Dio non ama la violenza, nessuna violenza. La sua parola per tutti è: “Non uccidere”. Tutti siamo sue creatore e figli, ugualmente amati e protetti da lui.
L’odio deve essere spento con l’amore e la verità, senza opporgli nuovo odio, che è dare ragione ai violenti col farsi loro imitatori.
Questi delitti oggi offrono ai cristiani una opportunità provvidenziale: le voci cristiane più spirituali e autorevoli, dei vescovi, dei patriarchi, del papa, dei rappresentanti di tutte le chiese, dei monaci e dei laici consapevoli, rinnovino pubblicamente e sinceramente la confessione e la penitenza, davanti a Dio, per le “crociate”. Esse furono guerre “cristianoidi”, guerre ingiuste, mascherate con l’abuso del nome di Dio (“Dio lo vuole” gridavano Pietro l’Eremita e il papa Urbano II), perciò furono tradimento della comune umanità, della nonviolenza di Gesù, del suo amore per tutti, amore coraggioso fino a morire condannato alla croce, ma vincitore della morte.
Oggi i terroristi che falsificano l’Islam commettono lo stesso peccato dei cristiani che allora falsificarono il Vangelo, quando gli interessi feudali e militari intrupparono anche povera gente, anche bambini, andarono a fare massacri di ebrei e di “infedeli” musulmani, e ad imporre conquiste feudali in Siria, Libano, Palestina, col pretesto di riprendere in mano cristiana il Santo Sepolcro.
Anche le conquiste successive, come il colonialismo e lo sfruttamento economico, mosse da ideologie nazionaliste, razziste, capitaliste, vollero pretendere una giustificazione nella “civiltà cristiana”, con ulteriore offesa sia al Vangelo, sia alle altre religioni e civiltà.
Non per paura, non per odio e disprezzo, ma per pura verità, oggi i cristiani rinnovino questa confessione, chiedano perdono a Dio, pregandolo che guarisca il cuore violento dei terroristi “islamoidi”.
La fede armata e offensiva è un peccato davanti a Dio: è bestemmia attribuire al Clemente e Misericordioso dell’odio verso alcuni esseri umani.
I cristiani sinceri vogliono amicizia e fraternità, convivenza civile, nella giustizia e nella pace, nella stima reciproca delle tradizioni culturali e spirituali, con tutti i musulmani sinceri.
Noi ricordiamo che san Francesco di Assisi, nel 1219, a Damietta in Egitto, durante la crociata, passò nel campo musulmano, per far visita al sultano Melek-el Kamil, fu accolto con rispetto e amicizia, e restò forse due settimane in colloquio col sultano, trattando da amico quel “nemico” . Non si sa tutto, ci sono leggende su quei giorni, ma è certo che l’incontro fu buono, e che Francesco lasciò memoria e testimonianza di un “Vangelo senza spada”.
Oggi è data ai cristiani l’opportunità ed è rivolto loro l’appello a dare ai fratelli musulmani la stessa testimonianza di san Francesco.
Enrico Peyretti, 18 marzo 2015.