Ma i responsabili delle Nazioni non sembrano affatto pronti ad ascoltarlo.
Il 26 settembre 2013, davanti all’Agenzia delle Nazioni Unite Mons. Mamberti ancora denuncia “la dottrina militare della dissuasione nucleare, sostenuta dagli Stati dotati di armi nucleari” e si rivolge a questi Stati perché “spezzino le catene della dipendenza dalla dissuasione”. Queste sono parole forti, ma ancora una volta saranno ascoltate?
E’ da decenni che gli Stati nuclearizzati si sono impegnati, sottoscrivendo Trattati di Non-Proliferazione, a negoziare in buona fede un disarmo nucleare completo (art. VI del TNP), ma non se ne è fatto nulla e sono determinati a non fare nulla.. E allora come potrebbero interdire ai Paesi privi di armamenti nucleari di possederli, dal momento che essi s’inorgogliscono d’averli?
Nella Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo moderno (Gaudium et Spes) il Concilio Vaticano II dichiara: “Perché la riduzione delle armi cominci a diventare una realtà, essa non deve certo essere unilaterale, ma grazie a un accordo avere cadenze uguali ed essere associata a vere ed efficaci garanzie” (§82). Tale affermazione è inaccettabile: la Chiesa non solo non indica la porta del disarmo unilaterale, ma si prende cura di chiuderla a doppia mandata…
Nel suo messaggio di 1 gennaio 2006, per la celebrazione della giornata mondiale della pace, Benedetto XVI patrocina un disarmo nucleare: “Che dire dei Governi che contano sulle armi nucleari per garantire la sicurezza dei loro Paesi? Con innumerevoli persone di buona volontà si può affermare che questa prospettiva, a parte il fatto che è funesta, è anche del tutto fallace”. Queste due parole di Benedetto XVI sono molto significative: funesta evoca idee di morte e di sofferenza, mentre fallace evoca idee di inganno e illusione. Questi aggettivi, ai quali mai un Vescovo di Roma aveva prima fatto ricorso delegittimano radicalmente la dissuasione nucleare.
Tuttavia il Vescovo di Roma si attiene alla dottrina ufficiale della Chiesa e propone il principio della multilateralità: “La verità della pace domanda che tutti – sia i Governi, che in modo dichiarato o occulto da tempo possiedono armi nucleari, sia coloro che intendono procurarsele – cambino da capo, congiuntamente, attraverso scelte chiare e ferme e si orientino verso un disarmo nucleare progressivo e concertato”. E’ giocoforza constatare che per ora questo ideale è fuori portata. A questo punto al fine di rendere un giorno possibile l’eliminazione di ogni arma nucleare, tocca alle Chiese locali domandare a ciascun Governo di cambiare, da ora in poi, e di rinunciare unilateralmente alle armi nucleari. Se è vero che la dissuasione nucleare ha una prospettiva funesta e del tutto fallace, allora la verità della pace domanda a ciascun Stato di rinunciare alla dissuasione nucleare senza attendere il giorno improbabile in cui tutti gli Stati decideranno di rinunciarvi di comune accordo. Appartiene dunque alle Chiese locali interpellare i cittadini e i dirigenti politici, facendo valere le caratteristiche funeste e fallaci, e dunque inaccettabili, della dissuasione nucleare. E’ assolutamente importante spezzare la gogna della casistica che ha intralciato fino ad oggi il pensiero della Chiesa a proposito di disarmo nucleare, progettando solo quello multilaterale. L’esigenza evangelica del disarmo non si negozia.
Quando i portavoce delle Chiese locali di Paesi dotati d’armi nucleari si esprimono su questa materia, essi intendono attenersi alla dottrina ufficiale della Chiesa, che preconizza un disarmo multilaterale mondiale, progressivo e simultaneo. E’ una posizione comoda. E’ l’esempio d’una posizione tiepida, che rifiuta di assumere una presa di decisione. E’ una posizione di svicolamento, una scappatoia. Perché permette di simulare di non dire “no” al disarmo unilaterale, mentre nello stesso tempo evita di dire “sì”. Non è una posizione sostenibile.
Visto questo, le Chiese locali non hanno certo l’obbligo d’applicare la dottrina ufficiale del Vaticano e per prendere posizione di fronte a quelle situazioni, che devono affrontare nella loro società. Dipende da loro prendersi le proprie responsabilità in tutta libertà, lasciando prevalere una propria autonomia. Voi esprimete perfettamente questa prospettiva nella vostra esortazione Evangelii gaudium: “Io non credo che si debba attendere dal magistero del Papa una parola definitiva o completa su tutti i problemi che riguardano la Chiesa e il mondo. Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si presentano sul loro territorio. In questo senso io sento la necessità di procedere verso una decentralizzazione salutare” (§16). Ecco che così l’Episcopato francese è certamente quello meglio piazzato per prendere un’iniziativa di disarmo nucleare unilaterale della Francia.. Così facendo si porta un contributo salutare a un rinnovo della dottrina ufficiale della Chiesa..
Questa dottrina ufficiale, dopo essersi ripetuta per anni, ha dato prova d’essere perfettamente sterile e non operativa. E’ venuto il momento di rimetterla in questione dalle fondamenta. Questo cambiamento della dottrina è oggi un imperativo categorico. Fino a quando la Chiesa si limiterà a domandare un disarmo nucleare multilaterale, essa resterà paralizzata quanto a un’azione di pace nel mondo. Certo, chi non sarebbe favorevole a un disarmo mondiale? Resta che per ora questa soluzione è del tutto astratta e nulla fa pensare che possa diventare realtà in un futuro prevedibile.
C’è una logica implacabile secondo cui la retorica che si limita a domandare l’eliminazione mondiale delle armi nucleari accetta e autorizza e garantisce le armi nucleari nazionali. La retorica del disarmo multilaterale progressivo e controllato è esattamente quella che è portata avanti da ogni Stato dotato d’armi nucleari, per mantenere e modernizzare il proprio arsenale. Il processo di disarmo nucleare generale, progressivo, simultaneo e controllato, presentato come via ragionevole per garantire la pace è totalmente fallito nel corso degli ultimi decenni. Le riduzioni quantitative che hanno potuto essere realizzate sono state largamente compensate dal perfezionamento qualitativo.
Il disarmo nucleare non sarà possibile fino a quando i cittadini degli Stati nuclearizzati non si saranno mobilitati nelle istituzioni e organizzazioni della società civile per imporlo al proprio Governo. In questo quadro, che è quello del laicato, le religioni devono far sentire la loro voce per denunciare l’inaccettabilità dell’armamento nucleare. Su questioni, che si rifanno a un’etica universale, le religioni possono avere ancora un ruolo decisivo nel dibattito democratico. Nel frattempo non c’è bisogno di credere al Cielo per essere convinti che la preparazione dell’assassinio nucleare è un oltraggio alla ragione.
Allineandosi alla retorica multilaterale la Chiesa non fa che garantire l’attuale disordine nucleare, che minaccia la sopravvivenza dell’umanità con una doppia proliferazione verticale e orizzontale. Intanto la Chiesa non dovrebbe prendere in considerazione l’impossibilità d’un disarmo mondiale raccomandando vivamente un disarmo multi-unilaterale?
L’atteggiamento del cittadino di fronte all’arma nucleare ne impegna interamente la responsabilità etica nei confronti di un altro uomo. Dando il proprio assenso alla dissuasione nucleare, i cittadini sono responsabili delle minacce che essa oggi e domani rivolge a tutta l’umanità. Essi sono personalmente e collettivamente responsabili. Per volere il disarmo essi non possono certo attendere che a loro volta anche gli altri lo vogliano, che tutti gli altri lo vogliano per un disarmo fatto tutti assieme. Soprattutto per il disarmo nucleare il principio della multilateralità è un principio fallace. Soltanto il principio della unilateralità può permettere d’avere presa sulla realtà. La stessa essenza d’un obbligo morale è d’essere unilaterale! Nulla di grande è mai stato realizzato nel mondo che non sia stato deciso a livello unilaterale.
Nell’esortazione Evangelii gaudium voi affermate: “La Chiesa proclama il Vangelo dellapace (Ef.6,15) ed è aperta alla collaborazione con tutte le autorità nazionali e internazionali per prendersi cura di questo bene universale così grande (…) Nel dialogo con lo Stato e la Società la Chiesa non ha la soluzione per ogni questione particolare, ma accompagna le proposte delle diverse forze sociali, che possono meglio corrispondere alla dignità della persona umana e del bene comune. Così facendo essa propone sempre con chiarezza i valori fondamentali della vita umana, per trasmettere le convinzioni che in seguito possono tradursi in azioni politiche”(§239 e 241). Come non convenire che la minaccia d’assassinio nucleare, su cui si basa e si struttura la dissuasione, è radicalmente contraria a questo Vangelo di pace, che tempo fa fu proclamato sulle colline della Palestina? Come non convenire che questa minaccia tradisce i valori fondamentali della vita umana?.
L’essenza stessa dell’esigenza evangelica è d’essere unilaterale! La pace del Vangelo non si negozia, semplicemente perché non si negozia il Vangelo. Bisogna attendere un impegno da parte di tutti perché gli uomini si decidano a tentare di prendere il rischio del Vangelo? Voler attendere che tutti siano pronti a viverlo in maniera concertata e di comune accordo non è forse negare e rinnegare l’esigenza evangelica? Che senso può avere la speranza evangelica se viene annunciata all’ombra della minaccia criminale dell’arma nucleare? In queste tenebre come annunciare la Gioia del Vangelo?
Trovare una giustificazione all’armamento nucleare è una colpa contro lo Spirito. Il crimine nucleare è veramente l’abominazione della desolazione nel senso biblico di questa espressione, riguardante la profanazione d’un luogo sacro. Il crimine nucleare è la profanazione delle case, che gli uomini hanno costruito sulla terra per mangiarvi il pane d’ogni giorno, condividere le gioie, placare le sofferenze e proteggere le loro speranze. Come potrebbero uomini responsabili dare il proprio consenso a questo sacrilegio?
I Vescovi non sono forse gli eredi degli antichi Profeti? Non appartiene a loro l’audacia di Isaia, scandalizzato nel vedere il Paese di Giuda e Gerusalemme riempiti d’innumerevoli carri e cavalli, riempiti di falsi dei, e che annunciava il giorno in cui numerosi popoli avrebbero spezzato spade per farne aratri e lance per farne falci”?(Isaia,2). Potrebbero oggi i Vescovi non scandalizzarsi nel vedere in numerosi Paesi missili colmi di falsi dei e non annunciare il giorno in cui numerosi popoli trasformeranno i magazzini nucleari in investimenti sociali a favore dei più bisognosi? In conclusione l’arma nucleare non è un’arma di legittima difesa, ma un’arma criminale di terrore, distruzione e annientamento. Non vi è alternativa alla sua soppressione. Come non pensare che chi si richiama al Vangelo ha lo stretto obbligo d’affermare in modo unilaterale che la dissuasione nucleare, basata su un crimine premeditato contro l’Umanità, non è né moralmente, né politicamente, né strategicamente, né economicamente accettabile? L’essenza d’esigenza di pace del Vangelo è d’essere unilaterale. In un mondo senza speranza sarebbe possibile sperare di spezzare l’idolo nucleare e allora ritrovare il cammino della fraternità, al di là delle aspirazioni criminali degli Stati nuclearizzati.
Con fiducia oso proporre queste riflessioni alla vostra benevola attenzione.
Vi prego di credere nei miei sentimenti rispettosi e cordiali.
Jean – Marie Muller
Filosofo e Scrittore